Croazia, dalla fossa comune emergono i corpi dei soldati della X Mas

Grazie alla collaborazione tra il governo italiano e quello croato, ad Ossero, sono stati riesumati i corpi probabilmente appartenenti ad un manipolo di soldati della X Mas trucidati dai titini
Riportati alla luce, dopo settantaquattro anni oblio, dalla fossa comune che li aveva inghiottiti, senza gloria né onori, senza scarpe né uniformi.

 Erano lì, dietro al cimitero di Ossero, sull’isola di Lussino, quando ancora non era Croazia, e tutti sapevano. C’è comunque voluto più di mezzo secolo perchè si avverassero le condizioni necessarie al loro recupero. Erano gli uomini della Decima flottiglia Mas, inviati dal principe Borghese come ultimo disperato argine all’avanzata dell’esercito Jugoslavo.

Una quarantina in tutto quelli di stanza a Lussino, a difesa delle località di Zabodaschi e Neresine. A Zabodaschi si arresero e vennero deportati nei gulag. Neppure una manciata furono quelli che poi riuscirono a tornare a casa. A Neresine invece provarono a resistere, asserragliati in un’ex caserma dei carabinieri e in netta inferiorità numerica, fino all’ultima pallottola. Chi sopravvisse alle scariche dei partigiani e non decise di usare l’ultimo proiettile per sé, venne condotto ad Ossero. Costretto a scavarsi la fossa, scalzo, venne fucilato e ricoperto di terra. Era il 21 aprile del 1945.
A dare la notizia della riesumazione di una trentina di corpi non ancora identificati è la FederEsuli che nel 2008, in quel luogo, già aveva apposto una lapide con l’elenco dei caduti. “Anche se quei poveri resti, a tutt’oggi, risultano essere ufficialmente di persone ignote, per tutto il mondo dell’esodo lo scavo della fossa di Ossero rappresenta un successo, seppure amaro, conseguito a decenni di distanza ed ottenuto grazie all’insistenza delle associazioni che hanno da sempre richiesto di onorare i propri caduti”. Continua a leggere

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Guerra all'Iran: si comincia con una fake news

dal Giornale:

Un ex membro delle forze armate iraniane ha in questi giorni denunciato l’esistenza di solidi legami” tra Teheran e Al Qaida. Said Qasemi, ex portavoce dei Guardiani della rivoluzione khomeinista, è stato di recente intervistato dall’emittente di Dubai Al Arabiya e ha affermato che il sodalizio tra il regime degli ayatollah e la sigla fondata da Osama bin Laden si sarebbe costituito negli anni Novanta, durante i conflitti interetnici nell’allora Jugoslavia. Nel corso di tali guerre civili, le autorità del Paese asiatico avrebbero fornito documenti contraffatti, denaro e addestramento militare ai seguaci dello “sceicco del terrore”, allora impegnati nei Balcani ad affiancare le milizie musulmane bosniache contro i nazionalisti serbi e croati.

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fonte – https://www.maurizioblondet.it/guerra-alliran-si-comincia-con-una-fake-news/

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Emmanuel Macron, la prova della vergogna francese in Libia: da Parigi lo zampino militare per creare il caos

C’è lo zampino politico, diplomatico e ora anche militare della Francia nel caos scoppiato in Libia. Come spiega un dettagliato retroscena della Stampa, il governo di Emmanuel Macron aiuta il generale “ribelle” Haftar nel suo tentativo di conquistare Tripoli e rovesciare il governo ufficiale di Al Sarraj “con propri specialisti dispiegati sul suolo libico”. A riferirlo è stato un mercenario egiziano catturato durante i combattimenti.

 

L’uomo ha detto di essersi imbarcato su un volo in partenza da Benina, aeroporto di Bengasi e diretto a Jufra. “Lo stesso dove erano a bordo 14 libici, 30 egiziani e sei consiglieri militari francesi“. Di fatto, una conferma di quanto trapelato negli ultimi giorni da fonti ufficiose vicine ai servizi segreti italiani e che hanno fatto sbottare anche il ministro degli Interni Matteo Salvini, che in dichiarazioni ufficiali ha parlato apertamente di “giochi di guerra” francesi in Libia, con conseguenze che saranno a carico non solo dei cittadini libici, ma anche di quelli italiani con la bomba-migranti già innescata
FONTE – https://www.liberoquotidiano.it/news/esteri/13451916/emmanuel-macron-libia-consiglieri-militari-francia-haftar-guerra-sarraj.html

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Dalla Siria al Venezuela

di Israel Shamir
Fonte: Comedonchisciotte
Pochi giorni fa, con un aereo da trasporto Ilyushin IL-62M oltre cento fra soldati e ufficiali russi sono arrivati a Caracas. Simbolicamente, avevano fatto scalo in Siria, come se avessero voluto ribadire che il Venezuela è il prossimo paese, dopo la Siria, che dovrà essere salvato dalla rovina e dallo smembramento. La missione militare era guidata dal Capo dello Stato Maggiore, il generale Tonkoshkurov (“permaloso”, un nome che avrebbe fatto la felicità di Vladimir Nabokov).“Non pensateci neanche, aveva esclamato John Bolton, ad intromettervi nell’emisfero occidentale! Giù le mani dal Venezuela! È il nostro cortile di casa!”I Russi non sono stati al gioco. Qualche tempo fa avevano cercato di obiettare ai carri armati statunitensi posizionati in Estonia, a breve distanza da San Pietroburgo, e tutto quello che avevano ottenuto era stata una predica sul fatto che sovranità significa sovranità, e che l’Estonia non aveva bisogno di chiedere il permesso ai Russi per ricevere assistenza militare da parte degli Americani. Adesso hanno ripetuto alla lettera questo sermone americano a John Bolton e al suo capo. Per prima cosa andatevene dalla Siria, hanno aggiunto.
Questo è un nuovo livello nelle relazioni russo-americane, o dovremmo piuttosto dire confronto.Per molto tempo, i Russi si erano autoconvinti che la loro ammirazione per gli Stati Uniti fosse reciproca, o, almeno, che sarebbe stata un giorno ricambiata. In ogni caso, questo periodo è finito, hanno aperto gli occhi e si sono finalmente resi conto dell’implacabile ostilità dell’America. Continua a leggere

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L'arma della propaganda di guerra

Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza

Comunicato n. 30/19 del 4 aprile 2019, Sant’Isidoro di Siviglia
 
L’arma della propaganda di guerra
 
“Il meccanismo fondamentale della propaganda è binario, inalterato da secoli: parlare tanto oppure tacere sempre”.
Riflessioni sulla battaglia di Baghouz
Si combatte aspramente, e senza esclusione di colpi, la battaglia contro l’ultima roccaforte dell’Isis. E pure qui si ripete la maledizione di tutte le ultime guerre: muoiono soprattutto civili. Anche quando “arrivano i nostri”.
Il meccanismo fondamentale della propaganda è binario, inalterato da secoli: parlare tanto oppure tacere sempre. Parlare tanto dei “peccati” altrui e tacere sui propri. Un meccanismo rozzo ma efficace, soprattutto da quando esiste l’informazione di massa di (in ordine di pervasività) giornali, televisione e Rete.
Lo vediamo bene anche ora che si parla di Baghouz, l’oscura città siriana lungo l’Eufrate, a pochi chilometri dalla frontiera con l’Iraq, assurta a improvvisa fama perché trasformata dai jihadisti dello Stato islamico nell’ultimo baluardo della loro resistenza. Contro Baghouz muovono le Forze Democratiche Siriane (Syrian Democratic Forces, Sdf), alleanza di reparti curdi e arabi sostenuti politicamente e militarmente dagli Usa.
Da quando, nel 2014, la milizia jihadista ha fatto la propria comparsa in Siria e in Iraq fondando il Califfato (ma l’Isis operava già da prima), è passato più tempo di quanto ne sia occorso, ai tempi, per annientare Hitler e la formidabile macchina da guerra del nazismo. E Hitler non aveva contro una coalizione di 70 Paesi come invece aveva, almeno in teoria, l’Isis. È quindi più che tempo di farla finita con questi terroristi che hanno deciso di morire piuttosto che arrendersi. Anche perché la fine ormai vicina non li ha resi migliori: man mano che le forze dell’Isis si ritirano, quelli dell’Sdf scoprono fosse comuni piene di cadaveri di civili trucidati. Una, pare, con decine e decine di corpi di donne yazide assassinate dopo essere state usate come schiave.

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Ecco tutti i numeri del terrore: i cristiani uccisi dagli islamisti

Nell’estate di due anni fa in una piccola chiesa di Saint-Etienne-du-Rouvray, nei pressi della città francese di Rouen, si consumava uno dei tanti episodi di violenza jihadista che hanno insanguinato l’Europa negli anni di massima espansione del Califfato. Due uomini armati fecero irruzione nel luogo di culto e dopo una breve presa di ostaggi sgozzarono padre Jacques Hamel. Quell’episodio impressionò l’opinione pubblica francese e mondiale e riaccese i riflettori sulla questione delle persecuzioni contro i cristiani. Secondo il sito The religion of peace  solo tra il 9 e il 15 giugno ci sono stati almeno 46 attacchi contro dei cristiani nel mondo. Mentre a maggio gli episodi sono stati 189 e le persone uccise 888. I numeri assumono proporzioni critiche se si considerano gli anni che vanno dal 2013 al 2017. Oltre 114mila persone uccise e 124 mila feriti.

Gli anni tra il 2013 e 2017, presi in esame in queste mappe, sono stati molto violenti. Con un picco nel 2014. Nell’anno in cui Abu Bakr al Baghdadi  si auto proclamò califfo, sono stati uccisi oltre 30mila fedeli, sia in attentati kamikaze che in singoli episodi di violenza. Preoccupante anche il numero di feriti: quell’anno 27mila persone rimasero coinvolte in attacchi a luoghi di culto o semplicemente perché cristiane. Dopo quella data, il numero delle vittime è rimasto sicuramente elevato: nel 2015 i morti furono 27mila con oltre 26 mila feriti; mentre nel 2016 la cifra si fermò a 21mila vittime. Il primo anno a registrare un calo significativo, ma non sufficiente, è stato il 2017, non a caso l’anno della caduta del Califfato. In quel periodo i cristiani trucidati sono stati 15mila mentre i feriti 14mila. In questo senso anche i primi numeri del 2018 sembrano andare in questa direzione. Gli ultimi dati (aggiornati al 20 giugno) parlano di 5.285 persone uccise (nello stesso periodo dell’anno precedente erano 7.354) e di 6.028 feriti, a fronte dei 7.778 registrati nei primi sei mesi del 2017.

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Il fattore religioso nelle strategie di dominio della elite di potere anglostatunitense

di Luciano Lago
Fonte: controinformazione
Come molti analisti hanno segnalato, non si può trascurare il fattore religioso negli assetti geopolitici e nei processi di cambiamento che attualmente si stanno producendo negli equilibri mondiali. Non è una questione trascurabile il fatto che l’appartenenza religiosa contribuisce in maniera decisiva a rafforzare il senso di identità di un popolo o di una comunità di popoli o perfino, in certi casi, a riconfigurarne l’identità stessa.
Come noto la strategia delle potenze dominanti, gli Stati Uniti d’America oggi e la Gran Bretagna, ai tempi dell’Impero Britannico, hanno sempre fatto leva sulle appartenenze religiose ed a sfruttare il divario religioso che esiste praticamente in ogni stato, allo scopo di protrarre il loro dominio sul resto del mondo.
Nell’epoca attuale, fino da tempi della guerra in Afghanistan contro l’URSS, gli USA hanno sfruttato il radicalismo islamico per i loro fini geopolitici, quelli di rovesciare regimi sgraditi o di occupare paesi strategici ( dall’Afghanistan all’Iraq) su cui ottenere il controllo delle risorse. Basta pensare all’utilizzo di Al Qaeda che è stata coltivata dalle agenzie di intelligence americane, fin negli anni ’80 in Afghanistan,come successivamente gli stessi USA hanno favorito la costituzione del cosiddetto Stato islamico dell’Iraq e della Siria (ISIS), per le proprie finalità di rovesciare i governi e di balcanizzare l’area sulla base delle divisioni religiose ed etniche.
Non si può negare che le guerre confessionali ed i contrasti religiosi sono sempre stati una costante nella Storia, in Europa come in altri continenti, e questi sono stati utilizzati dai gruppi di potere per i loro fini, rappresentando i conflitti più lunghi e dolorosi della storia umana, con una enorme quantità di violenza e di spargimento di sangue che tali scontri provocarono. Continua a leggere

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Ucraina, Stalin fece 7 milioni di morti. Ma nessuno ne parla

 Tutta l’Ucraina celebra in questi giorni uno dei più grandi, forse il più grande, olocausto del Novecento, l’Holodomor, che letteralmente significa “morte per fame”. Di che si tratta? In Europa, e ancora meno in Italia, non si è mai parlato di quello che è uno dei più grandi crimini del comunismo, che al pari di altri, continua a essere sistematicamente oscurato dalla storiografia e dai media. La strage avvenne dal 1929 al 1933, governante Stalin, e ancora oggi è incerto il numero delle vittime: le fonti più attendibili fanno variare il numero dei morti da 7 a 10 milioni, anche se altre fonti riducono la cifra a 4/5. L’Unione Sovietica ha sempre messo la sordina alla vicenda, e anche dopo la guerra Onu, Ue, Nato e le altre organizzazioni sovranazionali non hanno mai ricordato la vicenda. Solo in Ucraina la ricorrenza è annualmente ricordata, proprio negli ultimi giorni di novembre. Purtroppo, ad oggi, solo 23 Paesi e il parlamento europeo hanno riconosciuto l’Holodomor come genocidio. Molti Paesi, tra cui l’Italia, non lo hanno ancora fatto.

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L’Italia delle Tre Scimmie di fronte al rischio di guerra nucleare

Nel 2015 la Federazione di Russia è diventata la prima potenza militare convenzionale, poi, nel 2018, con i riusciti test dei missili ipersonici, è diventata la prima potenza nucleare. Preoccupato che il rovesciamento della gerarchia del mondo possa uscire dai binari, il presidente Putin ha messo in guardia le potenze occidentali. I membri della NATO non sembrano però consapevoli di quanto sta accadendo e dei nuovi pericoli all’orizzonte. Continua a leggere

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