Il padre della propaganda: Edward Bernays

di Ilaria Bifarini
Fonte: EreticaMente
“L’individuo opera le sue scelte mosso da impulsi irrazionali e incontrollati. E’ compito di una minoranza di persone elette guidarlo “come un gregge di pecore va guidato”
Annoverato dall’autorevole rivista americana Life tra i 100 uomini più potenti del XX secolo, acclamato unanimemente come il creatore dell’ingegneria del consenso, Edward Louis Bernays è un nome poco familiare al pubblico europeo. Conosciuto forse a qualche curioso per la sua parentela con il padre della psicoanalisi, dello zio Freud il giovane Louis assimila velocemente e rielabora brillantemente la teoria di rivoluzionaria conoscenza dell’inconscio. Di estrazione ebraica e borghese si trasferisce giovanissimo nella New York dei primi del Novecento dove, abbandonata la strada prestabilita della prosecuzione dell’attività paterna, muove i primi passi nel mondo del giornalismo, per affermarsi in una veste di comunicatore del tutto inedita per i tempi.
Dopo i fasti registrati dall’industria manifatturiera a servizio della produzione bellica della prima guerra mondiale, gli Stati Uniti si trovano a dover affrontare il più spaventoso degli spettri del mercato: il rischio di sovrapproduzione. Il “brain storming” di illustri banchieri e influenti imprenditori porta a centrare la soluzione in modo deciso e inequivocabile: occorre traghettare il cittadino americano dalla cultura dei bisogni a quella dei desideri, rendendo le persone bramose di soddisfare necessità sempre nuove, gravose come impellenti bisogni. La logica economica, dopo aver asservito l’industria bellica per accrescere la propria produzione, si avvicina così alla neonata scienza della psicoanalisi.
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“Teoria del mondo multipolare”. Verso un nuovo Nomos della Terra

di Aleksandr Dugin
Fonte: Ereticamente
Presentiamo, per gentile concessione dell’editore, un ampio estratto del libro del filosofo e politologo russo Aleksandr Dugin “Teoria del Mondo Multipolare”, recentemente pubblicato per i tipi diAGA Editricee ordinabile al seguente indirizzo:http://www.orionlibri.net/negozio/teoria-del-mondo-multpolare/.Traduzione di: Donato Mancuso. Curatore dell’opera: Maurizio Murelli.
Dopo la seconda guerra mondiale e la sconfitta della Germania nazista e delle potenze dell’Asse, si è sviluppato unsistema bipolaredi relazioni internazionali chiamato «sistema di Yalta». Giuridicamente, il diritto internazionale ha continuato a riconoscere la sovranità assoluta di tutti gli Stati nazionali ma nei fatti le decisioni fondamentali sulle questioni centrali relative all’ordine mondiale e alla politica mondiale venivano prese unicamente in due luoghi: a Washington e a Mosca. […] IL MOMENTO UNIPOLARE
Con il crollo di uno dei due poli (l’Unione Sovietica crollò nel 1991), anche il sistema bipolare è crollato. […] Pur riconoscendode jurela sovranità, il mondo di Yalta erade factocostruito sul principio dell’equilibrio di due egemoni simmetrici e relativamente uguali. Con l’uscita di scena di uno degli egemoni, l’intero sistema ha cessato di esistere. […] Da questo momento, l’intera struttura dell’ordine mondiale è cambiata qualitativamente e in modo irreversibile. Il polo guidato dagli Stati Uniti e basato sull’ideologia liberale, democratica e capitalista, è un fenomeno tuttora in essere che negli anni ha continuato a diffondere, su scala mondiale, il proprio sistema socioeconomico fondato sulla democrazia, sul mercato e sull’ideologia dei diritti umani. Ci troviamo dunque di fronte ad un fenomeno che possiamo identificare precisamente comemondo, e ordine mondiale, unipolare. In seno al mondo unipolare vi è un unico centro decisionale riguardante le grandi questioni globali. L’Occidente e il suo nucleo, la comunità euroatlantica guidata dagli Stati Uniti, assume il ruolo di unica potenza egemonica. […] Negli anni ’90 il mondo unipolare sembrava essere una realtà definitivamente consolidata, e alcuni analisti statunitensi hanno elaborato, su questa base, la tesi della «fine della storia» (Fukuyama). Questa tesi consisteva nell’idea che il mondo sarebbe diventato completamente omogeneo ideologicamente, politicamente, economicamente e socialmente, e che d’ora innanzi tutti i processi che avrebbero avuto luogo, non sarebbero stati più un dramma storico basato sullo scontro di idee e di interessi, ma piuttosto una competizione economica (e relativamente pacifica) tra attori del mercato, in modo simile a come viene costruita la politica interna dei regimi liberaldemocratici. Così, la democrazia diventa mondiale. Sul pianeta vi è solo l’Occidente e la sua periferia, composta dai paesi che gradualmente si integrano in esso. […] Pertanto, secondo Fukuyama, il tempo degli Stati nazionali è finito e il mondo è prossimo a un’integrazione completa e definitiva. L’umanità si sta trasformando in una società civile globale, la politica lascia il posto all’economia, la guerra lascia il posto al commercio, l’ideologia liberale diviene lo standard indiscusso e universalmente riconosciuto, e tutti i popoli e le culture si mescolano in un unicocrogiolocosmopolita. […] LA CIVILTÀ COME ATTORE
Huntington obietta a questi punti da una posizione pessimistica. Secondo lui la fine del mondo bipolare non conduce automaticamente alla creazione di un ordine mondiale liberaldemocratico globale e omogeneo e, quindi, la storia non è finita ed è prematuro parlare della fine di conflitti e guerre. Il mondo ha cessato di essere bipolare, ma non è diventato né globale né unipolare. Esso ha una configurazione completamente nuova caratterizzata da nuove collisioni e scontri, tensioni e conflitti. Qui, Huntington arriva al punto più importante del suo ragionamento: egli avanza un’ipotesi del tutto valida e ancora oggi sottovalutata suchi sarà l’attore, il principale personaggio di questo mondo futuro. Egli chiama tale attorela civiltà.
Questo passo concettuale potrebbe essere considerato l’inizio di una teoria completamente nuova: lateoria del mondo multipolare. Huntington mette in luce un elemento centrale: identifica un nuovo attore, la civiltà, e al tempo stesso parla della molteplicità di questi attori, usando al plurale questa parola nel titolo del suo libro –Lo scontro«delle civiltà». […] Grazie a Huntington, otteniamo in prima approssimazione un quadro di una nuova teoria, la quale postula un modello in seno al quale coesistono diversi centri decisionali a livello globale nel campo delle relazioni internazionali, e ad ognuno di essi vi corrisponde una civiltà. Continua a leggere

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Con Notre-Dame brucia l'Europa

di Umberto Bianchi
Brucia, brucia e brucia ancora…mai, a memoria d’uomo, incendio si era visto così forte e resistente alle umane tecnologie…Eppure si sussurra che, in quel di Francia, come anche (almeno così dovrebbe essere…sic!) in San Pietro o al Duomo meneghino, siano in funzione dei quasi-infallibili sistemi di sicurezza; veri e propri micro-apparati con tanto di sensori collegati a centrali di pronto intervento…Ma di pronto qui sembra non esservi proprio nulla, salvo che un incendio bell’e scoppiato da ore ed ore ed inspiegabilmente indomabile. Media che profetizzano a voce bassa la distruzione di uno dei più bei gioielli architettonici del mondo, mentre qualcuno ci dice che questo già fu distrutto da un precedente incendio un secolo e passa fa ed abilmente ricostruito, come se questo fosse una consolazione tardiva a quello che, ora più che mai, sta assurgendo a simbolo del falò di un Occidente e di un’Europa profondamente malati. Malati della più insidiosa e schifosa forma di sifilide che una civiltà possa conoscere: quella del buonismo. Malati di una religiosità che tale non è più, oramai ridotta a puro e semplice fenomeno massmediatico, infarcito di belle parole, buone intenzioni e null’altro più, che non sia molle adeguamento ai ritmi vitali di un imperante materialismo economicista. Continua a leggere

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Denatalità, il problema cruciale

di Roberto Pecchioli
Denatalità, il problema cruciale
Fonte: Ereticamente
Se chiediamo a un campione di cittadini mediamente informati e di buona istruzione quale sia il problema più grave dell’Italia, otterremo una notevole varietà di risposte. Alcuni parleranno dell’immigrazione, moltissimi della disoccupazione, altri della perdita dei diritti sociali, qualcuno del declino dei principi morali, della corruzione e così via. La nostra tesi è diversa: la questione più rilevante è la denatalità. Un popolo che non fa figli è destinato a finire per consunzione biologica. Si trascina nell’egoismo, nella sfiducia del futuro, nella chiusura mentale, nel rifiuto stesso della vita. Poiché la natura ha orrore del vuoto e altrove la pressione demografica è immensa, qualcuno, fatalmente, ci sostituirà. La civiltà in cui siamo nati sparirà e l’Italia diventerà un concetto del passato. La studieranno sui libri di storia. Il presente intervento si pone un obiettivo: affermare che le culle vuote sono il problema più grave e urgente della nazione e le difficoltà economiche, finanziarie e sociali nelle quali ci dibattiamo hanno tra le cause scatenanti l’invecchiamento e la conseguente diminuzione della popolazione. Forse non è del tutto vero, come pensava Benito Mussolini, che il numero è potenza, ma certamente, in un tempo che aspira alla crescita infinita, perdere popolazione è un elemento di profonda debolezza, il segnale visibile del declino. Nel presente, solo gli argomenti legati all’economia o agli interessi riescono a convincere. Per questo rinunciamo alla mozione dei sentimenti, all’appello in favore della nostra civiltà, al patriottismo, alla necessità di salvare dall’estinzione la nostra nazione. La nostra tesi è che la continuità biologica del popolo italiano conviene, è il migliore investimento per il futuro, un grosso affare per tutti e per ognuno. Continua a leggere

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I Falsari della Nuova Scienza

di Roberto Pecchioli
I Falsari della Nuova Scienza
Fonte: Ereticamente
Conosciamo bene il livello di manipolazione raggiunto dalla cultura e dalla comunicazione contemporanea, dominata da pochi giganti, proprietà dell’oligarchia economica e finanziaria planetaria.  Allo stesso modo, ci siamo convinti della falsificazione ideologica delle cosiddette scienze umane, al servizio di un’antropologia interessata a creare l’uomo nuovo, il consumatore fluido e tendenzialmente transgender. E’ evidente che molte discipline che trattano temi sensibili come genere, sessualità, psicanalisi, identità razziale sono il terreno di autentici malfattori che hanno occupato il livello accademico facendo attivismo politico, ideologia, non certo cultura e tanto meno scienza.
Ciononostante, la realtà supera la fantasia; si resta a bocca aperta nel leggere gli incredibili retroscena di un articolo pubblicato sulla “prestigiosa” rivista americana Gender, Place and Culture. Vi si tratta dei parchi per cani, luoghi apparentemente innocenti dove il migliore amico dell’uomo può correre sicuro e felice, giocare e divertirsi. Secondo uno studio firmato dalla dottoressa Helen Wilson di una fantomatica Portland Ungendering Initiative, la realtà è assai più sinistra. I parchi canini, sostiene, sono luoghi completamente pervasi da una cultura oppressiva ed eteropatriarcale tesa alla violazione della natura, dove animali innocenti sono oppressi come riflesso diretto della violenza maschilista, strutturale nella nostra società. Continua a leggere

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Occidente, lo zoo di Babilonia

di Roberto Pecchioli
Occidente, lo zoo di Babilonia
Fonte: Ereticamente
L’ umanità dell’Occidente terminale ha trovato il suo destino, diventare lo zoo di Babilonia. Un ambiente falso, un parco tematico, una gabbia lussureggiante in cui gli animali sono prigionieri in una finta foresta, privati della naturale dignità per essere esposti allo sguardo meravigliato di una folla pagante che si muove lungo percorsi stabiliti, tra chioschi, punti di ristoro e gadget. La differenza con lo zoo degli animali selvaggi è che diventiamo spettatori di noi stessi. La cultura che ha scoperto il concetto di persona muore per aver accettato entusiasticamente la sorte zootecnica. Dal primato sulla natura, dalla certezza di aver avuto il dono della ragione e della consapevolezza di sé al triste futuro di specie zoologica. Bestie intelligenti d’allevamento senza l’innocenza dell’animale, a questo siamo ridotti.
Alexis de Tocqueville immaginò che l’idea di uguaglianza condotta alle estreme conseguenze, combinata con il miraggio di libertà illimitata, avrebbe estirpato ogni altra aspirazione dal cuore umano. A quasi due secoli dalle intuizioni del conte normanno, il percorso è compiuto. Scambiata la libertà con la liberazione, poi con il desiderio, infine con il capriccio, assunto come valore indiscutibile il postulato dell’uguaglianza, l’uomo occidentale si è incamminato per il sentiero più pericoloso, diventato un’autostrada priva di uscite, quello di una lotta senza quartiere alla natura, le sue leggi, i suoi limiti. Ha costruito una società della disgregazione, un ossimoro di cui siamo testimoni, in maggioranza ignari della sorte di mutanti. Continua a leggere

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Il futuro del Sovranismo

Il futuro del SovranismoUN’OPINIONE CIRCOSTANZIATA SU CUI RIFLETTERE
di Roberto Siconolfi
Fonte: Ereticamente
Tutto il movimento politico-ideologico legato allo schieramento sovranista/populista si muove in un contesto e su una serie di direzioni precise. Proseguendo per questa strada nuovi interrogativi vengono fuori, su scelte cruciali alle quali si può rispondere sia con l’alternativa secca oppure con l’affermazione di un’ondata ideologico-politica pluraleche pur avendo un’asse centrale ben distinto, contiene “diverse” se non addirittura “contrastanti” opzioni. Per quanto riguarda il contesto,partendo dall’aspetto più evidente, bisogna prendere atto della prosciugazione definitiva dell’area politica di sinistra ma più precisamente del marxismo. La morte di Domenico Losurdo incarna una fine simbolica di tutto il marxismo “intellettualmente onesto” col quale vale la pena ancora confrontarsi e col quale si possono trovare anche punti di convergenza per battaglie politiche molto concrete.  Stesso discorso può valere per determinate soggettività politiche, esponenti di quell’area. Tuttavia, bisogna prendere atto che il marxismo è completamente finito, e non per motivi di chissà quale portata storica. Esso ha raggiunto il suo punto minimo, lo“0” della sua parabola discendente.
La nuova epoca, il nuovo millennio, la possibilità di guardare con prospettiva storica ad ampio raggio deve portare, e porta già, per chi non se ne sia accorto, all’affermazione o meglio al “ritorno” di tutt’altri principii e valori che sarebbe più opportuno definire “spirituali”. L’inconsistenza e la “desolazione” della proposta “materialista” ed “economicista” del marxismo a confronto è ben poca cosa e non è nemmeno più sentita. Non a caso questi residuati bellici di intellettuali, gruppi e gruppuscoli vari, non sanno più che pesci prendere con la fase in atto. I peggiori di essi abbaiano fascista e razzista, i migliori ci presentano le solite pappardelle sulle rivoluzioni socialiste, con l’“economia al centro di tutto” e della “lotta di classe” come motore dei cambiamenti storici.  (…) Continua a leggere

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Il futuro del Sovranismo

di Roberto Siconolfi
Il futuro del Sovranismo
Fonte: Ereticamente
Tutto il movimento politico-ideologico legato allo schieramento sovranista/populista si muove in un contesto e su una serie di direzioni precise. Proseguendo per questa strada nuovi interrogativi vengono fuori, su scelte cruciali alle quali si può rispondere sia con l’alternativa secca oppure con l’affermazione di un’ondata ideologico-politica pluraleche pur avendo un’asse centrale ben distinto, contiene “diverse” se non addirittura “contrastanti” opzioni. Per quanto riguarda il contesto,partendo dall’aspetto più evidente, bisogna prendere atto della prosciugazione definitiva dell’area politica di sinistra ma più precisamente del marxismo. La morte di Domenico Losurdo incarna una fine simbolica di tutto il marxismo “intellettualmente onesto” col quale vale la pena ancora confrontarsi e col quale si possono trovare anche punti di convergenza per battaglie politiche molto concrete.  Stesso discorso può valere per determinate soggettività politiche, esponenti di quell’area. Tuttavia, bisogna prendere atto che il marxismo è completamente finito, e non per motivi di chissà quale portata storica. Esso ha raggiunto il suo punto minimo, lo“0” della sua parabola discendente. Continua a leggere

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Ponte di Genova, Nave Diciotti: corre la storia…

di Roberto Pecchioli
Ponte di Genova, Nave Diciotti: corre la storia…
Fonte: Ereticamente
Corre la storia. Esistono periodi in cui tutto sembra fermo, altri dove il movimento pare precedere il tempo e sfuggire alla comprensione. Le ultime settimane, in piene vacanze agostane, hanno prodotto un’accelerazione profonda, lasciato un solco significativo, segnato un prima e un dopo. Poco sarà come prima nel giudizio comune dopo il crollo del Ponte Morandi di Genova e la vicenda della nave Diciotti della nostra Marina.I fatti sono noti. Nel primo caso, un ponte costruito da soli 50 anni, unico mezzo di comunicazione tra le due parti della Liguria, proteso verso la Francia, si spezza e lascia sul terreno, dopo un volo spaventoso, oltre quaranta vittime, seicento sfollati, giacché quella struttura autostradale, gestita dal gruppo privato Benetton, posava direttamente sopra un quartiere popolare della città e minaccia di infliggere un colpo mortale all’economia di una regione che vive di turismo e di logistica dei trasporti.  Nel secondo, una nave italiana che incrociava nel Mediterraneo ha raccolto circa 180 eritrei i quali, all’arrivo a Catania, non sono stati sbarcati per ragioni di salute, sicurezza pubblica e per dare un ulteriore segnale di cambiamento nella politica nazionale dinanzi all’invasione di finti profughi provenienti dall’Africa con l’aiuto di imbarcazioni private ( le cosiddette Organizzazioni Non Governative) finanziate da chi organizza il traffico di esseri umani sotto la copertura di ragioni umanitarie. A seguito degli eventi catanesi, il ministro degli Interni in carica è indagato per sequestro di persona, abuso d’ufficio e arresto illegale. Marcello Veneziani ha intitolato un suo magistrale intervento “difendere gli italiani è reato”.
Il maggiore partito di opposizione, il PD architrave del sistema da 25 anni sotto diversi nomi, ha mobilitato i propri dirigenti a Catania a favore degli stranieri, ma ha brillato per la sua assenza a Genova dinanzi alla tragedia di una grande città italiana che, per inciso, ha sgovernato per oltre 40 anni, come PCI prima, PDS, DS e PD poi. I pochi esponenti visti ai funerali sono stati accolti da salve di fischi impressionanti, che hanno lasciato sotto choc la povera (si fa per dire) deputata Pinotti, fascinosa signora del partito in città, ex ministro della Difesa, dunque responsabile diretta per anni dei movimenti della Marina Militare nelle acque del Mediterraneo meridionale. Un osservatore del calibro del professor Meluzzi, ex uomo politico, ha tuonato contro l’alleanza di fatto tra il potere mediatico (tutto dalla parte del vecchio sistema), l’apparato tecnologico di dominazione (il mondo della rete, di Facebook, Google, Silicon Valley) e le oligarchie finanziarie. Ha dimenticato, per l’Italia, il grumo di potere giudiziario che da un quarto di secolo tiene in scacco la politica, cercando attivamente non solo di influire sulle scelte generali, ma addirittura di riscrivere la storia della nazione degli ultimi 75 anni. Continua a leggere

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Perché alle organizzazioni internazionali piacciono tanto le migrazioni?

di Ilaria Bifarini
Perché alle organizzazioni internazionali piacciono tanto le migrazioni?
Fonte: Ereticamente
“La migrazione può essere utile per tutti nella costruzione di società più inclusive e sostenibili. Globalmente, il numero di migranti internazionali ha raggiunto circa 258 milioni nel 2017, rispetto ai 173 milioni del 2000. La migrazione contribuisce alla crescita e allo sviluppo economico inclusivo e sostenibile sia nei paesi di origine che di destinazione. Nel 2017, i flussi di rimesse verso Paesi a basso e medio reddito hanno raggiunto $ 466 miliardi, oltre tre volte l’importo di APS (Aiuti pubblici allo sviluppo) ricevuto nello stesso anno. Le rimesse costituiscono una fonte significativa del reddito familiare, migliorando la situazione delle famiglie e delle comunità attraverso investimenti in educazione, sanità, servizi igienico-sanitari, alloggi e infrastrutture. Anche i paesi di destinazione ne traggono beneficio, poiché i migranti spesso colmano le lacune del lavoro, creano posti di lavoro come imprenditori e pagano tasse e contributi di sicurezza sociale. Superando le avversità, molti migranti diventano i membri più dinamici della società, contribuendo allo sviluppo della scienza e della tecnologia e arricchendo le loro comunità di accoglienza attraverso la diversità culturale.”
E’ quanto si legge nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, a firma del cinese Liu Zhenmin, sottosegretario generale per gli affari economici e sociali ONU. Dunque, rispetto al 2000 le persone che hanno lasciato il proprio Paese di nascita e ora vivono in altre nazioni sono aumentate di circa il 50% per cento (il 49% per l’esattezza) con un trend di continua crescita. Al di là dei toni ottimistici e irrealistici usati nel documento programmatico, possiamo estrapolare il presunto modello economico di sviluppo sostenuto dai fautori delle attuali migrazioni, che, a differenza di quelle passate, hanno raggiunto livelli massivi e seguono nuove direttrici. A innescare un ipotizzato circolo virtuoso di crescita sarebbero da un lato l’offerta da parte dei migranti di forza lavoro per richieste non soddisfatte da parte dei lavoratori locali, dell’altro il flusso di denaro inviato ai Paesi di origine, che verrebbe utilizzato non solo per alleviare la povertà familiare, ma per investimenti produttivi nel tessuto economico nazionale. Un modello virtuoso e foriero di crescita, accompagnato da una convivenza felice, quasi simbiotica, tra migranti e cittadini dei Paese d’accoglienza. Continua a leggere

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