Segnalazione del Centro Studi Federici
Nello stato d’Israele, che si definisce “esclusivamente ebraico” (legge approvata alla Knesset il 19/7/2018), dopo molte opposizioni ed esitazioni è stato concesso ai non ebrei uno spazio di preghiera all’aeroporto di Tel Aviv (seppur con una cartellonistica discreta per evitare atti di vandalismo da parte degli ebrei ortodossi).
Sale di preghiera per cristiani e musulmani all’aeroporto di Tel Aviv
In una nuova ala del Terminal 3 dell’aeroporto internazionale israeliano sono state aperte due sale distinte per la preghiera dei non ebrei
Due mani aperte nel gesto della preghiera, sopra una scritta in ebraico, in arabo e inglese. Nella nuova ala E del Terminal 3 dell’aeroporto Ben Gurion – l’aeroporto internazionale di Israele – un cartello semplice e non confessionale indica da qualche settimana le «stanze della preghiera». Ambienti semplici, aperti senza troppo clamore, ma che segnano un gesto importante: il debutto di uno spazio pubblico pensato per la vita spirituale dei non ebrei in un ambiente tra i più frequentati di Israele.
Esisteva ovviamente già una sinagoga nell’aeroporto Ben Gurion, come in tutti i più importanti luoghi di incontro israeliani. Ed era già dal 2006 che l’autorità aeroportuale aveva parlato dell’idea di aprire nel nuovo Terminal uno spazio per la preghiera non ebraica, anche in ragione del fatto che musulmani e cristiani rappresentano insieme quasi il 20% della popolazione israeliana e frequentano come tutti gli altri l’aeroporto. Questo progetto si era perso però nei meandri della burocrazia, finché a rilanciarne l’esigenza è stato un incidente singolare: nel 2015 nel giorno di Simchat Torah – una festività ebraica, durante la quale gli ebrei religiosi non viaggiano – una famiglia di turchi musulmani in transito dall’aeroporto ha scambiato la sinagoga completamente vuota per una moschea e si è messa lì a pregare, utilizzando addirittura i tallit (i manti della preghiera della tradizione ebraica) come tappeti. Quando qualche passante se n’è accorto e glielo ha fatto notare la famiglia ha immediatamente interrotto la propria preghiera scusandosi, mostrando così di essere in buona fede e di non aver avuto alcun intento provocatorio. Ma le immagini erano comunque troppo ghiotte per non circolare sui social.
Poco dopo i lavori per il completamento dell’ala E hanno offerto la possibilità di affrontare una volta per tutte le questione. È stata istituita una commissione che ha scelto di non realizzare né una moschea né una cappella, ma due sale di preghiera comunque distinte, pensate per ebrei e musulmani che cercano uno spazio per il raccoglimento. È stata l’amministrazione aeroportuale a finanziarne la realizzazione e ne cura anche la pulizia e la custodia. Un’attenzione particolare è stata riservata anche alla questione dei simboli religiosi, ha raccontato all’edizione francese del sito Terrasanta.net Yiska Harani, ricercatrice israeliana attiva nel campo del dialogo interreligioso che ha collaborato come consulente al progetto.
La principale preoccupazione era infatti quella dei possibili atti di vandalismo che in un contesto come quello delle tensioni identitarie del Medio Oriente potrebbe diventare ulteriore benzina sul fuoco. Alla fine si è deciso di utilizzare comunque come pittogrammi specifici un campanile sormontato da una croce e una cupola con una luna crescente.
Quanto al significato per la società israeliana di questa nuova presenza Yiska Harani sottolinea il messaggio inclusivo. Potrebbe essere anche un esempio per l’apertura di altri spazi di questo genere nel Paese? «In Israele i treni circolano su distanze relativamente brevi, non vedo un’esigenza di questo genere per le stazioni – ha risposto la consulente dell’autorità aeroportuale a Terrasanta.net -. Piuttosto potrebbe essere un’idea interessante per le università».