di Andrea Cavalleri
L’ho accennato nel mio saggio sul liber-comun-ismo e devo questa spiegazione ai lettori.
La London school of economics ha prodotto una sorta di rudimentale teoria che scaricherebbe le colpe della crisi finanziaria dell’ultimo decennio sul calo della natalità.
Il ragionamento, molto semplice, suona così: meno nati significa che ci sono meno giovani a versare i contributi, mentre il numero dei pensionati non cala. Pertanto lo Stato deve svenarsi per pagare le pensioni e questo fatto accresce drammaticamente il debito pubblico e induce la crisi.
Questa spiegazione, suggestiva e a livello superficiale abbastanza attraente, è assolutamente sbagliata.
Per capirlo basta analizzare il meccanismo proposto nella sua interezza: se i giovani sono troppo pochi per pagare le pensioni agli anziani, significa che essi, pur lavorando come matti, non riescono a sostenere l’onere di mantenere gli impegni già assunti.
Quindi il sistema avrebbe la necessità di sfruttare al massimo il lavoro dei giovani nel tentativo di ripianare le uscite pensionistiche.
Al contrario noi osserviamo un sistema che, nei dati ufficiali ampiamente edulcorati, produce oltre il 30% di disoccupazione giovanile e che, in realtà, ne produce una percentuale prossima al 50%.
Quindi se il meccanismo economico in atto produce una forte disoccupazione giovanile non può essere, e non è, la mancanza di giovani a indurre la crisi, altrimenti tutti i giovani esistenti sarebbero occupati. Viceversa la sovrabbondanza di giovani rispetto ai posti di lavoro disponibili indica che, secondo il nostra sistema economico-finanziario, i giovani sono circa il doppio di quelli che dovrebbero essere. Continua a leggere