Il sovranismo non è un fenomeno passeggero

QUINTA COLONNA

di Marcello Veneziani
Vi siete ripresi dall’overdose di video e di commenti, di analisi, tabelle e dichiarazioni? Proviamo a cambiare prospettiva, dopo una piccola notazione preventiva. Sono vistosi i vincitori, Salvini e Meloni, ma chi sono gli sconfitti, oltre i 5stelle? Direi soprattutto tre competitori extrapolitici: i magistrati in campagna elettorale, i media compatti contro Salvini e il bergoglismo da asporto. Le vittorie simboliche della Lega a Lampedusa, Riace e Capalbio lo sanciscono.
Ma lasciamo stare i trionfanti, i crescenti, i caduti, i declinanti. Lasciamo stare gli eletti e i trombati, i nomi e i partiti, le analisi dei flussi e dei riflussi. Proviamo a salire di un piano, ponendoci sul piano degli orientamenti di fondo e chiedendoci non chi ha vinto ma cosa ha vinto.
Come è cambiato il quadro politico e culturale? Si è delineata una grande, sostanziale divaricazione: emerge, come avevamo previsto, un bipolarismo di contenuti tra gli eredi della sinistra e gli eredi della destra. Da una parte è cresciuto un fronte che supera il 40 per cento dei consensi e che si definisce sovranista: rappresenta i temi della sicurezza, lo stop ai flussi migratori, la tutela della famiglia, la rivoluzione fiscale e le opere pubbliche, la difesa dei confini, della sovranità politica, popolare e nazionale. Dall’altro versante ritorna in campo la sinistra con posizioni esattamente opposte ai sovranisti in tema di Europa e di migranti, di bioetica e di sicurezza, di economia e di sovranità. È una forza di netta minoranza, che oscilla tra il 22 e il 28 per cento, se si considera l’intero versante sinistro, inclusa la Bonino, pur con forti insediamenti in alcune città e una vasta ramificazione nei gangli vitali della società e nelle élite: nella scuola e nella cultura, nella magistratura e nella stampa.
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I Mostri di oggi, i Draghi di domani

QUINTA COLONNA
di Marcello Veneziani
In una domenica di maggio travestito da novembre arrivò finalmente il giudizio di Dio, l’ordalia elettorale che dovrà decidere i sommersi e i salvati, o se preferite, i salvini e i dannati. Giorno importante dal punto di vista simbolico, prima che politico. Ma come è stato raccontato questo 26 maggio dai media e dai poteri storti? Come il giorno dei mostri. Euromostri da abbattere, detti sovranisti, presentati come un pericolo per l’umanità, per l’Europa e per i singoli paesi.
Ma per sostituirli come, con chi, con che cosa? Ecco, questo è il mistero glorioso di questa tornata elettorale. In Italia tutti sanno bene che non ci sono alternative praticabili in campo, nessuno degli avversari del Mostro a due teste ha la possibilità di vincere e poi di cambiare il governo del nostro paese. Sono forze che nella migliore delle ipotesi raccolgono la quinta parte dei votanti o che sono largamente al di sotto, e non ci sono cartelli di alleanze alternative.
La chiamata alle armi contro il nazismo tornante produrrà effetti elettorali minimi, se non ridicoli, a vantaggio delle forze che si oppongono al Mostro. Nella realtà presente non c’è nessuno che possa sfidare seriamente il governo in carica con qualche possibilità di sostituirvisi. E tantomeno in caso di elezioni politiche anticipate: non si può governare senza affiancarsi, e in posizione di minoranza, a uno dei due mostri in questione. O governi con la Lega o governi coi grillini. Non c’è altra soluzione.
Nella sua formidabile performance in cui sembra restaurato come la pellicola di un vecchio film, Berlusconi Settebellezze finge di essere ancora lui il leader del centro-destra con un’incrollabile fede in se stesso – un caso di sconfinata auto-ammirazione. Immagina che la Lega possa rientrare nell’ovile e farsi dirigere da lui, che a suo dire è la Mente, mentre loro sono le braccia o i piedi, personale di servizio o di locomozione.
La sinistra fa ancora peggio: attacca il Mostro per antonomasia, Salvini, ma assicura che non si fidanzerà col Mostricciattolo, cioè l’alleato Di Maio. Dopo il voto magari ci sarà il distinguo: nessuna alleanza con Di Maio ma con un Figo, per esempio, si. Ma intanto la loro fattura di morte sul governo, in che cosa concretamente si traduce?
In un sogno proibito, che Berlusconi ha appena accennato, che Mattarella non ha mai pronunciato, e che la sinistra finge di non conoscere. Il sogno è Draghi. Mario Draghi, Sir Marius Drake per la letteratura globish.
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Piaccia o no, il sovranismo sveglia l’Europa

di Marcello Veneziani 
Fonte: Marcello Veneziani
I carri allegorici dell’eurocrazia sfilano uniti contro il pericolo nazional-sovranista e i suoi richiami mitologici veri e presunti. Napolitano, Prodi, Monti, Moscovici, il Collettivo Direttori dei Giornaloni all’unisono con l’Arco Euro-Costituzionale nostrano, si sono mobilitati contro il Pericolo Imminente, il sovranismo di casa e il sovranismo di fuori. L’allarme non è giustificato dalla minaccia di un golpe o di una rivoluzione armata – anche se i sovranisti vengono decorati con vecchi fregi nazifascisti – ma nasce dal terrore che il popolo europeo, in libere, pacifiche e democratiche elezioni, decida una svolta.
Non so se i sovranisti avranno davvero i numeri per capovolgere gli assetti di potere dell’Europa; non so se riusciranno a trovare un punto di convergenza ampio, pur nelle loro diversità nazionali e se troveranno alleati lungo la strada o in parlamento. E ancora non so se i sovranisti saranno in grado di far cambiare – e in meglio – quest’Europa asfittica e lacerata che ci ritroviamo addosso. Non so nemmeno se avranno strategie e non solo slogan, se avranno statisti o solo tribuni delle plebi scontente; insomma se saranno all’altezza della sfida. Non lo so, e magari dovremmo provarli su strada prima di bocciarli in salotto. Continua a leggere

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Piaccia o no, il sovranismo sveglia l'Europa

QUINTA COLONNA

di Marcello Veneziani
I carri allegorici dell’eurocrazia sfilano uniti contro il pericolo nazional-sovranista e i suoi richiami mitologici veri e presunti. Napolitano, Prodi, Monti, Moscovici, il Collettivo Direttori dei Giornaloni all’unisono con l’Arco Euro-Costituzionale nostrano, si sono mobilitati contro il Pericolo Imminente, il sovranismo di casa e il sovranismo di fuori. L’allarme non è giustificato dalla minaccia di un golpe o di una rivoluzione armata – anche se i sovranisti vengono decorati con vecchi fregi nazifascisti – ma nasce dal terrore che il popolo europeo, in libere, pacifiche e democratiche elezioni, decida una svolta.
Non so se i sovranisti avranno davvero i numeri per capovolgere gli assetti di potere dell’Europa; non so se riusciranno a trovare un punto di convergenza ampio, pur nelle loro diversità nazionali e se troveranno alleati lungo la strada o in parlamento. E ancora non so se i sovranisti saranno in grado di far cambiare – e in meglio – quest’Europa asfittica e lacerata che ci ritroviamo addosso. Non so nemmeno se avranno strategie e non solo slogan, se avranno statisti o solo tribuni delle plebi scontente; insomma se saranno all’altezza della sfida. Non lo so, e magari dovremmo provarli su strada prima di bocciarli in salotto.
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Caccia all'uomo

 
QUINTA COLONNA

di Marcello Veneziani
Lui parlava nell’occhio di bue e intorno era buio. Parlava, sentiva gli applausi, qualche invettiva. Tutte le attenzioni erano su di lui, si avvertiva dal silenzio e poi dal brusio che talvolta lo interrompeva. Lui parlava, twittava, selfava. Parlava e si faceva il vuoto intorno, era in fuga solitaria, nessuno gli stava al passo, nessuno gli contendeva il primato. Lui era solo e poi giù il deserto.Poi si videro ad un certo punto delle ombre avvicinarsi prima sotto il palco, poi stringersi intorno a lui. Dal cono di luce che era proiettato su di lui parlante, si intravedevano le sagome: alcuni svolazzavano come pipistrelli, avevano mantelli che potevano essere toghe, altri erano in tonaca, non mancavano gruppi di migranti aizzati, maestre con alunni ammaestrati, e poi tante sagome note di anchor-man, di giornalisti, di cantanti, di comici e di cineasti, orecchie d’asino d’intellettuali e professorini col registro incorporato; si vedevano profili di labbroni siliconati e barbette caprine, profili irregolari con la scucchia, sagome calve di capi politici, profili di tacchine che gloglottavano, e poi sentivi biascicare pisapie o vociare con la zeppa e poi parole minacciose in francese e in tedesco…
Il gruppo cresceva pian piano che si avvicinava al Parlante. E poi dal vociare venne lo strillare, e dallo strillare il minacciare, fino a che si arrivò alle mani, anzi alle mazze. Mazzate, mazzate, fino a che lui fu a terra, rannicchiato, sotto i colpi. Tutti intorno e lui in mezzo, solo, a prendere mazzate: è lui il negazionista, rinneghiamolo, è lui l’odiatore, odiamolo, è lui il violento, violentiamolo, è lui lo sterminatore, sterminiamolo e via maledicendo. Continua a leggere
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I giudici in campagna elettorale

 

QUINTA COLONNA

di Marcello Veneziani
Governo Lega-M5S, Marcello Veneziani analizza in un’intervista ad Affaritaliani.it la situazione della maggioranza

“Stando alla temperatura dello scontro continuo e quotidiano, il governo Conte dovrebbe cadere subito dopo le elezioni europee. Stando però al quadro generale e alle convenienze è davvero difficile dirlo. Il problema non è solo l’atto della crisi ma anche e soprattutto che cosa succederà dopo. Uno scenario che potrebbe spaventare gli attori protagonisti, cioè M5S e Lega”. Lo scrittore e politologo Marcello Veneziani analizza in un’intervista ad Affaritaliani.it la situazione della maggioranza, alla luce delle tensioni sempre più forti, e che cosa potrebbe accadere dopo il 26 maggio. Continua a leggere

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Non è colpa dei nazionalismi

QUINTA COLONNA

di Marcello Veneziani
C’era una volta il nazionalismo. Poi dopo la Seconda guerra mondiale anche i nazionalisti mutarono. Venne fuori il mito dell’Europa Nazione (lanciato da Filippo Anfuso), che fu la bandiera di noi ragazzi dei primi anni Settanta, Adriano Romualdi scrisse un breve pamphlet sul nazionalismo europeo, Maurice Bardéche fu cofondatore del Movimento Sociale Europeo, la destra nazionale si ispirò all’Europa delle patrie di De Gaulle, la destra rivoluzionaria seguì Jean Thiriart della Nazione europea che fondò la Giovane Europa, come Mazzini.
Insomma, il nazionalismo per la destra era acqua passata, glorioso ricordo per taluni, momento storico per altri. Poi è venuta l’Unione europea che dopo gli iniziali entusiasmi ha creato disagi, mortificazioni e rigetto. E ha alimentato, soprattutto nell’est uscito dal comunismo il desiderio di rinazionalizzare. Identità, sovranità, patria. Ma sarebbe un errore diventare anti-europeisti solo perché detestiamo questa specie di Non-Europa. Prima ancora che la destra europea sulla scia del Front National francese, è stata l’Europa stessa ad agitare il fantasma del ritorno dei nazionalismi. Anzi a sentire il racconto dominante di media, partiti e poteri europei, l’Europa corre solo un pericolo: che si riaffaccino i nazionalismi.
Ora vorrei ripercorrere i problemi che patisce l’Europa di oggi. Per cominciare, che c’entra la crisi economica mondiale e nazionale che viviamo da anni, l’espansione del debito, il buco nero della finanza, la disoccupazione e le nuove povertà, col nazionalismo tramontato da tanti decenni o che si affaccia oggi all’opposizione? Non sono piuttosto il frutto di governi, politiche, scelte economiche globali e mercati transnazionali? E poi, la corruzione delle classi dirigenti, la loro diffusa inadeguatezza, la loro cecità e incapacità di guidare e rappresentare gli interessi reali dei popoli, l’abisso tra governati e governanti, tra le istituzioni e i cittadini, sono causati dal nazionalismo o piuttosto nascono dai partiti, regimi, poteri, establishment, modelli politici opposti imperanti in Italia, in Europa e nella globalizzazione? E il presente degrado della vita pubblica, dei nostri centri storici, della cultura e dell’educazione dei popoli, le emergenze ambientali, strutturali, la crisi delle famiglie, del lavoro e del sud, le violenze sessuali, le ingiustizie sociali sono frutti del nazionalismo o piuttosto di processi, mentalità, governi, ideologie, modelli permissivi che sono ai suoi antipodi? Continua a leggere
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E a Lilli apparve il diavolo

QUINTA COLONNA
di Marcello Veneziani
Non era un programma d’informazione giornalistica quello inscenato l’altra sera a Otto e mezzo da Lilli Gruber. Era un rito abbreviato dell’Inquisizione, o peggio, un esorcismo per scacciare il Diavolo, Matteo Satanini, al secolo Salvini. La Gruber aveva finalmente davanti a lei la Ragione Sociale del suo programma, l’Ossessione di ogni sua puntata: il Malefico Salvini. Non c’è serata che non contenga una decina di frecciate velenose contro l’Orco padano. La mission di Otto e mezzo è sparlare di Salvini e di tutto ciò che possa giovare a lui o ricondursi a lui, a torto o a ragione. E l’annessa ragione del suo programma è fissa sul tema derivato: se i grillini si possono redimere dall’abbraccio mortale di Salvini e se possono salvarsi, e salvare l’Italia, alleandosi con la sinistra, col Pd. Tutti gli ospiti si devono esercitare su questi due temi, è la loro prova del fuoco, il loro test d’ingresso. È una compagnia di giro a tema fisso.
Ma venerdì il Diavolo si è materializzato davanti a lei e al suo aiuto-esorcista, che faceva da spalla alla Gruber e cercava con gli occhi la sua approvazione e il suo sostegno. Non erano domande ma sentenze quelle che la Lilli rivolgeva alla Bestia Nera e non c’erano domande che non avessero già incorporata la risposta; ogni tentativo di replica difforme da parte dell’interessato era bocciato sul nascere, era considerata una diversione, un’elusione, comunque qualcosa che deviava la procedura (penale) del programma.
In molti passaggi era evidente l’inalberarsi e l’infastidirsi della conduttrice, il tono era alterato, a malapena era contenuto il livore isterico delle sue reazioni. In alcuni punti la Gruber sembrava un ufficiale austriaco che ordinava la raffica sul Nemico. Ma l’esecuzione alla fine non è riuscita, anzi si è ritorta a danno di chi la comandava.
Alle prime battute del programma anche chi non ha mai nutrito particolare simpatia per Salvini si sentiva quasi in dovere di solidarizzare con lui perché era imbarazzante il tono e il taglio dell’interrogatorio, la manifesta ostilità; nulla che ricordasse vagamente la deontologia professionale del giornalista. Ti pareva un’aggressione, più che un confronto. Con capi d’accusa che sconfinavano nel penale, nell’odio antropologico, nel disprezzo umano oltre che ideologico. Un disprezzo che si allargava a quei milioni d’italiani che la pensano come Salvini. Continua a leggere

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Lettera a un ragazzo della classe Duemila

QUINTA COLONNA
di  Marcello Veneziani
Caro Ragazzo nato nel Duemila, pensavo a te nel Novecento come a una figura mitologica, una specie di marziano che avrebbe abitato altri mondi, si sarebbe alimentato in altri modi, avrebbe viaggiato per altre galassie. Era questa la promessa euforica che circolava negli anni sessanta del secolo scorso, a cavallo delle conquiste spaziali e non solo. Era il sogno di fuggire dal Novecento ideologico e bellicoso per entrare in un millennio né rosso né nero, ma latteo come la via omonima, e vitreo, come si addice al video trasparente.
Padre di due figli nati nel millennio scorso, sognavo di avere un terzo figlio nel terzo millennio e per scherzare con l’immortalità, promettevo anche un quarto figlio nel quarto millennio… Ma poi la vita ha preso un’altra piega.
Ora ti incontro in giro, ti sfioro per strada, ti incrocio mentre esci da scuola o vai all’università, e ti vedo fin troppo uguale a me, a noi, brontosauri del millennio passato. Ma sotto la buccia di una somiglianza, se poi mi affaccio nella tua vita, nel tuo lessico, nel tuo immaginario, nel tuo sapere, trovo un abisso di differenze. Alcune sono decisamente a tuo vantaggio: la capacità di abitare la tecnica e il globo, con una padronanza che noi non avevamo, la capacità di navigare nell’universo matematico, la tua refrattarietà ai sogni collettivi, salvo fiammate ambientaliste nel nome di Gretology, la nuova setta planetaria. Ma la sensazione che poi mi coglie è esattamente rovesciata rispetto a quella che ti fanno percepire media, scuola & agenzie globali: ti hanno fatto credere di avere una visuale più lunga, più larga, globale, rispetto alle generazioni precedenti. Continua a leggere

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Le tendine AntiCristo e il Dio antifascista

QUINTA COLONNA
di Marcello Veneziani
Non mi sono ancora ripreso dal video di Alessandra Moretti, esponente telegenica del Pd, che giustifica la decisione del sindaco del Pd di Pieve di Cento, Sergio Maccagnani, di coprire con le tendine i simboli cristiani che appaiono in cimitero per non turbare la sensibilità di chi non è credente. Il progetto, spiega il sindaco, “prevede di montare un sistema di oscuramento motorizzato con teli di tessuto che consentiranno di coprir temporaneamente le immagini sacre e le tombe di famiglia, così da permettere la celebrazione di riti laici”. Pensavo fosse una fake, una gag, una caricatura fatta ai danni del pd, della sinistra e dei laici. Invece, l’esponente nazionale del Pd la riprende sul serio e con favore, nel programma televisivo di Paolo Del Debbio, sottolineando che si tratta di tendini “amovibili”. Non ci posso credere.
Temo che una tendina inamovibile, dura come una cataratta di demenza, sia scesa a oscurare quelle menti. Proviamo a ragionare seppur in presenza di sragione. Una civiltà che da secoli, da millenni, segue dei riti religiosi, adotta i simboli religiosi, vive tra segni della cristianità in ogni luogo (chiese, piazze, ospedali, scuole, palazzi civici, cimiteri comunali, ecc.), a un certo punto dovrebbe occultare i suoi simboli per non recare turbamento a chi non crede. Premesso che ciascuno è libero di credere o no, ma che fastidio, che turbamento, che problema può dare un simbolo cristiano a chi cristiano non è? Se non annette alcun significato a quei simboli, se li declassa a puro arredo funebre, che tormento o affronto subisce? Che sofferenza può avere se è nato e cresciuto in un paese, in una civiltà, in una storia, in cui quei simboli sono e restano prevalenti nei secoli? Capisco che a Notre-Dame il prode Micron, cognome più realista di Macron, dimentichi la “ragione sociale” della cattedrale e la tratti come un monumento laico, statale e repubblicano. Capisco che i cristiani per Obama e per la Clinton siano ridotti a una setta primitiva di “adoratori della Pasqua”. Ma con le tendine AntiCristo abbiamo raggiunto l’Idiozia Perfetta, inarrivabile, che ce la invidieranno i laici e gli anticristiani di tutto il mondo, dallo Sri Lanka al Canada, per toccare tutti i gradi dell’arcobaleno. Continua a leggere

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