Guareschi, del '68 se ne fece un baffo

di Marcello Veneziani

Come oggi (ieri per chi legge, n.d.r.), cinquant’anni fa, nel fatidico ’68, se ne andò all’altro mondo Giovannino Guareschi. Lasciò il mondo piccolo che aveva descritto come pochi, per raggiungere il mondo grande, quello dove abitava quel Signore che nella sua Casa dava consigli a un suo focoso dipendente in terra, don Camillo. Così almeno racconta Guareschi.

Se ne andò presto, Giovannino, a 60 anni, dopo una vita travagliata, tra campo di concentramento, carcere sotto il fascismo e sotto l’antifascismo, più una caterva di libri tradotti in tutto il mondo, di film assai popolari che rappresentarono quell’Italia favolosa del dopoguerra, e di avventure a mezzo stampa, come il suo impertinente Candido che ebbe un ruolo decisivo nella disfatta del fronte popolare socialcomunista alle elezioni del ’48.
Giovannino morì il 22 luglio del ’68 ma fece in tempo a scrivere il suo ultimo don Camillo dedicato ai giovani d’oggi. Il libro uscì postumo e segnava lo stridente contrasto tra il vecchio comunista Peppone (che l’anticomunista Guareschi aveva reso simpatico con la sua prorompente umanità), il coriaceo don Camillo e un giovane contestatore zazzeruto, che viaggiava in moto con borse borchiate e sfrangiate e un giubbotto nero con teschio e scritta “Veleno”. Che diventa per Guareschi il soprannome del ragazzo e anche la metafora della Contestazione. Giungono in paese a Brescello anche “i cinesi” che sconvolgono le geometrie ideologiche dell’italo-stalinista Peppone e spiazzano pure quelle religiose del parroco. Guareschi collega la contestazione all’avvento della società dei consumi. Per lui l’antagonismo tra i due fenomeni è solo occasionale, apparente, non sostanziale. Il consumismo divora il piccolo mondo antico e le vecchie fedi, ma cattura Peppone che lascia la bici e gira in spider rossa. Il consumismo è l’habitat del sessantotto. Continua a leggere

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Visto che uomo Macron? Orgoglio e dignità dell'Italia, finalmente

di Marcello Foa
Visto che uomo Macron? Orgoglio e dignità dell'Italia, finalmente
Fonte: Marcello Foa
Ma se il portavoce di En marche!, il partito del presidente francese Macron, giudica l’Italia “vomitevole”, perché non bisogna dirlo? Perché una parte della stampa mainstream sente il bisogno di attenuare, magari anche nascondere, come se si dovesse difendere la reputazione della Francia? Oggi su alcuni siti quel titolo è comparso, poi scomparso, poi riapparso; altri hanno affogato l’epiteto all’interno del pezzo.
Tutto questo, giornalisticamente, non ha senso. L’insulto c’è stato, eccome se c’è stato, pesantissimo. E sebbene poi lo stesso Macron abbia parzialmente corretto il tiro, giudicando il governo italiano “cinico e irresponsabile”, il caso è grave.
A provare imbarazzo non deve essere la stampa italiana, che semmai dovrebbe indignarsi. Dovrebbero essere i francesi perché a essere insostenibile non è la posizione italiana ma la loro. Di quella Francia che i porti li ha chiusi addirittura un anno fa; che respinge brutalmente gli immigrati al confine di Ventimiglia, senza compassione nemmeno per bambini e donne incinte, e si permette persino di sconfinare con i suoi gendarmi in territorio italiano.
L’ipocrisia di Macron e del suo partito è flagrante. E il loro macroscopico doppiopesismo dà la cifra di questa Unione Europea, mai solidale nel momento del bisogno e che vede nell’Italia un Paese da sfruttare, da umiliare, da comprare.
Quel Paese, però, grazie a Salvini e al governo Lega- 5 Stelle, ora dice no e rialza la testa con orgoglio. Pretende rispetto, non accetta lezioni da Parigi. E non tornerà indietro. Continua a leggere

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NON POSSONO ESSERE LA UE O ALTRI GOVERNI STRANIERI A DECIDERE QUALI MINISTRI DEBBA AVERE L’ITALIA

Scritto e segnalato da Antonio Socci, “Lo Straniero”

Il film che va in onda in questi giorni ha dell’incredibile. La Germania lamenta le intollerabili interferenze degli elettori italiani (tramite Lega e M5S) nella formazione del nuovo governo di Roma a cui – a quanto pare – provvedono da Berlino, come si fa con una colonia.
Infatti da Berlino fanno sapere che non tollerano ministri a loro sgraditi. E’ tutto alla luce del sole, basta leggere i giornali.
E’ scandalizzata la Frankfurter Allgemeine Zeitung” per l’insubordinazione degli italiani verso i tedeschi: “L’Italia vuole un nemico della Germania al governo”.
Dove per “nemico della Germania” s’intende semplicemente un economista che vuole difendere l’interesse nazionale italiano ed è critico con la prepotenza tedesca. Dobbiamo stare, da sudditi, sotto lo stivale teutonico e baciarlo pure?
La “Sueddeustche Zeitung” esalta esplicitamente Mattarella che – a loro dire – starebbe subendo l’assedio degli elettori italiani: “mai prima d’ora un presidente della Repubblica è stato messo così sotto pressione come in questi giorni dai due partiti” i quali “si ostinano sul nome dell’eurocritico radicale Paolo Savona”.
A sentire loro non è la UE, specie i tedeschi, a esercitare una intollerabile pressione su un Capo di Stato italiano, ma a premere indebitamente sarebbero i partiti più votati dagli italiani che semplicemente fanno il governo in base alla Costituzione. Come se Mattarella fosse al Quirinale per rappresentare la UE (cioè la Germania).
Ma è possibile che Mattarella invece di riconoscere la volontà degli elettori italiani si faccia portavoce dei diktat che arrivano da Berlino?
Si spera che non sia così. Ma si capisce bene quello che sta accadendo quando si legge il quirinalista della “Stampa” Ugo Magri – molto mattarelliano – il quale scrive: “è certo che Mattarella abbia sollevato il caso del nuovo libro di Savona che dà fondo a tuti i sentimenti anti-germanici del suo autore, e accusa i tedeschi di mire egemoniche paragonabili a quelle hitleriane”.
E c’è da riflettere quando Matteo Salvini dice: “E’ pazzia, è pura follia far saltare tutto perché Paolo Savona non piace alla Merkel, perché ha osato criticare la Germania in un suo libro”.
Col pieno e significativo sostegno di Giorgia Meloni, in questa battaglia per l’indipendenza nazionale, Salvini ha giustamente tuonato: “Giornali e politici tedeschi insultano: italiani mendicanti, fannulloni, evasori fiscali, scrocconi e ingrati. E noi dovremmo scegliere un ministro dell’Economia che vada bene a loro? No, grazie! Prima gli italiani”.
Salvini ragiona col buon senso e con la dignità che dovrebbe avere ogni leader politico, come se fossimo in un Paese dove il popolo italiano è ancora sovrano, secondo l’articolo 1 della Costituzione.
Ma evidentemente in questi anni in Italia si è silenziosamente dimenticato il pilastro della Costituzione – definendolo sprezzantemente sovranismo – e si è lasciato che gli stranieri spadroneggiassero.
Così ora la Germania si sente in diritto darci ordini. E la tecnocrazia della UE, nei giorni scorsi, si è sentita in diritto di lanciare all’Italia i suoi avvertimenti preventivi.
Senza che le più alte cariche dello Stato si siano sentite in dovere di difendere la dignità e l’indipendenza dell’Italia che fra l’altro è una delle maggiori potenze industriali del mondo.
Per nessun paese europeo si è vista una tale interferenza straniera (per non dire delle insolenze che la stampa tedesca rovescia su di noi).
Anzi, Mattarella, invece di insorgere per queste intollerabili ingerenze di UE e Germania, sembra farsi loro portavoce e – rovesciando la frittata – accusa di imporre “diktat” non le potenze straniere e l’UE, ma la Lega che semplicemente – in base al voto ricevuto dagli italiani – ha indicato Paolo Savona per il ministero del Tesoro.
Sembra la situazione descritta dal Manzoni nei “Promessi sposi”. Dopo il prepotente diktat di don Rodrigo – che tramite due bravi aveva ordinato: “questo matrimonio non s’ha da fare” – don Abbondio cominciò a inventare scuse, rifiutandosi di sposare Renzo e Lucia per obbedire all’arrogante signorotto.
I due giovani escogitarono così un modo per aggirare l’incomprensibile veto del pretino pauroso, ma don Abbondio scatenò il finimondo accusando di prepotenza Renzo e Lucia.
Il Manzoni commenta:
“In mezzo a questo serra serra, non possiam lasciar di fermarci un momento a fare una riflessione. Renzo, che strepitava di notte in casa altrui,
che vi s’era introdotto di soppiatto, e teneva il padrone stesso assediato in una stanza, ha tutta l’apparenza d’un oppressore; eppure, alla fin de’ fatti, era l’oppresso. Don Abbondio, sorpreso, messo in fuga, spaventato, mentre attendeva tranquillamente a’ fatti suoi, parrebbe la vittima; eppure, in realtà, era lui che faceva un sopruso. Così va spesso il mondo…”.

E’ ormai chiaro che qui c’è in gioco molto più di un semplice ministero e molto più di una riforma della UE come quella prospettata da Savona (tutti gli esperti, consapevoli della situazione, sanno che occorre cambiare), ma c’è in gioco la nostra stessa sovranità nazionale.
Mattarella rischia di assumersi la gravissima responsabilità non solo di affondare un governo, ma anche di trascinare la presidenza della repubblica nella contesa politica e quindi in una gravissima crisi istituzionale.
Una volta che il Quirinale entra nella contesa politica qualcuno potrebbe perfino sostenere che si sta sottomettendo lo Stato italiano al diktat di potenze straniere.
Come presidente Mattarella ha giurato con queste parole: “Giuro di essere fedele alla Repubblica e di osservarne lealmente la Costituzione”. Lui sa bene che ciò significa fedele alla Repubblica italiana e non a quella tedesca. Sa bene di dover essere custode della Costituzione italiana non dei voleri della Merkel.
Come ha detto un economista francese (peraltro europeista) la Germania, dopo aver distrutto l’economia in Europa, sta rischiando di distruggere anche la democrazia. Loro “consentono” di cambiare i governi, ma mai le politiche. E questo – lamenta quell’economista – segnerà la fine dell’euro.
Antonio Socci
Da “Libero”, 27 maggio 2018
Nella foto: Silvestro Lega, Bersaglieri con prigionieri austriaci nelle guerre d’indipendenza (1861)
Facebook: “Antonio Socci pagina ufficiale”
Twitter: @AntonioSocci1

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Fantoccio del Duce a Macerata, solita tragicommedia degli infami

La vigliaccheria dei nonni, padri, figli, figliastri di traditori, imboscati e compagni è sempre la stessa. Ma la Mussolini non va lasciata sola, perché la sua è una battaglia di civiltà, che finalmente va portata a compimento: “in gabbia i cani da Piazzale Loreto!” (Matteo Castagna, “Christus Rex”)

Scritto e segnalato da Antonio Amorosi
Macerata, scontro tra Alessandra Mussolini e il sindaco sul fantoccio del duce
Dopo il fantoccio del duce in piazza a Macerata, scontro al limite dell’impatto fisico tra Alessandra Mussolini e il sindaco Pd Romano Carancini

 Macerata, scontro tra Alessandra Mussolini e il sindaco sul fantoccio del duce

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