La colonizzazione economica subita e il recupero della sovranità monetaria

Intervista molto interessante al ministro dell’Economia indicato da Salvini. Forse è per quello che dice, anche qui, che l’establishment lo vede come il fumo negli occhi? 
di Paolo Savona
La colonizzazione economica subita e il recupero della sovranità monetaria
Fonte: L’Antidiplomatico
“L’operazione Maastricht è stata all’epoca condotta politicamente e tecnicamente molto male. Le poche persone che la pensavano come me sono state emarginate”
di Alessandro Bianchi e Simone Nastasi

Paolo Savona. 
Ha insegnato economia nelle Università di Perugia, di Roma Tor Vergata, alla Scuola Superiore di Pubblica Amministrazione e all’Università Guglielmo Marconi. Fondatore dell’ Open Economies Review e ex presidente di Assonebb, l’Associazione per l’Enciclopedia della Banca e della Borsa. Ministo del’industria (1993-1994). Autore nel 2012 di Eresie, esorcismi e scelte giuste per uscire dalla crisi. Il caso Italia 

– Professore, in un suo articolo pubblicato il 13 ottobre sul sito Formiche.net, vengono ad essere tracciate le strade che l’Italia potrebbe percorrere per uscire dalla crisi. Insieme alla via giuridica tracciata dal Professor Guarino (secondo cui le modifiche dei Trattati europei sarebbero illegittime ai sensi della direttiva 1466/97), Lei scrive come una strada dovrebbe passare per una “grave crisi istituzionale”. Che genere di crisi e come potrebbe svilupparsi?
Parlo del recupero della sovranità monetaria e il ritorno alla lirase fosse possibile limitare l’uscita a questo aspetto della partecipazione all’UE.  Credo tuttavia che l’intera costruzione europea franerebbe e, quindi, ci riprenderemo anche la sovranità di regolare il mercato interno e le relazioni con il mercato internazionale; questa, comunque, resterebbe sotto l’egida del WTO, l’Organizzazione mondiale del commercio, evitando i rischi di una ricaduta dell’Italia in forme di protezionismo. La grave crisi istituzionale riguarderebbe quindi sia noi che l’UE.
– Dagli inizi della crisi sul debito sovrano degli Stati europei, siamo nel 2010, Lei ha sempre ripetuto che l’Italia avrebbe dovuto dotarsi di due piani di sopravvivenza, a seconda che fossimo o meno rimasti nella moneta unica. Nel primo di questi due piani, il piano A, Lei ha sostenuto che l’Italia deve necessariamente sottrarsi al “ricatto” di cedere sovranità in cambio di aiuti finanziari. L’Italia si troverebbe dunque sotto il ricatto delle istituzioni internazionali? 
E’ la visione miope delle istituzioni UE, inclusa purtroppo la BCE. Se un paese membro vuole essere aiutato a superare le crisi del debito pubblico, delle banche o dell’economia deve sottoporsi a una stretta vigilanza europea, ossia perdere quasi interamente la sovranità fiscale e normativa residua. E’ una forma di colonizzazione economica che contrasta con lo spirito democratico dei Trattati. Ho paragonato questa situazione a un assetto costituzionale in cui le leggi approvate dai Parlamenti devono essere sottoposti a organi religiosi che giudicano la loro coerenza ai testi sacri, come in Iran. Perciò ho chiamato il fiscal compact, ma anche altri testi di accordi europei, come il Redemption Fund, il Corano d’Europa. Ho anche aggiunto che coloro i quali accetteranno di disfarsi completamente della sovranità nazionale senza prima avere l’unificazione politica verranno giudicati severamente dalla storia.
– La strada per sottrarsi a questo ricatto, secondo Lei, passerebbe dall’eliminazione di alcune debolezze prima tra tutte la riduzione del debito pubblico. L’Italia di oggi somiglia infatti ad un’impresa il cui livello di indebitamento supera di gran lunga il livello di fatturato. In casi del genere le aziende, prima o poi, falliscono. E secondo qualcuno, come l’ex direttore del Financial Times Wolfang Munchau, il momento del fallimento dell’Italia sarebbe piuttosto vicino. Quale è allora la situazione reale? Quali rischi corre il nostro Paese?
L’Italia è in condizione di fare fronte benissimo al proprio debito pubblico; non esiste alcun rischio di default per nostra causa. Abbiamo un patrimonio sufficiente per onorare il debito. Ho avuto occasione di dichiarare alla Camera, in occasione della riunione delle 27 Commissioni bilancio dei paesi europei al quale sono stato invitato, che i debiti pubblici vengono rinnovati, ma non sono stati rimborsati mai da nessuno; possono essere ridotti dall’inflazione o dalla decisione di non onorarli. L’Italia non  è in queste condizioni e può rinnovarli sul mercato. Solo la speculazione internazionale può rendere impossibile il rinnovo, come ha tentato dopo la crisi finanziaria americana. Appunto perciò la posizione della BCE deve essere quella di intervenire come lender of last resort essendo il nostro debito denominato in euro. Non ha invece questo potere e, quindi, se accadesse di dover essere costretti al default la colpa sarebbe delle istituzioni europee “zoppe”, mal costruite.

– Se invece prendessimo in considerazione il piano B, quello di un’uscita dall’Euro, quali sarebbero, secondo Lei, le conseguenze per l’economia e i risparmi degli italiani?
Anche se alcuni colleghi, come Alberto Bagnai, sostengono il contrario, ritengo che ci sarebbe uno shock iniziale forte sul cambio e sull’inflazione, ma nel giro di un massimo di due anni la situazione ritornerebbe in equilibrio, con il vantaggio d’aver ripreso il controllo delle sorti future del Paese, ivi incluse le performance dei due motori della sviluppo, le costruzioni e le esportazioni. Tuttavia, ho sempre insistito che se ciò avvenisse sotto la spinta del mercato e, aggiungo, delle sanzioni europee senza un’adeguata preparazione all’evento, ivi incluse nuove alleanze internazionali, la situazione può sfuggire di mano. Se invece fosse organizzata ordinatamente gli effetti sarebbe prossimi a quelli modesti indicati da Bagnai.       
– Professore, intervenendo ad una conferenza organizzata recentemente dalla Fondazione Ugo La Malfa, lei ha dichiarato che “è scomparso l’avversario”. A differenza del passato, ci sono oggi poteri finanziari globali che dopo il comunismo – la loro paura – “hanno ripreso i vecchi vizi antidemocratici”. Ma come facciamo ad individuare queste “forze avversarie” da combattere e quali sono le prime contromisure che gli stati possono prendere?  Non sono loro, inoltre, che, secondo Lei, stanno spingendo per la firma del TTIP, l’aera di libero scambio che Usa e Ue stanno negoziando?
Il soggetto della mia diagnosi è il capitalismo, la cui scala dei valori con al vertice l’accumulo di capitale sempre meno produttivo e sempre più finanziario, si è affermato nei paesi democratici e in quelli totalitari, perdendo di vista la scala dei valori sociali con al vertice l’occupazione e il benessere sociale in un clima di libertà. Questa seconda scala di valori si è affermata nel dopoguerra nell’area occidentale per i timori dell’attrazione dell’ipotesi comunista sovietica della società, che ha avuto un effetto calmieratore della forza del capitale sul lavoro.
Ora il capitalismo non ha più avversari, essendosi diffuso anche nei paesi che continuano a dichiararsi comunisti. Le contromisure sono di accrescere la concorrenza sotto vincolo di parità di welfare, che il WTO ignora. Non si può accettare una concorrenza tra paesi con diversa rete di protezione sociale. Il premio Nobel per l’economia di quest’anno è andato a Jean Tirole, per i suoi contributi sulla difficoltà di avere una corretta competizione in presenza dei grandi oligopoli. Paolo Sylos Labini l’aveva già scritto nel 1951 in Oligopolio e Progresso Tecnico. La contromisura è porre un vincolo minimo sul livello di welfare dei paesi che aderiscono all’area di libero scambio. Non è il caso del TTIP, il quale porterebbe a una competizione tra paesi a quasi pari livello di welfare, mentre il problema è il dollaro. Se l’Europa non dota la BCE degli stessi poteri della FED restiamo in mano delle scelte americane. Trovo una sordità preoccupante sul tema.
– Infine, rievocando anche la sua esperienza nel governo Ciampi, come giudica le scelte della Banca centrale italiana e dell’esecutivo agli inizi degli anni ’90 che, dal trattato di Maastricht in poi, hanno dato il via a quell’escalation di perdita di sovranità che oggi intrappola la nostra economia? Potevano essere chieste maggiori garanzie per l’Italia e qual è stato il maggior errore commesso?
La Banca d’Italia di Paolo Baffi era più problematica, non quella di Carlo Azeglio Ciampi. L’Esecutivo capiva poco ed era coinvolto in uno dei peggiori periodi attraversati dalla politica italiana. Nel complesso si sono sopravalutati i vantaggi dell’adesione al Trattato di Maastricht e sottovalutati i costi. L’operazione è stata condotta anche tecnicamente molto male, come un fatto di civiltà astratta e non una di cui si doveva tenere conto di importanti risvolti pratici. Mi sentivo molto vicino alle analisi di Baffi e nel mio L’Europa dai piedi di argilla,  scritto per Carli negoziatore del Trattato, ma pubblicato dopo per la difficoltà di trovare un editore, segnalavo che stavamo costruendo un edificio ideale senza buone fondamenta. Le poche persone che la pensavano come me sono state emarginate e hanno prevalso gli opportunisti, quelli che lo erano veramente e quelli che lo erano in modo incosciente. Non fu possibile influire nelle decisioni.
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5 Risposte

  • Il governo non ha la necessità né deve prendere a prestito capitale pagando interessi come mezzo per finanziare lavori governativi ed imprese pubbliche. Il Governo deve creare , emettere e far circolare tutta la valuta ed il credito necessari per soddisfare il potere di spesa del governo ed il potere di acquisto dei consumatori. Il privilegio di creare ed emettere moneta non è solamente una prerogativa suprema del governo ma rappresenta anche la maggior opportunità creativa del governo stesso. La moneta cesserà di essere la padrona e diventerà la serva dell’umanità. La democrazia diventerà superiore al potere dei soldi. ( Abramo Lincoln 1865 documento del senato n. 23 )

  • L’attività bancaria fu fecondata dall’ingiustizia e nacque nel peccato, i banchieri possiedono il mondo, toglieteglielo via, lasciando loro il potere di emettere denaro con un colpo di penna creeranno abbastanza depositi per ricomprarselo. Toglieteglielo via in qualsiasi modo e tutti i grandi patrimoni come il mio scompariranno ed è necessario che scompaiano affinché questo diventi un mondo migliore in cui vivere.
    Ma se preferite restare schiavi dei banchieri e pagare voi stessi il costo della vostra schiavitù lasciate che continuino a creare denaro.
    (Sir Josah Stamp governatore della Banca d’Inghilterra 1928-1941)

  • Chiunque controlli l’ammontare del denaro circolante in un paese è il padrone assoluto della sua industria e del suo commercio. E quando capisci che l’intero sistema è facilmente controllato in un modo o nell’altro, da una ristrettissima elite , non avrai bisogno che qualcuno ti spieghi come nascono i periodi di inflazione e deflazione.
    (James Gardfield 20° presidente Stati Uniti d’America)

  • Il capitale deve proteggersi in ogni modo possibile con alleanze e legislazione. I debiti devono essere riscossi, le obbligazioni e i contratti ipotecari devono essere conclusi in anticipo e il più rapidamente possibile. Quando mediante processi giuridici le persone comuni perderanno la propria casa, diventeranno sempre più docili e saranno tenuti a freno con più facilità attraverso il braccio forte del governo al potere azionato da una forza centrale di ricchezza sotto il controllo di finanzieri di primo piano. Questa verità è ben conosciuta tra i nostri uomini di spicco adesso impegnati nel costituire un imperialismo del capitale che governi il mondo. Dividendo gli elettori attraverso il sistema dei partiti politici, possiamo fare spendere le loro energie per lottare su questioni insignificanti. Di conseguenza con una azione prudente abbiamo la possibilità di assicurarci quello che è stato pianificato così bene e portato a termine con tanto successo.
    (USA Bankers Magazine 25 agosto 1924)

  • L’attuale creazione di denaro dal nulla operato dal sistema bancario è identica alla creazione di moneta da parte dei falsari. La sola differenza è che sono diversi coloro che ne traggono profitto.
    (Maurice Allais Nobel per l’economia)
    Dare alle banche la possibilità di creare moneta è come darsi in schiavitù e pagarsela pure.
    (Sir Josah Stamp governatore della Banca d’Inghilterra 1928-1941)

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