I sindaci non possono trasformarsi in giudici della Consulta e il Ministro può rimuoverli

Paolo Becchi
Il decreto sicurezza di Salvini è anche un ottimo deterrente contro gli abusi e le ingiustizie degli ultimi anni. È ben noto, ad esempio, che le case popolari vengono puntualmente assegnate a famiglie numerose di richiedenti asilo, privi della cittadinanza italiana ma con nuclei familiari composti da parecchi figli minorenni. Questo è certo reso più difficile con le nuove regole sull’anagrafe per i richiedenti asilo, ed è un modo per scoraggiare l’immigrazione clandestina. Alcuni sindaci della sinistra anti-italiana, capeggiati da Orlando con al seguito De Magistris e Nardella, si ergono a paladini dell’invasione migratoria e manifestano l’intenzione di non voler applicare una legge dello Stato. Se a tali annunci seguissero i fatti, i rimedi legali ci sono.
Uno di questi è l’applicazione dell’art. 142 del Tuel, il Testo Unico degli Enti Locali, il quale prevede che «con decreto del Ministro dell’Interno il sindaco, il presidente della provincia, i presidenti dei consorzi e delle comunità montane, i componenti dei consigli e delle giunte, i presidenti dei consigli circoscrizionali possono essere rimossi quando compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge o per gravi motivi di ordine pubblico».

Il decreto sicurezza è una legge dello Stato che ingloba gli iniziali decreti legge denominati «sicurezza» e «immigrazione», sul cui testo accorpato il governo Conte – per la fase della conversione in legge – pose la questione di fiducia, votata dal Parlamento addirittura a maggioranza assoluta. Il Parlamento, occorre ricordarlo, è l’organo costituzionale che esercita la sovranità popolare ed è per questo al centro dell’intero assetto istituzionale dello Stato. Un sindaco che si rifiuti di dare concreta attuazione ad una legge dello Stato altro non fa che sovvertire l’ordine democratico della Repubblica, motivo per cui il Ministro dell’Interno è legittimato a rimuoverlo dall’incarico con conseguente scioglimento del consiglio comunale e della giunta, con nomina del commissario prefettizio e nuove elezioni amministrative per il primo mese di maggio utile.
Il presidente del Consiglio Conte, si è dato da fare per gettare acqua sul fuoco, dichiarandosi disponibile a sentire i rappresentanti dell’Anci – Associazione Nazionale dei Comuni Italiani – per trovare una soluzione condivisa. Ma qui c’è poco da discutere e da condividere. C’è una legge della Repubblica che i sindaci sono tenuti a rispettare. Le leggi si possono criticare e cambiare, ma i sindaci non possono trasformarsi in giudici della Corte costituzionale. In questa situazione Salvini si gioca davvero tutto. Per questo non deve indietreggiare. Se Orlando e sodali non applicassero le norme del decreto sicurezza, il ministro dell’Interno dovrà applicare la legge e rimuoverli dall’incarico.
fonte – https://paolobecchi.wordpress.com/2019/01/06/i-sindaci-non-possono-trasformarsi-in-giudici-della-consulta-e-il-ministro-puo-rimuoverli/
 

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *