Il solito, noiosissimo 25 aprile

Nel solito noiosissimo 25 aprile le istituzioni fanno di tutto per affermare ciò che non fu (Mattarella si è affannato addirittura di parlare di “secondo Risorgimento”), una sparuta minoranza tenta invano di ricordare i caduti di chi fu sconfitto nella speranza di non essere criminalizzata, e in mezzo c’è una bella fetta del popolo italiano di cui, della cosidetta “liberazione” non frega assolutamente nulla. Ovviamente la sparuta minoranza suscita indignazione per una banalissima ode a Mussolini, mentre se qualcuno vandalizza una sede di un partito politico augurando la morte al suo leader si può far passare tutto sotto silenzio. E vabbé, anche questo è il 25 aprile. Tutto già scritto, dai tempi dell’esistenza dei social ancora più evidente. Per quanto la mia esperienza non possa valere in generale, mi senso in dovere di raccontarla. Anni fa, quando Facebook era ancora nella fase “embrionale”, non si contavano post e stati esaltati sulla “liberazione” e sul 25 aprile. Di persone che mi attaccavano (talvolta anche violentemente), pur essendo io nullo a livello di riscontri social rispetto a quanti ne ho adesso (che non sono molti ma comunque sensibili). Stati pubblici, leggibili da tutti. Nel corso delle ricorrenze successive, alcuni di questi stati venivano copincollati da quelli degli anni precedenti, in qualche caso anche sulle bacheche di qualche giornalista mediamente famoso che ho anche conosciuto personalmente. Da due o tre stagioni invece i post sono spariti del tutto: magari qualcuno riapparirà come reazione polemica a questa mia riflessione provocatoria (ammesso e non concesso la leggeranno mai), qualcun’altro continuerà a rimanere nell’improvvisa indifferenza in cui si sono trovate le manifestazioni social sulla “guerra partigiana”. Ora, io non credo che esprimersi sui social corrisponda perfettamente al sentire di un individuo, per carità: ma una serie di individui è già tutt’altra questione ed è un elemento decisamente più indiziario, che quanto meno porta alla riflessione. Al 25 aprile non credono nemmeno quelli che dicono di crederci: qualcuno sì, ma si tratta di una ristrettissima minoranza. A costoro dico ciò che ho sempre detto negli anni: non si può forzare la natura. Questa ricorrenza morirà perché le mancano le basi spontanee di appoggio. È da vedere quando avverrà, ma morirà. Quindi godetevi questo teatrino finché potete. Ovviamente questo non cambia nulla sullo stato di fatto, ossia sull’intoccabilità della “festa” in sé. Una data inutile che non ci permette di superare fascismo e antifascismo e ricominciare dalla cosa più importante: l’Italia.
FONTE: https://oltrelalinea.news/2019/04/25/il-solito-noiosissimo-25-aprile/
 

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Strage di cristiani in Sri Lanka, per i dem sono “adoratori di Pasqua”

“Adoratori di Pasqua”. Come se il termine “cristiani” fosse una parolaccia. Così vengono definite le oltre 290 vittime della strage compiuta in Sri Lanka, perpetrata tramite esplosioni in diversi luoghi di culto. A questo sono arrivati i dem americani, da Hillary Clinton a Barack Obama, per non dimenticare l’ex membro del gabinetto di governo Jùlian Castro.
Strage di cristiani in Sri Lanka, per i dem sono "adoratori di Pasqua"
Strage di cristiani in Sri Lanka, per i dem sono "adoratori di Pasqua"
Strage di cristiani in Sri Lanka, per i dem sono "adoratori di Pasqua"
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Pasqua, gli auguri alle ONG di Saviano

Quando lui fiata, i Sovranisti e gli identitari aumentano i consensi. Datene, dunque, ampia pubblicità…

Natale, Capodanno, un premio per una sceneggiatura, ogni occasione per Roberto Saviano è buona per mettere in mezzo le ONG.  Stavolta il momento propizio sono gli auguri di Pasqua. “A chi sta resistendo a questo buio”, dice lo scrittore.

 Insomma come la “compagna di lotta immigrazionista” Michela Murgia, per Saviano non esiste ormai altro modo di celebrare ricorrenze – ammesso che gli interessi davvero qualcosa – se non attraverso la sponsorizzazione dell’immigrazione e dell’accoglienza senza freni di praticamente ogni persona prenda un barcone dalla Libia.“Le idiozie e le bugie del populismo” è sicuramente la parte della “dedica” che suscita maggiore ilarità. Quali sarebbero queste idiozie resta un mistero, di fronte al numero di morti indiscutibilmente crollato dopo la politica dei “porti chiusi” e la provenienza dei cosiddetti rifugiati che non è mai la Libia e, come abbiamo spiegato in un altro articolo, non potrà mai esserlo. Sebbene molti ancora non recepiscano le prove fotografiche, le statistiche, e soprattutto la funzione che la Libia stessa ha come hub di smercio di esseri umani in Europa da 8 anni a questa parte.
Noi, comunque, ci permettiamo di insistere e di ripubblicare le ragioni di una situazione ormai cristallina, chi non vuole vedere la realtà è liberissimo di continuare a farlo.

fonte – https://oltrelalinea.news/2019/04/22/pasqua-gli-auguri-alle-ong-di-saviano/

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Danimarca, guerra multietnica: 23 arresti. Media in silenzio

Siamo in Danimarca. E’ possibile che un gesto provocatorio scateni una guerra multietnica? A quanto pare sì. Un libro caduto a terra. un Corano, sacro per qualcuno, logicamente meno importante per altri. Gesto provocatorio quello di Rasmus Paludan, avvocato e attivista di un partito di destra, Stram Kurs, che lotta dalla sua fondazione contro l’immigrazione di massa. Gesto magari criticabile, sicuramente un po’ sopra le righe.
Ma di violenza non c’è traccia. Quella la scatenano i “danesi di importazione”, mettendo a ferro e fuoco la città, incendiando 70 automobili, distruggendo vetrine. Naturali gli scontri con la polizia, che ha dovuto reagire in vari modi, utilizzando i lacrimogeni e arrestando 23 persone.
 
Guarda caso il luogo di questo meraviglioso teatro di pace tra popoli è un quartiere multiculturale: Nørrebro, nella capitale Copenaghen, in cui un abitante su 6 non possiede il passaporto danese. Niente di paragonabile a Malmoe o ad altre comunità della Svezia o del Belgio, ma diciamo che si stanno facendo significativi passi avanti.
In ogni caso, Paludan voleva ripetere il gesto, ma è stato frenato dalla polizia che lo ha intimato ad evitare ulteriori provocazioni. Ovviamente, silenzio totale sui media italiani, che tacciono sulla vicenda. Sarà il caso di Notre Dame a concentrare tutte le attenzioni? Può darsi, ma siamo convinti che qualche naufragio al di fuori delle acque di competenza italiane sarebbe stato lanciato sul web con una certa decisione.Danimarca, guerra multietnica: 23 arresti. Media in silenzio
FONTE – https://oltrelalinea.news/2019/04/16/danimarca-guerra-multietnica-23-arresti-media-in-silenzio/

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Notre Dame, OPEN prova a smentire la gioia social degli islamisti: ma è un flop

Chi legge il web conoscerà senz’altro quel fenomeno di David Puente. Il “debunkatore” ufficiale di Open, quello che sbufala anche situazioni insbufalabili, una firma che si posa come una pietra – o per meglio dire come un ape sovrappeso – su tutte le questioni più inutili della rete. Ebbene, a questo giro Puente se la prende con chi, come noi, ha riportato la notizia delle reazioni a dir poco agghiaccianti dei presenti di origine islamica all’incendio della cattedrale di Notre Dame. Ha la buona pace di non chiamarla “bufala”, perché i numeri sono talmente incontestabili da far rabbrividire i polsi (si parla di migliaia di reazioni divertite, espresse sia in commento che con faccina, ai video della cattedrale in fiamme), ma cerca comunque di dargli una giustificazione diversa da quella che tutti abbiamo immaginato, come vediamo nell’immagine sotto. Continua a leggere

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Notre Dame, gli islamisti esultano sul web

L’incendio di uno dei simboli della cristianità europea, Notre Dame, fa “godere” gli islamisti. Che sul web esultano impunemente e senza il minimo ritegno. Come conferma Il Messaggero, la notizia viene data da Site, dopo che aveva iniziato a rimbalzare da un social all’altro. È un copione che si ripete: quando l’Occidente soffre, come nel caso degli attentati terroristi di matrice islamista, arriva l’esultanza della parte più fondamentalista dell’Islam radicale.
Notre Dame, gli islamisti esultano sul web
Sono numerosi, secondo il Site, i profili collegati ad account di islamisti dai quali vengono condivise foto dei media che mostrano le fiamme e il fumo che si alza dalla cattedrale di Parigi, immagini accompagnate da commenti in cui si esprime gioia per la tragedia che ha colpito la capitale francese. Continua a leggere

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Notre Dame in fiamme: altre chiese sono state incendiate nei giorni precedenti

Incidente o attentato? A seguito dell’incendio che ha divorato la cattedrale di Notre Dame sono in molti a interrogarsi sulla natura del disastro che ha interessato il luogo simbolo della cristianità francese. Ci sono però dei precedenti, come riporta Le Parisien, altre chiese sono state incendiate nell’ultimo periodo. Di seguito riportiamo un fatto di cronaca accaduto domenica 18 marzo 2019 appositamente tradotto dal giornale francese.

L’incendio nella chiesa di Saint-Sulpice non è stato casuale

Per la polizia, secondo le prime fonti: le fiamme che hanno danneggiato l’ingresso alla chiesa di Saint-Sulpice a Parigi domenica pomeriggio non sono casuali. “Il fuoco viene da una pila di vestiti e gli abiti non si accendono da soli”, racconta una fonte della polizia.
L’origine dell’incidente è, secondo le prime conclusioni del laboratorio centrale del quartier generale della polizia, “doloso” e “volontario”. “Un individuo aveva acceso e gettato uno straccio pochi giorni prima su rue Palatine“, ha detto il sindaco  del VI Jean-Pierre Lecoq.

Insediamento o attacco?

Si tratta di una liquidazione dei conti tra senzatetto (gli abiti appartenevano a un senzatetto al momento del disastro) o un deliberato attacco all’edificio cattolico? Questo dubbio attanaglia gli utenti sui social network.
Diverse chiese sono state profanate nelle ultime settimane. L’indagine rimane nelle mani della stazione di polizia del 6 ° arrondissement e, per ora, non è stata affidata alla polizia giudiziaria.
La diocesi di Parigi, da domenica, rimane cauta e continua a non commentare.

“La chiesa di Saint-Sulpice è stata incendiata. Non sappiamo in questa fase le ragioni e aspettiamo i risultati delle indagini in corso. Abbiamo piena fiducia nella Prefettura di Polizia. Ringrazio personalmente i poliziotti e i vigili del fuoco per la loro professionalità”, ha detto l’arcivescovo di Parigi sul conto Twitter della diocesi.

Gli spettatori hanno dato l’allarme

Il risultato avrebbe potuto essere più serio visto che un concerto d’organo si svolgeva proprio nel momento degli eventi. “Sono stati gli spettatori a sentire le fiamme e a dare l’allarme”, dice Karen Taieb, vice sindaco di Parigi a capo del patrimonio.
Non ci sono vittime ma danni materiali. “All’interno, nessun danno è visibile. Ma la porta del XVIII secolo su Palatine Street, una vetrata e un bassorilievo sono state gravemente danneggiati dalle fiamme. Fortunatamente, la pesante porta di quercia ha svolto il suo ruolo di firewall, sospira Karen Taieb. Anche la tromba delle scale è scomparsa tra le fiamme.
“La città di Parigi pagherà tutti i costi di riparazione e restauro“, afferma Karen Taieb.
fonte – https://oltrelalinea.news/2019/04/15/1incendio-di-notre-dame-altre-chiese-sono-state-incendiate-nei-giorni-precedenti/

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L'odio anglosassone per l'antica Roma

L’ideale del politicamente corretto che spesso sfocia nell’odio, politico e non, per chi si allontana dal pensiero unico omologante ha inserito nel proprio mirino la gloria dell’impero romano.
La colpa originaria degli italiani resta l’esteromania che spesso sfocia in una vera e propria esterofollia. Sulla divulgazione scientifica e storica in particolare se si eccettua il grande lavoro di Alberto Angela (premiato dagli ottimi ascolti) i canali televisivi si affidano sempre più spesso a produzioni straniere dalle scarse attinenze storiche. Due gli esempi lampanti: la serie tv “Britannia” andata in onda su Rai 4 e il ciclo di documentari “Gli 8 giorni che fecero Roma” trasmesso da Focus.
Partendo dalla prima, conclusasi da poco sulle emittenti in chiaro della Rai, è facile riscontrare una banalità e confusione completa nell’impostazione della stessa. I 9 episodi che la compongono non chiariscono se si tratti di una serie storica, fantascientifica o solamente più romanzata. Quel che è certo è che la serie statunitense e britannica, co-prodotta dai colossi Amazon e Sky, descrive l’impero romano e le sue legioni sotto l’amministrazione di Claudio come intimorite dai druidi e dalle popolazioni che abitavano l’isola a nord dell’allora Gallia nonostante la superiorità militare.
Tralasciando la solita intromissione di attori di colore (un po’ troppi per essere tutti legionari romani con tanto di nomi latini) appare impossibile anche il benché minimo paragone con un’altra serie tv che dipinse al meglio un’epoca appena precedente a questa: Roma co-prodotta da Hbo, BBC e Rai Fiction e girata negli studi di Cinecittà tra il 2005 e il 2007.
Il ciclo di documentari è stato, invece, presentato come uno dei punti di forza del nuovo canale Mediaset gratuito dedicato alla divulgazione culturale il cui curatore dei contenuti è il noto Roberto Giacobbo, già conduttore di Voyager sulle reti Rai e ora di “Freedom- Oltre il confine” su Rete 4. Appena mandate in onda le prime puntate de “Gli 8 giorni che fecero Roma” hanno ricevuto così tante critiche di faziosità da costringere immediatamente alla sospensione del programma. Continua a leggere

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Vietato criticare Soros: Roger Scruton licenziato

Come riporta Gli Occhi della Guerra, il noto filosofo e scrittore Roger Scruton, 75 anni, professore all’Università di Buckingham, è stato licenziato con effetto immediato dalla presidenza della commissione “Building better, building beautiful”, dipendente dal ministero dei Lavori pubblici.
L’accademico è finito nella bufera per via di un’intervista rilasciata al NewStatesman. Roger Scruton ha spiegato che “chiunque non pensi che ci sia un impero di Soros in Ungheria non ha osservato i fatti” e che è “un’assurdità” accusare il primo ministro ungherese Viktor Orbán di antisemitismo. Lo stesso vale per le accuse di islamofobia rivolte a Orbàn. “Gli ungheresi erano estremamente allarmati dall’improvvisa invasione di enormi tribù di musulmani provenienti dal Medio Oriente”. L’islamofobia è, ha sottolineato, “una parola di propaganda inventata dai Fratelli Musulmani per fermare la discussione su un problema importante”.

Roger Scruton licenziato dopo un’intervista

L’accademico ha anche criticato l’ascesa della Cina: “Stanno creando dei robot dal proprio popolo, ogni cinese è una specie di replica del prossimo e questa è una cosa molto spaventosa”. E sulla globalizzazione e il libero mercato: “È scandaloso che Amazon non paghi alcuna tassa in questo Paese, o quasi nulla, ma operi dal Lussemburgo, che è un piccolo Paese di latta, che sembra avere sempre più potere su di noi. Si sarebbe potuto fare molto di più per disciplinare gli affari internazionali”.
A seguito dell’intervista, il governo inglese lo ha licenziato con effetto immediato dalla presidenza della commissione “Building better, building beautiful”, dipendente dal ministero dei Lavori pubblici. Ruolo che ricopriva a titolo gratuito. “Il professor Scruton – ha sottolineato un portavoce del ministero – è stato licenziato con effetto immediato per i suoi commenti inaccettabili”.
La dittatura del politicamente corretto è realtà.
FONTE – https://oltrelalinea.news/2019/04/13/vietato-criticare-soros-roger-scruton-licenziato/

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Ungheria: linea dura, nessuna concessione a Soros

L’Ungheria non ha alcuna intenzione di mediare con l’Ue e con il finanziere George Soros. Secondo un portavoce del governo, Budapest non allenterà le regole per le università internazionali nonostante le pressioni dell’UE e le offerte dalla Germania di mediare sull’Università fondata da Soros.
“Non c’è alcun cambiamento nella nostra visione principale”, ha detto alla Reuters il portavoce del governo Zoltan Kovacs. “Non cambieremo le leggi e i regolamenti che regolano l’istruzione superiore in Ungheria. Operiamo ancora su questa base”.
L’Università dell’Europa centrale, istituita da George Soros, trasferirà parte dei suoi corsi in Austria a partire da settembre a causa delle restrizioni introdotte dal governo ungherese.
La disputa fra Viktor Orbàn e Soros è uno dei temi principali che hanno portato alla sospensione di Fidesz da parte del Partito Popolare Europeo prima delle elezioni di maggio.
Come racconta IlGiornale.it, alla fine di dicembre Gerorge Soros e la sua università sono costrette ad abbandonare Budapest dopo le norme varate dal governo ungherese contro le attività dell’ateneo tanto criticato. Da settembre 2019 la Cue aprirà i battenti a Vienna, in Austria. E chissà come verrà accolta.
Da subito sono montate le proteste dei rappresentati dell’Università di Soros. “La Ceu è stata espulsa. Un’ istituzione americana è stata cacciata da un paese che è alleato della Nato. Un’ istituzione europea è stata estromessa da un paese membro dell’Ue”, ha urlato ieri Michael Ignatieff, presidente della Ceu, in un comunicato ufficiale pubblicato sul sito internet dell’ateneo.
fonte – https://oltrelalinea.news/2019/04/13/ungheria-linea-dura-nessuna-concessione-a-soros/

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