di Baronio
Nella Via Crucis il fedele accompagna il Signore negli ultimi momenti della Sua vita terrena, dalla condanna a morte alla deposizione dalla Croce. In questo pio esercizio, che assume un valore ancor più emblematico nel giorno stesso in cui la Chiesa commemora la Passione e Morte del Salvatore, ci si rivolge a Nostro Signore, Lo si contempla con compassione, si meditano i Suoi Dolori e quelli della Sua Santissima Madre: tutto converge sul Redentore sofferente, flagellato, coronato di spine, caricato della Croce, trafitto dai chiodi, trapassato dalla lancia. E si ripete, da secoli: Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi: quia per sanctam Crucem tuam redemisti mundum. É sulla Croce che Cristo che ha salvato il mondo, e solo unendosi alla Passione redentrice ogni Cristiano può partecipare – con le proprie sofferenze, con i propri sacrifici, con le prove che Dio gli concede – ai frutti di grazie che il Figlio di Dio ha conquistato in riscatto della colpa di Adamo e dei nostri peccati.
La celebrazione della Via Crucis che si terrà nel Venerdì di Parasceve di quest’anno alla presenza di Bergoglio sposta la centralità del rito, in modo direi blasfemo, dal Cristo sofferente alle vittime dell’immigrazione, agli annegati nel Mediterraneo, ai profughi che fuggono da quella povertà di cui sono responsabili proprio coloro che rifiutano Cristo e la Chiesa. E che sono parimenti responsabili del piano di invasione di un’Europa, che della Carità cristiana e dell’assistenza ai poveri, ai miseri, ai bisognosi è stata esempio per secoli, finché le orde rivoluzionarie non le hanno sottratto con la violenza i mezzi con cui compiere la propria opera di assistenza materiale e spirituale. Poiché di Carità si parla, non di solidarietà: sorda parodia laicista e massonica della più alta delle Virtù teologali, che parte dall’amore di Dio per giungere all’amore del prossimo per amor Suo.