Ne avevamo già parlato a fine giugno. Le legge che avrebbe, con ogni probabilità, imbavagliato anche noi, non è passata. Almeno per il momento…(n.d.r.)
STRASBURGO – Il Parlamento europeo blocca la riforma del copyright. L’Eurocamera, riunita in plenaria a Strasburgo, ha respinto l’avvio dei negoziati con il Consiglio (318 no, 278 sì e 31 astenuti) su una proposta di direttiva che aveva spaccato a metà l’Assemblea. Ora la discussione della proposta è rimandata alla prossima plenaria, a settembre, ma probabile che il testo sul digital single market sia destinato a incagliarsi su ulteriori emendamenti da qui alla fine della legislatura. Anche perché il tempo stringe: a maggio 2019 si torna alle urne per le Elezioni europee e l’assemblea che si prefigura sarà «abbastanza diversa».
Le incognite di settembre
Almeno per usare l’eufemismo di un portavoce dell’Eurocamera. L’argomento non è mai stato dei più agevoli, ma la situazione si è fatta incandescente dopo l’approvazione, lo scorso 20 giugno, degli emendamenti della Commissione giuridica. A scatenare le polemiche sono state le modifiche agli articoli 11 e 13, vale a dire l’obbligo di riconoscimento economico dei contenuti diffusi dalle piattaforme (articolo 11) el’installazione di un «filtro» per impedire il caricamento online di materiale protetto da copyright (articolo 13). In realtà, la direttiva riguarda più il rapporto fra piattaforme online (come YouTube o Google) ed editori che gli utenti finali. L’intenzione del testo è di disciplinare il riconoscimento economico del diritto d’autore nell’era del Web, sostituendo un impianto normativo fermo al 2001.
I due articoli della discordia
Ma cosa dicono nel dettaglio gli articoli che hanno provocato lo scontro? L’articolo 11 è diventato noto come «link tax», anche se non si parla di tassare i collegamenti ipertestuali: la norma prevede che gli editori abbiano il diritto di «ottenere una giusta e proporzionata remunerazione per l’uso digitale delle loro pubblicazioni dai provider di informazioni (le piattaforme già citate sopra, ndr)».
Tradotto nella pratica, la pubblicazione dei cosiddetti snippet (i ritagli di articolo che copia-incollano titolo e prime righe di un articolo, rimandando poi al link) deve essere vincolata a una licenza, per gratificare economicamente i proprietari dei diritti. L’articolo 13 impone invece di «siglare contratti di licenza con i proprietari dei diritti, a meno che questi non abbiano intenzione di garantire una licenza o non sia possibile stipularne».In assenza di un’intesa scatta il famoso upload filter, il filtro sui contenuti che riconosce e blocca quelli tutelati da copyright. «Le piattaforme – si legge nel testo – devono intraprendere, in cooperazione con i detentori dei diritti, misure appropriate e proporzionate che portino alla non disponibilità di lavori o altri argomenti che infrangano il diritto d’autore o diritti correlati, mentre quelli che non infrangono queste regole possono rimanere disponibili».
COPYRIGHT / La vicenda Wikipedia
Cosa succede ora
«Politicamente, la direttiva è morta», hanno commentato in molti, a Strasburgo, dopo il voto di oggi. Di fatto, è facile pensare che sia così. Ora la proposta sarà ridiscussa alla prossima plenaria, ma l’iter che si annuncia è tutt’altro che agevole: il testo dovrà subire nuovi emendamenti e tentare di avviarsi all’approvazione entro la fine della legislatura, cercando magari di «scavallare» alla prossima assemblea. Ma dovrebbe raggiungere il tutto nell’arco di pochi mesi, in un Parlamento a fine mandato e con l’attività di lobby di aziende e attivisti sempre all’erta.
Un voto trasversale
A parte i Popolari, compatti a favore della riforma, il voto ha spaccato a metà fra sì e no Socialdemocratici, Alde e altre formazioni. La lista dei nostri eurodeputati copre l’intero arco parlamentare, da Isabella Adinolfi (Cinque stelle) a Mario Borghezio e Mara Bizzotto (Lega) a Elly Schlein e Flavio Zanonato (Possibile, Liberi&Uguali). Come si ipotizzava già alla vigilia, la questione è sfuggita alle logiche (e al controllo) della direzione delle forze politiche, consegnando una mappa dell’emiciclo che si fa fatica a inquadrare per tendenza ideologica o nazionalità. Di sicuro si è sentito il peso del pressing esterno, esercitato da colossi digitali come Google e altre realtà. “Si è messa di mezzo pure Wikipedia, che non c’entrava nulla” sbottano in molti all’uscita della plenaria.
«Sia chiaro, nessuno è contrario alla protezione degli artisti. È solo che la direttiva va migliorata», dice Adinolfi, sposando una linea interpretativa che va per la maggiore fra chi ha votato contro: la proposta va discussa ancora, non affossata. Tempi e procedure permettendo, visto che i lavori dovrebbero comprimersi nei pochi mesi precedenti al voto di maggio. «Vediamo. È triste che gli eurodeputati debbano scegliere in questo clima» dice Lodovico Benvenuti, direttore dell’ufficio europeo della Ifpi (International Federation of the Phonographic Industry, l’organizzazione che rappresenta gli interessi dei produttori discografici).
Festeggiano Lega e M5S
Esultano M5S e Lega, i due partiti che più si erano schierati contro la direttiva. «Oggi è un giorno importante, il segno tangibile che finalmente qualcosa sta cambiando anche a livello di Parlamento europeo», sottolinea Luigi Di Maio. «La seduta plenaria di Strasburgo ha rigettato il mandato sul copyright al relatore Axel Voss smontando l’impianto della direttiva bavaglio. La proposta della Commissione europea ritorna dunque al mittente rimanendo lettera morta, il segnale è chiaro: nessuno si deve permettere di silenziare la rete». Sulla stessa linea il commento di Matteo Salvini: «Bavaglio alla rete e a Facebook respinto ora a Strasburgo anche grazie al no della Lega: non ci fermeranno».
Gli editori: vergognosa interferenza dei giganti del web
Il risultato dell’intesa attività di lobby svolta dai giganti della rete e da quanti prosperano rubando agli editori preziosi contenuti nonché una «vergognosa» interferenza con il processo legislativo democratico realizzata attraverso argomenti esagerati e falsi: questo il duro commento espresso in una nota da Carlo Perrone, presidente dell’associazione degli editori europei (Enpa) al voto con cui l’Europarlamento ha rinviato l’esame della riforma del copyright Ue.
I socialisti: ricevute minacce di morte
Negli ultimi giorni numerosi deputati al Pe hanno ricevuto gravi minacce, «persino di morte» sulla proposta di riforma sul copyright. Lo denuncia il gruppo dei Socialisti e Democratici (S&D), all’Europarlamento. «La riforma del copyright è un argomento molto dibattuto – ha detto il leader del Gruppo Udo Bullmann – e crea forti tensioni. Il dibattito appassionato è parte essenziale del processo politico, ma dobbiamo garantire che non si passi il limite. È inaccettabile che numerosi parlamentari Ue siano sono stati oggetto di gravi minacce».
Fonte: http://mobile.ilsole24ore.com/solemobile/main/art/mondo/2018-07-05/copyright-parlamento-europeo-rimanda-settembre-direttiva-121700.shtml?uuid=AENe2UHF&refresh_ce=1