C'era una volta la Fiat

QUINTA COLONNA

di Marcello Veneziani

Fiat fuit. Con la morte dell’ultima imperatrice, Marella Caracciolo-Agnelli, finisce la dinastia Fiat, tragicamente decimata dal destino. Nella sua figura regale si sintetizzava l’incontro della dinastia imperiale delle Auto e del Capitalismo nostrano con la dinastia principesca-editoriale dei Caracciolo, già proprietari de la Repubblica-l’Espresso. Per il mondo radical che l’ha salutata, la Signora era la sintesi perfetta dell’Impero Fiat e del mondo progressista-liberal. Così l’hanno ricordata Gianni Riotta, Nicola Caracciolo, Ezio Mauro ed altri. Marella Agnelli simboleggiava, con classe e sensibilità, va detto, l’incontro tra la saga padronale e il mondo della sinistra venuto dal comunismo, dalle lotte operaie contro i “padroni”. Fiat e Martello, auto, aiuti di Stato e stampa progressista. Poi, magari la signora aveva altre sensibilità, amava l’Oriente, Jung e Hillman, pativa con ammirevole self control, alcune intemperanze di suo Marito, il Re Gianni. Ma viene celebrata nel suo ruolo di cerniera tra il mondo dei ricchi e la sinistra, tra il piccolo mondo snob e la sinistra a mezzo stampa. Continua a leggere

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Quando l'Europa fu colpita al cuore

 
QUINTA COLONNA

di Marcello Veneziani
A proposito d’Europa. Ma avete sentito qualcuno ricordare che il 15 febbraio del 1944 il simbolo della civiltà cristiana d’Europa fu distrutto da una pioggia di 576 tonnellate di bombe sganciate da 227 fortezze volanti angloamericane? E lo scempio continuò per giorni e poi riprese a metà marzo. Parlo dell’Abbazia di Montecassino fondata nel 529 da San Benedetto, patrono d’Europa, dove i monaci all’insegna di ora et labora misero in salvo le radici classiche d’Europa: l’opera di Platone e Aristotele, di Ovidio e Virgilio, di Plotino, i codici, la geometria. Continua a leggere
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Il patto scellerato sulla droga

QUINTA COLONNA

di Marcello Veneziani
C’è una campagna strisciante e pervasiva nel nostro Paese che vuol rendere “normale” la diffusione della droga. È una campagna che passa dalla proposta ripresentata in Senato di legalizzare la coltivazione e la vendita dell’hashish e della marijuana, cavallo di battaglia di sinistre, radicali, liberal e grillini “fumati”. Si sono moltiplicati in breve tempo e in ogni angolo i negozi dedicati alla cannabis (intorno a casa mia ne sono sorti in pochi mesi 5 o 6). Senza dire dei messaggi quotidiani sulla droga tra canzoni, film, letture. Eppure una percentuale altissima di atti criminali, violenze sessuali o incidenti stradali è accompagnata da quelle pratiche: spaccio, uso, stati d’alterazione, necessità di procurarsi la droga.
La droga è il Gran Rimosso della nostra vita pubblica perché è il punto di confluenza di due aspetti politicamente sensibili: i racket dell’immigrazione clandestina (dalla mafia nigeriana in giù) e la diffusione di una visione libertaria, libertina e permissiva. Da una parte la manovalanza massiccia di migranti, soprattutto neri, nello spacciare e procurare la droga e dall’altro un modello di società radical, trasgressiva, anti-proibizionista che deriva dai piani alti della nostra società, dal nichilismo diffuso oltre che dal cinismo degli imprenditori di morte. Sulla droga la libertà psichedelica del “tutto è permesso” di matrice sessantottina, dove i diritti sconfinano nei desideri, s’incontra con l’accoglienza illimitata di migranti che per fame ed estraneità al territorio sono facilmente reclutabili nel racket. Continua a leggere
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Verrà il giorno ma non sarà domani

 

Verrà il giorno che la Lega si separerà dai 5Stelle ma non è oggi e non sarà domani. Ma prima di parlarne fotografiamo la situazione. Se ci fate caso, la politica italiana in questo momento è la rappresentazione perfetta dei quattro cantoni.
Nel primo cantone c’è la Lega, al suo fianco, nel cantone sinistro, ci sono i 5stelle, al fianco destro c’è Forza Italia, nel cantone opposto c’è la sinistra. Cambiando punto di osservazione, le vicinanze e le lontananze tra le forze in campo restano invariate. Un quadrilatero perfetto, anche nelle misure intermedie. Fratelli d’Italia, per esempio, è collocata a metà strada tra la Lega e Forza Italia. Più Europa dei liberal-radicali è a metà tra Forza Italia e la sinistra. Anche Liberi e Uguali è a metà tra il pauperismo radical dei grillini e la sinistra del Pd. Tra la Lega e i grillini a metà non c’è nessun movimento intermedio perché nel mezzo c’è già il governo, c’è Conte.
Ogni forza politica può al limite allearsi con uno dei due cantoni che ha accanto, ma non con entrambi né mai con quello che ha di fronte, che è il suo opposto. Il nemico principale della sinistra è infatti la Lega, e viceversa. Il nemico principale di Forza Italia sono i grillini, e viceversa. È l’esatta rappresentazione della politica italiana. Ecco i quattro cantoni: il polo sovranista, il polo populista, il polo liberal-popolare, il polo sinistro-dem. Continua a leggere

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Sanremo-Marocco

 

Ma se si fosse chiamato Michele, se fosse stato perdutamente italiano, se il suo genere musicale non fosse stato il Marocco pop, come lui stesso lo definisce, Mahmud o Mahmood avrebbe vinto Sanremo? Non sono un esperto di canzoni, non seguo Sanremo, non pretendo di giudicare una canzone. E trovo Mahmud un ragazzo simpatico, e probabilmente un bravo cantante. Ma se la giuria popolare aveva indicato un altro cantante, se la platea di Sanremo è insorta per il verdetto, se i mass media davano per favorite altre canzoni, se i critici non avevano ritenuto che la canzone del ragazzo italo-egiziano svettasse sulle altre, allora mi chiedo: qual è il valore aggiunto, la ragione decisiva del premio a Mahmud? È il messaggio, come già hanno cominciato a dire i media, ossia premiare un ragazzo di nome Mahmud, metà italiano e metà egiziano, il suo stile canoro arabo, il suo genere Marocco-pop. Fosse stato il più bravo, il migliore, nulla da eccepire. Ma è il messaggio che giustifica il premio.
Del resto che quel ragazzo, nel giro di due mesi, con sua somma sorpresa, come ha candidamente detto ai microfoni, vinca prima Sanremo giovani e poi Sanremo-Festival, non vi fa capire che la motivazione determinante sia proprio quella? Quel messaggio è sempre – ma guarda un po’ – una prevedibile polemica col tempo di Salvini e gli sbarchi negati dei migranti. Continua a leggere

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Una ragazza istriana

QUINTA COLONNA

di Marcello Veneziani
Vorrei raccontarvi una storia dolce e cruenta, tragica e lieve. E vera. Mi telefonò un’anziana signora, presentandosi come profuga giuliana e chiese di incontrarmi perché voleva darmi dei documenti sulla guerra civile del ‘45. Chiese d’incontrarmi di mattina, perché così sarebbe sfuggita al controllo di figli e nipoti, mi disse col tono complice di un’adolescente. Ci incontrammo in un caffè. Stringeva tra le mani il giornale su cui scrivo, come un segno di riconoscimento e forse di riconoscenza, e tradiva una cordiale emozione, trattenuta dal garbo di una stagionata educazione. Subito raccontò la storia che le gonfiava il cuore.

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Foibe e fobie

QUINTA COLONNA

di Marcello Veneziani

Ricominciamo male con le Foibe e l’Esodo. A pochi giorni dalla Giornata del Ricordo si profilano tre gradi di oblio sulla tragedia degli istriani, dei giuliani e dei dalmati: i negazionisti, come l’Anpi di Rovigo, che reputano le foibe una pura invenzione nazional-fascista; i deviazionisti, che ne fanno un piccolo incidente dovuto a una grande ingiustizia subita, come gli Antifascisti di Parma che dedicano il 10 febbraio a “Foibe e Fascismo”, suggerendo che la colpa – ma guarda un po’ – è sempre del fascismo; infine i dimenticazionisti, quelli che tacciono; e se impegnati tornano ancora sulla Shoah, se evasivi ripiegano su Sanremo. La fobia delle foibe.

A me, vi confesso, non piace parlare di foibe, e ancor meno mi piace contrapporle all’eccesso mediatico-istituzionale sulla Shoah. Non mi piacciono queste partite sul dolore e non mi piace evocare la storia per associarla solo all’orrore. Tantomeno mi piace identificare due parole belle e dolci come memoria e ricordo, l’una che richiama alla mente e l’altra al cuore, con tremendi massacri. Non mi piace applicare il manuale Cencelli agli orrori. E poi sono tragedie incomparabili. Come catastrofe umanitaria la Shoah giganteggia. Se invece parliamo in relazione alla storia italiana, sono morti più italiani nella foibe (dai 12 ai 15mila) che nei lager nazisti (circa 6 mila di ebrei italiani su 7.200 deportati, in base al Libro della Memoria – ed. Mursia, a cura di Liliana Picciotto, che ne riportava tutti i nomi). Il paragone comunque è improprio e ferisce la memoria di entrambi, soprattu Continua a leggere

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E se nascesse il Partito del Papa?

LA RIEDIZIONE AGGIORNATA DEL “PARTITO DI MONTINI” È IN CANTIERE?

Prima o poi il Partito Popolare rinascerà. Lo farà Romano Prodi, o il suo erede, Enrico Letta; lo farà Berlusconi, o il suo Antonio Tajani del momento, o lo faranno insieme, i rivali di ieri, all’ombra del PPE che già li unisce. Ma alla fine qualcosa del genere si farà, pensando all’Europa e ai sovranismi, più che a don Sturzo e al centenario del Partito Popolare. Però mentre i tirannosauri del popolarismo si muovono lentamente, indugiando e tergiversando, qualcuno sta bruciando le tappe. È la Chiesa di Bergoglio, è la Chiesa del Cardinal Bassetti, a capo della Conferenza episcopale italiana, è la Chiesa di Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna. Se il Partito Popolare lo fondò un prete perché non dovrebbe pensarci ora un prelato anziché un politico?
La novità è che un Partito del Papa, ossia un Partito dei Cattolici sotto l’egida di Bergoglio avrebbe solo una cosa in comune col Partito Popolare prodiano e/o berlusconiano: nascerebbe contro la presente maggioranza, per sbarrare la strada ai populismi, ai nazionalismi e ai sovranismi. Ma dopo questa concordanza, il Partito del Papa sarebbe inevitabilmente il Partito dell’Accoglienza, il Partito Pro-Migranti, la prosecuzione della Caritas e della Comunità Sant’Egidio in politica. Al limite, sarebbe il partito di Gino Strada e di Mimmo Lucano, per capirci. Una cosa assai diversa da quello che fu da noi il Partito dei cattolici, la vecchia Dc. Continua a leggere

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Un film già visto

QUINTA COLONNA

di Marcello Veneziani

SMS è il nome in codice di Sinistra Magistrati Stampa, il serpentone trasversale che ci dice cosa dobbiamo pensare, chi dobbiamo condannare e come dobbiamo indignarci. L’Sms ci dice ogni giorno che stiamo vivendo sotto il peggiore dei regimi possibili, nel peggiore dei tempi possibili, sotto il tallone di un criminale in divisa di nome Matteo Salvini che va subito processato. Ma questo film horror mi pare di averlo già visto. E così sono tornato con la memoria all’inizio del presente decennio. La scena era totalmente diversa, i protagonisti pure.
Il peggiore dei regimi possibili in quel tempo pessimo era il centro-destra e il tallone del criminale, con alzatacco, era quello di Silvio Berlusconi. Non era diverso l’allarme, l’accanimento, l’odio per un’altra emergenza democratica, un’altra situazione “senza precedenti”. Vivevamo anche allora in “una dittatura sudamericana”, populista e malandrina, eravamo anche allora fuori dall’Europa, dalla Modernità e dalla Democrazia, e naturalmente fuori dalla legalità. Continua a leggere

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Ama Dio più di tuo fratello

QUINTA COLONNA

di Marcello Veneziani

Se avete nostalgia degli dei andate a vedere Il Primo Re, un gran film su Romolo, Remo e la nascita di Roma sotto il fuoco divino. Di solito se vai al cinema a vedere un film storico, ti trovi il solito refrain: il passato viene adattato all’oggi, attualizzato e ideologizzato, parlano di Enea come un migrante clandestino, Spartacus come un Landini dell’antichità, la storia è rivista col metro piccino del presente: vedi femministe in erba, omosessuali liberati, schiavi sindacalizzati e negri sempre buoni e generosi. Il male viene rappresentato come il fascismo degli antichi, il nemico è un nazista ante litteram.
Se invece pensate che la storia antica debba essere rappresentata in tutta la sua gloriosa e cruenta distanza dal presente, il Primo Re è il capolavoro che aspettavate. Il cinema è l’officina del mito nei nostri tempi e il Primo Re lo esprime in pieno, senza edulcorare la durezza del passato. Nel film si avverte già nella scelta del linguaggio protolatino il rispetto per i quasi tremila anni che ci separano dal tempo in cui fu fondata la Città Eterna. La presenza del sacro, delle forze elementari della natura, l’irruenza dei legami primari per la vita e per la morte, la forza del comando e il timor di dio, l’importanza rituale del sacrificio, del sangue e del fuoco, la sottomissione ai verdetti del fato, l’aura e il mistero, sono l’orizzonte in cui si sviluppa questa straordinaria rappresentazione di un amore fraterno, potentissimo, che volge in fratricidio per volontà divina. Continua a leggere

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