Foibe, il film "Rosso Istria" arriva nelle sale. Gasparri: «Racconta una verità negata»

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Un cast stellare per un’opera prima coraggiosa: è Red Land (Rosso Istria), il film che attraverso il martirio di Norma Cossetto racconta le terribili violenze subite dalle popolazioni Istriane, Fiumane, Giuliane e Dalmate a opera dei partigiani titini. La pellicola, prodotta da Venicefilm in collaborazione con Rai Cinema, sarà proiettata in anteprima mondiale martedì 6 novembre alle 20 al cinema “The Space – Moderno” di piazza della Repubblica a Roma, mentre nella mattinata sarà presentato alla stampa alla Sala Nassiriya del Senato. Un segno dell’impegno anche istituzionale per far sì che questa produzione venisse realizzata, e realizzata sotto l’egida della Rai.
Un fatto non scontato, considerati la reticenza e talvolta il vero e proprio negazionismo nei confronti questa pagina di storia italiana. Nonostante, infatti, ormai da un quindicennio (la legge fu approvata nel 2004), la memoria delle Foibe sia entrata nel calendario civile del Paese con il Giorno del ricordo del 10 febbraio, parlare di questo dramma italiano è ancora difficilissimo. Lo sa bene fra gli altri Antonello Belluco, che firma la sceneggiatura insieme al regista Maximiliano Hernando Bruno alla sua opera prima. La precedente opera di Belluco sul tema delle violenze partigiane, Il Segreto d’Italia, che racconta l’eccidio di Codevigo, fu infatti oggetto di un boicottaggio feroce, che vide schierata anche l’Anpi. E la stessa produzione di Red Land (Rosso Istria) ha avuto una gestazione lunga e non facile: sono serviti tutto l’impegno e il coraggio del team che ha prodotto il film e di chi lo ha sostenuto perché finalmente anche la storia di Norma Cossetto potesse essere raccontata al grande pubblico, uscendo dai canali delle proiezioni “volontaristiche” (come fu gioco forza per Il segreto d’Italia), proiettandosi sulla scena internazionale anche grazie alla partecipazione di star come Franco Nero e Geraldine Chaplin e, soprattutto, ottenendo l’impegno istituzionale della Rai. Continua a leggere

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Quel Marx razzista e antisemita che non ti aspetti

Risultato immagine per CARL MRX

 Comunismo e Antirazzismo: se non ormai sinonimi, sono comunque due termini che ultimamente vanno convenientemente a braccetto. Ma quanto i kompagni conoscono davvero le proprie radici culturali? Ad ascoltare i discorsi che si fanno in giro o leggendo qualche tweet isterico, direi non molto. Anzi, direi proprio per nulla.
Con l’articolo di oggi ci allontaneremo per un attimo dalla sfera della filosofia e del pensiero della destra per immergerci nello strano mondo comunista, fiorito fuori e genocida dentro, andando alla scoperta di quelle affermazioni di Marx ed Engels che farebbero tremare anche il più incallito degli xenofobi. La speranza è che qualcuno si possa finalmente ricredere sulla genuinità del comunismo e sulla bontà incondizionata dei suoi “valori”, capendo quanto è falso l’accostamento comunismo-antirazzismo.
Per comprendere quanto seguirà bisogna mettere una premessa fondamentale: per Marx, il comunismo si sarebbe potuto affermare sono una volta che il capitalismo avesse raggiunto il suo apice, con il collasso di quest’ultimo sotto il suo stesso peso. Il primo tipo di razzismo si mostra quindi verso tutti quei popoli definiti “controrivoluzionari”, ovvero popoli che per cultura o arretratezza tecnologica ancora erano legati a modelli pseudo-feudali, non permettendo così al capitalismo di diffondersi e quindi, di conseguenza, allontanando la possibilità di realizzazione della distopia comunista.

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E allora, da che parte stanno i cattolici?

RECENSIONE DEL LIBRO DI MATTEO CASTAGNA
di Mattia Rossi per Il Giornale OFF de Il Giornale
Ha fatto scalpore, qualche tempo fa, la copertina di Famiglia Cristiana contro il Ministro degli Interni Matteo Salvini («Vade retro Salvini», campeggiava in copertina sotto la fotografia del leader leghista). Poco dopo, però, il sondaggio del quotidiano Libero: l’85% dei cattolici sarebbe favorevole alle politiche del Ministro
E allora, da che parte stanno (o devono stare) i cattolici? Con quello che, comunemente, viene definito il populismo o con il mondialismo europeista? E sul fascismo? Dove posizionarsi per quanti si professano cattolici? Ma poi, quali cattolici? Quelli delle gerarchie ufficiali moderniste o quelli “integrali” e fedeli al Magistero cattolico di sempre?
Le risposte le prova a dare Matteo Castagna, giornalista e cattolico militante (responsabile del Circolo “Christus Rex – Traditio” di orientamento sedevacantista) nel suo Cattolici tra europeismo e populismo. La sfida al nichilismo (Solfanelli, pagg. 248, euro 17) da poco in libreria.
Appurato subito, da parte di Castagna, che «non può esistere un “cattolicesimo progressista”» e che «l’unico cattolicesimo possibile è quello “integrale”», sono numerose le dottrine che il giornalista veronese passa in rassegna (il savonarolismo, il contro-riformismo, il secondo franchismo, il neo-luteranesimo del nazismo) per poi spostarsi sul versante cattolico nel capitolo Cattolici integrali, gesuiti, modernisti, clerico-fascisti.
L’integrismo cattolico, spiega Castagna, «percepisce nell’internazionalismo bianco-gesuitico, democristiano-modernista lo strumento politico e teologico mediante il quale si va manifestando il più grande attacco, mai concepito, alla cristianità». Ne deriva che, secondo l’autore, «il pericolo fondamentale del connubio gesuitico-modernista sarebbe rappresentato, per mons. Benigni, dal fine della disgregazione sociale della Tradizione costantiniana e gregoriana occidentale; dall’antifascismo assoluto e dogmatico; dal democristianismo di sinistra; dall’antropocentrismo fanatico e relativistico tecnico-pragmatico e politicistico; dal rigetto delle XXIV tesi del tomismo; tutto ciò, se realizzato con la vittoria dell’antifascismo internazionale, avrebbe condotto al nichilismo neo-modernista e alla secolarizzazione”. Continua a leggere

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Guareschi, del '68 se ne fece un baffo

di Marcello Veneziani

Come oggi (ieri per chi legge, n.d.r.), cinquant’anni fa, nel fatidico ’68, se ne andò all’altro mondo Giovannino Guareschi. Lasciò il mondo piccolo che aveva descritto come pochi, per raggiungere il mondo grande, quello dove abitava quel Signore che nella sua Casa dava consigli a un suo focoso dipendente in terra, don Camillo. Così almeno racconta Guareschi.

Se ne andò presto, Giovannino, a 60 anni, dopo una vita travagliata, tra campo di concentramento, carcere sotto il fascismo e sotto l’antifascismo, più una caterva di libri tradotti in tutto il mondo, di film assai popolari che rappresentarono quell’Italia favolosa del dopoguerra, e di avventure a mezzo stampa, come il suo impertinente Candido che ebbe un ruolo decisivo nella disfatta del fronte popolare socialcomunista alle elezioni del ’48.
Giovannino morì il 22 luglio del ’68 ma fece in tempo a scrivere il suo ultimo don Camillo dedicato ai giovani d’oggi. Il libro uscì postumo e segnava lo stridente contrasto tra il vecchio comunista Peppone (che l’anticomunista Guareschi aveva reso simpatico con la sua prorompente umanità), il coriaceo don Camillo e un giovane contestatore zazzeruto, che viaggiava in moto con borse borchiate e sfrangiate e un giubbotto nero con teschio e scritta “Veleno”. Che diventa per Guareschi il soprannome del ragazzo e anche la metafora della Contestazione. Giungono in paese a Brescello anche “i cinesi” che sconvolgono le geometrie ideologiche dell’italo-stalinista Peppone e spiazzano pure quelle religiose del parroco. Guareschi collega la contestazione all’avvento della società dei consumi. Per lui l’antagonismo tra i due fenomeni è solo occasionale, apparente, non sostanziale. Il consumismo divora il piccolo mondo antico e le vecchie fedi, ma cattura Peppone che lascia la bici e gira in spider rossa. Il consumismo è l’habitat del sessantotto. Continua a leggere

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Cristiani in piazza in Vietnam contro il regime comunista


Cattolici in piazza in Vietnam, a Binh Thuan, ad Hà Tinh e Vinh, ad esempio, con rosari, bandiere vaticane e striscioni, per protestare contro la concessione di terre ai comunisti cinesi e contro la legge liberticida sulla sicurezza informatica, autentica censura ad Internet: chi si colleghi ai siti cattolici rischia il processo.Già le forze dell’ordine hanno effettuato migliaia di arresti tra i manifestanti in tutto il Paese, il regime ha già minacciato una dura repressione. Il che non ha intimorito la Chiesa: il Vescovo emerito di Kontum, mons. Michael Hoàng Duc Oanh, ha chiesto anche per iscritto al presidente Tran Dai Quang di rispettare la volontà ed i diritti del popolo, di rilasciare quanti siano stati fermati, nonché di mantenere così la pace sociale.
Il Vescovo emerito ha anche criticato i sacerdoti membri dell’Assemblea nazionale, del tutto irreggimentati e per questo espressisi a favore della nuova normativa sul web: «Tradiscono la nostra fede ed il nostro Paese», ha detto il Vescovo. Continua a leggere

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I cattolici perseguitati nella Cina capital-comunista

Segnalazione del Centro Studi Federici

Nuove persecuzioni del regime capital-comunista cinese contro i cattolici, senza nessuna reazione dei farisei dell’Occidente e in particolare dei radical-chic italiani.
Cina, continua la persecuzione: abbattuta Via Crucis
 
Un sito popolare tra i cattolici delle province di Henan, Hebei e Shanxi è stato abbattuto di notte. Si vuol “permettere al cattolicesimo di esistere ma non di svilupparsi”
 
Le autorità di Anyang, provincia di Henan (Cina), hanno fatto demolire le 14 stazioni della Via Crucis collocate lungo il sentiero che conduce al più antico luogo di pellegrinaggio della zona, il santuario di Nostra Signora del Monte Carmelo a Tianjiajing, un sito popolare tra i cattolici delle province di Henan, Hebei e Shanxi, che era stato fatto costruire dal sacerdote del Pontificio Istituto Missioni Estere padre Stefano Scarsella, allora vicario apostolico del nord Henan (tra il 1903 e il 1905).
I pannelli di ardesia, che rappresentavano vari momenti della Passione di Cristo, corredati da disegni e graffiti realizzati con lo stile cinese e arricchiti da commenti devozionali, sono stati abbattuti con bulldozer e martelli pneumatici, alcune settimane dopo che i funzionari cinesi avevano detto al Vescovo Joseph Zhang Yinlin di Weihui (Anyang) di smantellare la Via Crucis senza specificarne il motivo.

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Silenzio dei media italiani su Tienanmen: il regime cinese ha vinto

Segnalazione di Redazione BastaBugie

Corriere, Repubblica e gli altri si sono dimenticati del 29esimo anniversario del massacro in Cina, ma ci hanno parlato dello sciopero contro i robot a Las Vegas, la difesa delle sbronze universitarie da parte del premio Nobel Malala, una nuova bevanda del Giappone, ecc.
di Leone Grotti

(LETTURA AUTOMATICA)

Più di 115 mila persone in piazza per ricordare uno dei più grandi massacri della storia contemporanea ordinati da un regime totalitario contro il suo stesso popolo. È successo a Hong Kong, dove una miriade di giovani e anziani per il 29mo anno consecutivo hanno acceso una candela a Victoria Park per «resistere all’autoritarismo» e condannare il partito comunista cinese, che il 4 giugno 1989 ordinò all’Esercito di liberazione del popolo di massacrare gli studenti riuniti pacificamente in Piazza Tienanmen a Pechino.
NEANCHE UNA RIGA SUI GIORNALI ITALIANI
È un evento. In un mondo dove si accusano i giovani di essere menefreghisti, preoccupati solo dell’istante e privi di memoria storica, a decine di migliaia scendono coraggiosamente in piazza (Hong Kong non è certo libera dall’influenza della Cina continentale) per denunciare uno dei più grandi orrori della storia, frutto di uno dei regimi più sanguinari della storia, e… nessuno ne parla. Sfogliando le pagine dei principali quotidiani italiani si scopre infatti che nessuno oggi ha dedicato neanche una riga all’evento.
Peggio. Corriere della Sera, Repubblica, Stampa, Foglio, Giornale, Libero, Sole 24 Ore, Fatto Quotidiano: nessuno ha trovato spazio – neanche una breve, neanche un box, neanche una foto, neanche una riga – per ricordare il 29esimo anniversario del massacro. Nelle edizioni del 3-4-5 giugno i principali quotidiani italiani hanno dedicato articoli agli argomenti più disparati: lo sciopero contro i robot a Las Vegas, la difesa delle sbronze universitarie da parte del premio Nobel Malala, le critiche all’ex portavoce di Blair perché non faceva i mestieri di casa, il successo delle tribù Ogiek del Kenya e quello della nuova bevanda alcolica del Giappone. Ma sui tragici fatti di Piazza Tienanmen neanche una parola. Continua a leggere

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Il presidente della Commissione Europea onora Marx

Segnalazione Corrispondenza Romana


Il Presidente  della Commissione europea, il lussemburghese Jean Claude Juncker, si è recato il 5 maggio a Treviri – città di cui è cittadino onorario -, nel Palatinato, per commemorare i 200 anni dalla nascita di Karl Marx, pronunciando un discorso dinanzi alla statua del fondatore del comunismo, statua donata dalla Cina. Sarà accompagnato per l’occasione dal Presidente socialdemocratico della Renania-Palatinato, Malu Dreyer.
L’annuncio della singolare visita ha sollevato comprensibili, indignate proteste: Marion Smith, direttrice della Fondazione del Memoriale delle vittime del comunismo, ha scritto una lettera sferzante a Juncker, ricordando: «La filosofia di Karl Marx, una volta applicata, ha generato sofferenze tra le peggiori nella storia dell’umanità. Gli Stati marxisti, quali l’Unione Sovietica o la Cina comunista, sono direttamente responsabili di oltre cento milioni di morti, risultato della loro volontà delirante di mettere in pratica le idee utopiche di Marx».
La visita a Treviri del Presidente della Commissione europea, decisamente fuori luogo, non fa che alimentare caustici commenti sulle analogie tra l’Unione Sovietica e l’Unione Europea (T.M.).

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