di Piotr Zygulski
Fonte: Appello al Popolo
La contrapposizione tra cosiddetti “sovranisti” ed “europeisti” è assolutamente insensata, secondo il politologo Carlo Galli, intervenuto a Bologna il 13 maggio 2019 per presentare il suo libro Sovranità (Il Mulino). Il quale si rivolge soprattutto a chi intende contrapporsi a forze sciovinistiche liquidando sommariamente il concetto di sovranità e soprattutto senza proporre una visione alternativa. Non si può dire che l’Europa (senza sovranità?) sia il bene e la sovranità sarebbe una cosa cattiva. Sarebbe banale, semplicistico e finanche deleterio.
Galli allora torna a questa categoria politologica invitando a trattare con maggiore serietà il tema: “Non si può parlare di politica senza sovranità”. Al massimo ci possono essere “moltitudini” indefinite, teorizzate Toni Negri, curiosamente in sintonia con alcune visioni individualistiche liberali, che il professore bolognese non condivide affatto. “La questione è un’altra: chi deve avere sovranità in Europa?” Il concetto di sovranità, per Carlo Galli, è di tipo esistenziale; può ovviamente raggiungere anche gli estremi, dal non interventismo alla guerra, che pure appartiene alla sua esistenza. Non è quindi un concetto puro, assoluto, se non a livello teorico sui libri e nello stato di eccezione: è sempre in qualche modo condizionata.
La sovranità coincide con il potere costituente, che è alla base del potere costituito. Proietta un’idea di unità – la Legge rappresenta unitariamente attraverso la “volontà della Nazione” ciò che di per sé non sarebbe unitario – dovuta al fatto che è una parte che diventa il tutto sovrano. Quindi sovranità significa “essere titolari delle decisioni che hanno a che fare con la propria esistenza”; occorre avere i medesimi interessi strategici di difesa. Inoltre nasce sempre da un atto violento: un conflitto armato, una secessione, una guerra civile; “la politica non è la dimensione del volemose bene”, appunta Galli.
Il caso europeo sarebbe invece differente: nella storia non è mai accaduto che uno Stato acquisisse sovranità mediante una decisione architettata dall’alto. Per questo l’Unione Europea – “insieme non sovrano di stati sovrani” – vive una situazione intermedia in cui solamente la sovranità monetaria sarebbe messa in comune. Si pensi alla politica di difesa o estera, per la quale ogni Stato europeo continua a prendere decisioni differenti; le crisi in Libia, Siria e Ucraina lo dimostrerebbero. La Francia non intende rinunciare al proprio esercito; la corte costituzionale tedesca accetta i provvedimenti europei solo nell’ottica della sussidiarietà: ciò che proprio non può fare da sola la Germania, può essere affidato all’UE.
Per il resto, ulteriori limitazioni di sovranità sono escluse, perché per i tedeschi la sovranità nazionale resta sacra, pur essendo uscita dal nazismo, appunta Galli. Analogamente l’Italia, nella sua Costituzione repubblicana, afferma che “la sovranità appartiene al popolo”, nonostante alcune eccezioni consentano di cedere sovranità solamente “in condizioni di parità con gli altri Stati” se necessario ad assicurare “la pace e la giustizia fra le nazioni”. Erano pensate per l’ONU, non per la costruzione europea. Inoltre sembra evidente che le stesse élite nazionali non vogliano andare verso una vera sovranità europea.
Eppure all’Unione Europea siamo arrivati da un lato costruendo una “fortezza” per concorrere nel mercato globale, dall’altro estendendo il modello ordoliberale tedesco a tutte le nazioni europee. Potrebbe diventare un caso da manuale in cui quella che Galli definisce “élite neo-illuministica” – attraverso l’ideologia del “vincolo esterno” che ci ha aggregato prima al Serpentone Monetario Europeo e poi all’Euro – fallisce miseramente, senza una vera sovranità. Anche a seguito delle misure di austerity, infatti, tutto questo progetto pensato a tavolino è entrato in crisi. Adesso sarebbe doveroso risalire alle sue profonde cause, che non possono essere aggirate con saccenza, accusando di analfabetismo funzionale chi avanza obiezioni alla costruzione europea. Anche perché tale situazione di stallo è ciò che favorisce quei sentimenti più euroscettici.
Per dire qualcosa in modo molto più propositivo e per fare politica sul serio, occorre un forte investimento di energie sulla sovranità. Sia che la si voglia sul piano delle istituzioni europee, sia per tornare a quella nazionale; per entrambe sarebbero presenti difficoltà non trascurabili. “Ci sarà un motivo nella crisi del neoliberalismo, oppure tutto ciò è destino?”, si domanda infine Galli.