Disponibile il numero 159 di Sursum Corda – 5×1000

Sul sito è disponibile il numero 159 (del giorno 5 maggio 2019) di Sursum Corda®. Il settimanale si può scaricare gratuitamente nella sezione download dedicata ai soli Associati e Sostenitori

  • Comunicato numero 159. Gesù all’ultima Festa della Dedicazione;
  •  [VIDEO] Che cos’è la vera umiltà? Dai Tesori di Cornelio ALapide;
  •  [VIDEO] Complotto contro la Chiesa e la società civile – La Massoneria e l’Alta Vendita Suprema;
  • Ti adoro, o Croce Santa;
  • Dizionario di teologia dommatica. La Risurrezione dei corpi;
  • Dizionario di teologia dommatica. La Santità della Chiesa;
  • Dizionario di teologia dommatica. La Santità di N. S. Gesù Cristo;
  • Il contadino portato in Paradiso da San Francesco di Sales;
  • Vita e detti dei Padri del deserto: Giovanni il Persiano (parte 2 ed ultima).

FONTE – https://www.sursumcorda.cloud/tags/numero-159.html

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Communicatio in sacris

Tratto da Enciclopedia Cattolica, Vol. IV, Coll. 117-119, Imprimatur 8 ottobre 1950. Per comunicazione nelle cose sacre o communicatio in sacris si intende la partecipazione dei cattolici alle cerimonie sacre (preghiere, funzioni, pre­diche, riti) compiuti dagli acattolici (eretici, scisma­tici, infedeli) dentro o fuori della loro chiese o templi. Questa partecipazione può essere: attiva, quando, cioè, si prende parte al culto religioso positivamente, compiendo qualche atto, che con esso abbia relazione; passiva, quando vi si prende parte solo negativamente, astenendosi da ogni azione, che dica relazione con la cerimonia religiosa; formale, quando vi sia l’ade­sione della mente e del cuore; materiale, quando quest’adesione manca e tutto si riduce ad un atto di presenza esteriore e fisica. La comunicazione nelle cose sacre si suole designare con il nome di comunicazione in divinis, per di­stinguerla dalla comunicazione in profanis cioè nelle relazioni pri­vate e pubbliche che riguardano la vita domestica e civile, e dalla comunicazione in rebus mixtis, cioè nelle rela­zioni, le quali importano atti che si possono conside­rare o hanno un lato anche religioso, come i matri­moni, i funerali e cerimonie simili. La condotta dei cattolici a questo riguardo è re­golata in linea di massima dal CIC (Codex Iuris Canonici del 1917), e nelle varie sue applicazioni dalle norme emanate dalle Sacre Con­gregazioni romane.
La comunicazione in profanis. – Secondo il diritto canonico vigente, è lecita, quando non vi sia pericolo di danno spirituale; illecita, quando questo pericolo vi sia. Per­ciò si devono evitare anche quelle azioni, le quali, mas­sime in alcune determinate circostanze, possono signifi­care o importare una familiarità o confidenza o dimesti­chezza eccessive, e per conseguenza pericolose, con gli acattolici, specialmente per le persone «semplici e de­boli nella fede» (cf. Sum. Theol., 2a-aae, q. 10, a. 9). Le relazioni con gli scomunicati vitandi sono regolate da norme particolari (CIC, can. 2267).
La comunicazione in divinis. Non è mai lecito ai fe­deli di assistere attivamente o prendere parte, in qualsiasi modo, ai riti sacri degli acattolici (CIC, can. 1258 § 1). Ciò vale non soltanto quando si tratta di riti falsi o empi in se stessi, ma anche quando si tratta di quei riti che sono propri di questa o quella setta o gruppo eretico, scismatico, pagano. Perché simile partecipazione equivale alla profes­sione di una falsa religione e per conseguenza al rin­negamento della fede cattolica. E anche nel caso che ogni idea di rinnegamento potesse escludersi, rimangono sempre tre danni assai gravi: 1) il peri­colo di perversione nel cattolico che vi partecipa; 2) lo scandalo, sia dei fedeli, che prendono motivo di giudicar male della persona che tratta con gli av­versari della fede e forse anche di dubitare della verità di essa, sia degli acattolici stessi, che così si confermano nel loro errore; 3) l’indifferentismo in materia di religione, cioè l’approvazione esteriore di credenze erronee e l’idea che l’espressione esterna della propria fede sia una cosa trascurabile. Continua a leggere
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Preghiera a San Fedele da Sigmaringa (24.4)

+ Hai compiuto gloriosamente la tua carriera, o Fedele! e la fine di questa è stata anche più bella di quanto ne fu il suo corso. Con quale serenità andasti incontro alla morte! Con quale gioia soccombesti sotto i colpi dei tuoi nemici, che erano quelli della santa Chiesa! Simile a Stefano, ti lasciasti abbattere pregando per loro; poiché il cattolico, che deve detestare l’eresia, deve anche perdonare all’eretico che l’immola. Prega, o Martire santo, per i figli della Chiesa; ottieni che essi conoscano sempre meglio il valore della fede e la grazia insigne che Dio ha fatto loro, facendoli nascere in seno ad essa, unica e vera, che vivano guardinghi contro le dottrine perverse, che da ogni lato risuonano al loro orecchio; che non si scandalizzino delle dolorose defezioni che si registrano così spesso in questo secolo di mollezza e di orgoglio. È la fede che ci deve condurre a Gesù risorto; egli ce lo raccomanda nelle parole dette a Tommaso: “Beati coloro che non han visto ed han creduto”! Noi vogliamo credere, ed è per questo che ci attacchiamo alla santa Chiesa che è Maestra somma di fede. A lei che vogliamo credere, e non alla ragione umana che non saprebbe attingere la parola di Dio, e tanto meno giudicarla. Gesù ha voluto che questa fede arrivasse a noi, appoggiata dalla testimonianza dei martiri; ed ogni secolo ha avuto i suoi. Gloria a te, o Fedele! che hai saputo conquistare la palma combattendo gli errori, e la pretesa riforma! Vendicati da Martire, e domanda incessantemente a Gesù che i settari dell’errore ritornino alla fede e all’unità della Chiesa. Sono fratelli nostri nel Battesimo: prega perché rientrino all’ovile, affinché sia possibile un giorno celebrare tutti insieme la vera cena della Pasqua, nella quale l’Agnello di Dio si dà nostro cibo, non in figura, come nell’antica legge, ma nella piena realtà, come si conviene a quella nuova. Così sia. +
[Di dom Prosper Guéranger] [24 aprile, San Fedele da Sigmaringa, Martire (1577 – 1622 ), Protomartire dell’Ordine dei Minori Cappuccini e della S. Congregazione di Propaganda Fide. A Sevis, nella Svizzera, San Fedele da Sigmaringa, Sacerdote dell’Ordine dei Minori Cappuccini e Martire, il quale, man­dato là a predicare la fede cattolica, nello stesso luogo, ucciso dagli eretici, compì il martirio, e dal Papa Benedetto decimoquarto fu annoverato fra i santi Martiri].

fonte – https://www.sursumcorda.cloud/preghiere/2160-preghiera-a-san-fedele-da-sigmaringa-24-4.html

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Preghiera a San Giorgio per vincere la battaglia (23.4)

+ O Giorgio! tu sei l’onore della milizia cristiana. Il servizio di un principe della terra non ti ha fatto dimenticare ciò che dovevi al re del cielo. Tu hai versato il sangue per la fede di Cristo, ed a sua volta Cristo ti ha fatto capo e condottiero delle armate cristiane. Sii il loro sostegno di fronte alle schiere nemiche, e assicura la vittoria ai difensori della giusta causa. Proteggili sotto le pieghe del tuo stendardo, ricoprili col tuo scudo, e spargi il terrore davanti a loro. Il Signore è il Dio degli eserciti, e la guerra entra spesso nei piani della Provvidenza, ora per un fine di giustizia, ora per quello di misericordia. Comandanti e soldati hanno bisogno dell’aiuto celeste. Muovendo guerra, sembrano spesso compiere un’opera umana, mentre, in realtà, eseguono quella di Dio. È per questo motivo ch’essi sono più disposti degli altri uomini a sentimenti di generosità, e che il loro cuore è più religioso. Il sacrificio, il pericolo, li elevano al di sopra di loro stessi: infatti i soldati occupano una gran parte nelle gloriose liste dei Martiri… (O glorioso San Giorgio guidaci alla vittoria!) Così sia. +
[Di dom Prosper Guéranger] [23 aprile, San Giorgio Martire. Il natale di San Giorgio Martire, il cui illustre martirio si venera dalla Chiesa di Dio tra le corone dei Martiri].

fonte – https://www.sursumcorda.cloud/preghiere/2159-preghiera-a-san-giorgio-per-vincere-la-battaglia-23-4.html

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Comunicato numero 158. La donna rattrappita e l’uomo idropico

Stimati Associati e gentili Sostenitori, vogliate, anche quest’anno, destinare il 5×1000 alla nostra piccola Associazione. È sufficiente indicare nella dichiarazione dei redditi (o in allegato ad altri modelli) il nostro codice fiscale – 01944030764 – nell’apposita casellina: «Sostegno delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, delle associazioni di promozione sociale …». Grazie, Dio Vi benedica! Veniamo all’Abate Ricciotti ed alla sua «Vita di Gesù Cristo», da cui oggi studieremo il capitolo: «La donna rattrappita e l’uomo idropico. Questioni conviviali».
• § 455. Fecero effetto queste minacce? [«In quest’ultima dilazione concessa all’albero, o esso darà frutti, ovvero finirà sotto i colpi d’accetta», cf. Sursum Corda n° 157]. Divampava l’incendio acceso da quel fuoco che Gesù era venuto a gettare sulla terra? In altre parole, si stava attuando il «cambiamento di mente» che ripudiava il vecchiume formalistico e ricercava lo spirito nuovo? A queste domande San Luca non dà una risposta esplicita, ma sembra bene che ne dia una implicita mediante un aneddoto ch’egli soggiunge alle narrazioni precedenti, e che mostra come il formalismo rabbinico gravasse quale cappa di piombo sugli spiriti e non fosse stato neppure scalfito dalle minacce di Gesù. L’aneddoto è quello della donna rattrappita guarita di sabbato (Luca, 13, 10-17); senonché lo stesso Evangelista, indulgendo alla sua predilezione per i quadretti abbinati, poco dopo questo aneddoto fa seguire l’altro somigliantissimo dell’uomo idropico guarito egualmente di sabbato (14, 1-6). I due quadretti si richiamano logicamente l’un l’altro, come una ripetuta e sfiduciata risposta alle precedenti domande sull’efficacia della predicazione di Gesù, ed è quindi opportuno presentarli affiancati; tuttavia, egualmente dai dati di San Luca confrontato con gli altri Evangelisti, appare che i due fatti sono cronologicamente staccati, e che la donna fu guarita poco prima della festa della Dedicazione e nella Giudea, l’uomo invece poco dopo quella festa e probabilmente nella Transgiordania. Gesù dunque, durante la sua peregrinazione nella Giudea, si recò di sabbato in una sinagoga e si mise a predicare. Tra i presenti vi era una donna malata da diciotto anni – forse di artrite o anche di paralisi – e così rattrappita che non poteva in nessun modo alzare la testa e guardare in alto. Vistala, Gesù la chiamò e le disse: «Donna, sei disciolta dalla tua malattia»; e le impose le mani. Quella, raddrizzatasi all’istante, si dette a ringraziare e glorificare Dio. L’archisinagogo che presiedeva all’adunanza (§ 64) s’indignò per quella guarigione fatta di sabbato; non osando però abbordare direttamente Gesù, se la prese con la folla arringandola stizzito: «Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare: in essi dunque venite a farvi curare, e non nel giorno del sabbato!». Per quello zelante archisinagogo la guarigione miracolosa non significava nulla, il sabbato invece – che del resto non era stato violato – significava tutto. Gesù allora rispose a lui e agli altri della mentalità di lui: «Ipocriti! ognuno di voi di sabbato non scioglie forse il suo bove o l’asino dalla mangiatoia, e (lo) conduce ad abbeverare?». Infatti, sciogliere o stringere un nodo di fune era compreso in quei 39 gruppi di azioni ch’erano proibite di sabbato (§ 70); ma nella pratica, trattandosi delle bestie domestiche, si provvedeva in una maniera o un altra al loro sostentamento. Messo ciò in chiaro, Gesù argomenta a fortiori concludendo: «E costei ch’è figlia di Abramo, e che il Satana legò or è diciotto anni, non bisognava che fosse sciolta da questo legame nel giorno di sabbato?». Al Satana erano fatte risalire comunemente malattie di ogni genere (§ 78). Se dunque c’era un giorno più opportuno di tutti per dimostrare la vittoria di Dio sul Satana, cioè del Bene sul Male, era appunto il sabbato, il giorno consacrato a Dio: quindi Gesù, meglio d’ogni altro, era penetrato nello spirito del sabbato, operando appunto in esso quella vittoria di Dio sul Satana.
• § 456. Al ragionamento di Gesù la folla assenti cordialmente; quanto ai suoi avversari, San Luca dice che rimasero confusi, ma ciò non significa che assentissero al ragionamento. Già vedemmo che l’osservanza rabbinica del sabbato era uno dei piloni su cui troneggiavano i Farisei e che non doveva mai crollare (§ 431). Anche se i fatti miracolosi smentivano quell’osservanza, ciò non significava nulla: si trascurassero i fatti e si bestemmiasse lo Spirito santo (§ § 444, 446), purché rimanesse il sabbato farisaico. Continua a leggere
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Disponibile il numero 158 di Sursum Corda – 5×1000

Sul sito è disponibile il numero 158 (del giorno 28 aprile 2019) di Sursum Corda®.
– CoIndice del Numero 158 di Sursum Corda, 28 aprile 2019 municato numero 158. La donna rattrappita e l’uomo idropico;
– Alcune questioni conviviali;
– Preghiera a San Giorgio per vincere la battaglia;
– Papa San Pio X sulle Processioni e sulle Rogazioni;
– Estratto dall’Enciclopedia Cattolica sulle Rogazioni.
 
fonte – https://www.sursumcorda.cloud/tags/numero-158.html

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SPIEGARE LA MISERICORDIA DI DIO

 

Spiegare la misericordia di DioChe cos’è la misericordia di Dio? (da «I Tesori di Cornelio ALapide»)
Come proprietà della luce è illuminare, così proprietà di Dio è avere pietà delle sue creature, diceva San Nilo (Vit. Patr.). La misericordia è virtù naturale e divina; il Sommo bene è sommamente misericordioso e benefico. Perciò il Salmista pone al di sopra di tutte le opere di Dio la misericordia: – Miserationes eius super omnia opera eius (Psalm. CXLIV,9). San Pietro ci esorta a benedire Dio Padre, a ragione della grande misericordia per cui impulso ci ha rigenerati alla speranza viva: Benedictus Deus et Pater Domini nostri Iesu Christi, qui secundum misericordiam suam magnani regeneravit nos in spem vivam! (I Petr. I,3). Finalmente la Chiesa così si volge a pregare Dio nella liturgia: «O Signore Iddio, del quale è cosa tutta propria aver sempre pietà e perdonare, ricevete favorevole la nostra domanda» – Deus cui proprium est misereri semper et parcere, suscipe deprecationem nostram.
Grande e senza confini è la misericordia di Dio: 1° Per la sua causa efficiente, perché viene da Dio e dal suo amore immenso per noi; 2° Per l’oggetto che ci presenta. Dio ci ha dato il Figliuol suo Unigenito, per mostrarci quanta abbondanza egli spande, per mezzo di lui, le sue misericordie sopra di noi; 3° Per il soggetto al quale si applica. Noi non siamo altro che vermi della terra, carichi di peccati e di miserie. Egli ci ha chiamati a sé e resi capaci di ricevere la sua grazia e la sua gloria. In questo senso dice il Salmista, che «l’abisso invoca l’abisso» – Abyssus abyssum invocat (Psalm. XL1, 7). L’abisso delle miserie umane invoca l’abisso delle misericordie divine; 4° Per la moltitudine dei doni che ci ha fatto. Chi infatti potrebbe enumerare le grazie ed i favori di cui ci ha colmati e continuamente ci ricolma Dio? Questo faceva dire a Sant’Agostino: 0 Signore, io ho dalla vostra misericordia tutto ciò che sono; infatti che cosa ho fatto io, per cui meritassi di vivere? Che cosa ho fatto, per meritarmi di potervi invocare? Nessuno si può paragonare a voi in misericordia; da voi, o Dio mio, misericordia mia, ho ricevuto l’essere, da voi ho ricevuto l’essere buono (Conc. 11, in Psalm. LVIII); 5° Rispetto ai luoghi e ai tempi. Infatti si estende a tutti gli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi, secondo quelle parole del profeta: «La terra è piena della misericordia del Signore» – Misericordia Domini piena est terra (Psalm. XXXII,5). Per i santi questa misericordia dura in eterno; 6° Per il fine a cui tende, che è di condurci al regno dell’eterna gloria. Davide, rapito in estasi alla considerazione della misericordia divina, dice: «Voi avete, o Signore, moltiplicato in immenso la vostra misericordia» – Multiplicasti misericordiam tuam (Psalm. XXXV,7).
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Per vivere secondo Dio, che cosa dobbiamo fare?

32. Per vivere secondo Dio, che cosa dobbiamo fare? Per vivere secondo Dio dobbiamo credere le verità rivelate da Lui e osservare i suoi comandamenti con l’aiuto della sua grazia, che si ottiene mediante i sacramenti e l’orazione.
61. Che cosa sono i comandamenti di Dio? I comandamenti di Dio o Decalogo sono le leggi morali che Dio nel Vecchio Testamento diede a Mosè sul monte Sinai, e Gesù Cristo perfezionò nel Nuovo.
62. Chi trasgredisce i comandamenti di Dio pecca gravemente? Chi deliberatamente trasgredisce anche un solo comandamento di Dio in materia grave, pecca gravemente contro Dio e, perciò, merita l’inferno.
63. Che ci ordina il primo comandamento: “Io sono il Signore Dio tuo: non avrai altro Dio fuori di me”? Il primo comandamento: “Io sono il Signore Dio tuo: non avrai altro Dio fuori di me”, ci ordina di essere religiosi, cioè di credere in Dio, di amarlo, adorarlo e servirlo.
64. Che ci proibisce il primo comandamento? Il primo comandamento ci proibisce l’empietà, la superstizione, l’irreligiosità, l’eresia e l’ignoranza colpevole delle verità della fede.
65. Che ci proibisce il secondo comandamento: “non nominare il Nome di Dio invano”? Il secondo comandamento: “non nominare il Nome di Dio invano”, ci proibisce di nominarlo senza rispetto, di bestemmiare, di fare giuramenti falsi o illeciti.
66. Che ci ordina il secondo comandamento? Il secondo comandamento ci ordina di avere sempre riverenza per il nome di Dio, e di adempiere i voti e le promesse giurate.
67. Che ci ordina il terzo comandamento: “ricordati di santificare le feste”? Il terzo comandamento: “ricordati di santificare le feste”, ci ordina di onorare Dio nei giorni di festa, con atti di culto esterno, dei quali per i cristiani l’essenziale è la Santa Messa.
68. Che ci proibisce il terzo comandamento? Il terzo comandamento ci proibisce nei giorni di festa le opere servili e qualunque opera che ci impedisce il culto di Dio.
69. Quali opere si dicono servili? Si dicono servili i lavori manuali propri, degli artigiani e degli operai.
70. Che ci ordina il quarto comandamento: “onora il padre e la madre”? Il quarto comandamento: “onora il padre e la madre”, ci ordina di amare, rispettare e ubbidire i genitori e i nostri superiori in autorità.
71. Che ci proibisce il quarto comandamento? I quarto comandamento ci proibisce di offendere i genitori e i superiori in autorità e di disubbidirli. Continua a leggere
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Le Vittorie di Gesù Salvatore nella Sua risurrezione e la grande vittoria del cristiano

Breve omelia. «Surrexit, non est hic» (san Marco, XVI). Dopo i giorni del lutto ecco il giorno del gaudio e dell’allegrezza. Oggi, nella Chiesa risuonano parole di giubilo, echeggiano cantici di trionfo, i quali indicano l’eccesso della sua gioia dopo le lacrime e dopo il dolore. «Haec dies quam fecit Dominus» (Salm., 117). Gli uomini chiamano col nome «di loro giornata» quelle giornate in cui ebbero delle vittorie, o compirono belle azioni e gesta gloriose. Con maggiore ragione questo gran giorno, possiamo proclamarlo il giorno del divin Salvatore. Se nei passati giorni abbiamo visto l’Uomo-Dio vinto dagli sforzi dei Suoi nemici, oggi lo ammireremo, ce lo rappresenteremo come un vittorioso che trionfa: 1.° Della morte, sotto la quale aveva dovuto soccombere, e che ci dà sicurezza certa di risorgere un dì al pari di Lui. 2.° Dell’infedeltà, in cui i Suoi Apostoli e tutti gli uomini sarebbero eternamente rimasti senza la Sua risurrezione. 3.° Del demonio, allora incontrastato padrone del mondo. 4.° Del peccato, che fu la causa della morte di Gesù, benché fosse innocente, come fu la causa della morte di tutti gli uomini. Niente è più valido per arrestare i nostri disordini, o fedeli, che il pensiero della risurrezione di Gesù e della nostra. Sono queste le quattro vittorie più segnalate che riporta in questo gran giorno Nostro Signore Gesù Cristo. Sono questi i motivi che giustificano anche ora la grande allegrezza della Chiesa. Ora nella risurrezione di Gesù noi vediamo insieme un miracolo ed un esempio: un miracolo per la nostra fede, un esempio per la nostra vita. E l’esempio che ci dà Gesù vittorioso della morte, dell’infedeltà, del peccato è di imitarLo anche noi nel riportare la nostra più grande vittoria. Quale è questa grande vittoria? Lo Spirito Santo c’insegnerà «che l’uomo paziente è da preferire al forte; e che chi domina il proprio cuore, vale assai più di chi espugna le città» (Prov., XVI, 32). Chi è veramente potente? Chi riporta belle ed utili vittorie? Colui che resiste al demonio, che vince il mondo, che doma le passioni, che soggioga se stesso. Questa è la risposta che ci dà oggi Gesù Cristo col Suo esempio, e che risuona dalla Sua infallibile parola. (…) I santi Padri s’accordano: «Camminiamo sulle orme di Gesù Cristo, dice sant’Agostino, e se noi sappiamo vincere le nostre passioni ed i nostri vizi, se le costringiamo a stare a noi soggette, ce ne facciamo scala per salire in alto» (Sermone de Ascens.). E san Bernardo: «Una specie di martirio molto meritorio è mortificare e vincere, con lo spirito, le opere della carne; il martirio del ferro e del fuoco pare più terribile, ma quello è più doloroso per la sua durata» (Serm. 4.° de Ascens.). Animo, dunque, o atleti di Gesù Cristo; combattiamo da valorosi il buon combattimento; lotta al male, al peccato, morte dell’anima; lotta al demonio; lotta al mondo. Per la fede, per la immortalità, per la Vita eterna!
[Dal Prontuario del Predicatore, Houdry – Porra, Vol. IV, parte I, pag. 552 e seg., Imprimatur 1934].
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Disponibile il numero 157 di Sursum Corda, 21 aprile 2019

INDICE
– Comunicato numero 157. Urgenza del cambiamento di mente;
– (Con gli auguri di Santa Pasqua);
– Orazione a Maria Regina dei Martiri;
– Papa Leone XII, Qui pacem, Omelia della Domenica di Pasqua, 1826;
– Dizionario di teologia dommatica. La Risurrezione di Cristo.

fonte – https://www.sursumcorda.cloud/settimanale/indici-sursum-corda/2150-indice-del-numero-157-di-sursum-corda-21-aprile-2019.html

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