Lo strano gioco della Guardia costiera

Ora per colpa di Salvini il giocattolo si è rotto, ma loro, evidentemente, non hanno alcuna intenzione di rassegnarsi
di Gian Micalessin
«Una volta è un caso, due volte una coincidenza, tre volte è un’azione del nemico». Matteo Salvini e il ministro delle infrastrutture Matteo Toninelli farebbero bene a rileggersi Ian Fleming.
Le azioni della nave Diciotti, il pattugliatore della Guardia Costiera, per la terza volta al centro di uno scontro con il Governo in meno di due mesi e mezzo, sembrano infatti più delle mosse studiate che non delle semplici coincidenze. La cronaca della sorda diatriba tra la Guardia Costiera, da una parte, e il Ministero delle Infrastrutture, da cui in teoria dipende, e il Viminale dall’altra inizia verso il 10 di giugno. Mentre Salvini raccomanda la fine delle operazioni di soccorso davanti alla Libia e la nave Aquarius di Sos Mediterranee viene tenuta alla larga dai porti italiani, il pattugliatore Diciotti compie ben sette interventi in prossimità delle coste di Tripoli caricando 937 migranti. Migranti che Salvini e Toninelli si vedono costretti obtorto collo a far sbarcare a Catania. Ma le incursioni della Diciotti non finiscono lì.
Il 9 luglio il pattugliatore accosta il rimorchiatore Vos Thalassa e carica 67 migranti che stando ad una versione mai chiarita – minacciavano il personale di bordo colpevole di volerli sbarcare in Libia anziché in Italia. La versione convince poco Matteo Salvini che fa capire di considerarla un pretesto per giustificare l’intervento dell’unità della Guardia Costiera. Ma la mossa fatale capace di portare allo scoperto lo scontro con la Guardia Costiera arriva mercoledì. Quel giorno il pattugliatore Diciotti interviene in soccorso di un barcone con 177 migranti proprio mentre il governo preme su Malta perché lo accolga in un suo porto. Un intervento assolutamente immotivato visto che il barcone non è in pericolo immediato e viene effettuato, come nota Matteo Salvini, all’insaputa del Viminale. «I maltesi ieri avevano assunto la responsabilità di un intervento in aiuto di un barcone con 170 immigrati a bordo spiega il Ministro degli Interni – e una nave della Capitaneria di Porto italiana, senza che al Viminale ne fossimo informati, ha imbarcato gli immigrati mentre ancora si trovavano in acque maltesi, per dirigersi verso l’Italia». Continua a leggere

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Macron gioca a fare il Napoleone

di Gian Micalessin
Lui la chiama autorevolezza della democrazia. Sarà, ma quella di Emmanuel Macron, salito in cattedra all’Europarlamento per spiegarci come la diversità di idee sia, per l’Europa, un pericolo assimilabile a una guerra civile, non sembra un’auspicabile rivisitazione della libertà di pensiero.
Non occorre scavar tra le righe per intuire come, nel Macron-pensiero, l’unica idea buona di democrazia sia quella francese. O meglio quella di una Francia sotto la sua guida. O, meglio ancora, quella di un’Europa con lui come nuovo Napoleone. Non illudiamoci. Non è l’ennesima «macronata». Non è una fanfaronata assimilabile alla sparata, già smentita dalla Casa Bianca, con cui s’è attribuito il merito d’aver convinto Trump a restare in Siria. Stavolta siamo di fronte a un progetto. La rifondazione dell’Europa e la riduzione delle sovranità nazionali, i due concetti su cui Macron batte fin da settembre, hanno come punto di partenza la creazione di liste transnazionali per le elezioni europee. Il modello è quello di «En Marche!», la formazione con cui Macron ha fatto piazza pulita di socialisti e vecchia destra gollista a casa propria. Continua a leggere

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