Breve storia dell'Islam raccontata dal Dottore della Chiesa Sant'Alfonso

Da Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, «Storia delle Eresie» (Parte III, Cap. IV), «Verità della Fede» (Cap. VII – Eresie del secolo VII), ed altri luoghi.
Maometto, fondatore di questa setta micidiale, quella Maomettana, che ha infettato la maggior parte del mondo cristiano, nacque in Arabia all’anno 568 (La Mecca, 570 circa – Medina, 8 giugno 632), secondo il Fleury, da una nota famiglia.
Morto il padre, fu avviato all’arte del mercanteggio da uno zio. All’età di 28 anni, fu preso prima come fattore e poi come marito da una vedova nobile e ricca, chiamata Khadīja. Fu educato nell’idolatria, ma più avanti con gli anni maturò l’idea di cambiare religione e di farla così cambiare a tutti gli arabi, che erano idolatri, propagando, come egli sconsideratamente sosteneva, la religione antica di Adamo, di Abramo, di Noè e dei profeti, fra i quali Maometto annoverava anche Gesù Cristo.
Finse per molto tempo di aver colloqui familiari con l’Arcangelo san Gabriele nella grotta d’Hira, situata poco distante dalla Mecca, dove egli spesso si ritirava. Nell’anno 608, avendo Maometto raggiunto i 40 anni, cominciò a proclamarsi profeta ispirato da Dio, e per tale si fece riconoscere inizialmente dai suoi parenti e domestici; quindi cominciò a predicare in pubblico nella Mecca, riprovando l’idolatria.
La gente non ascoltava le sue parole, richiedendogli qualche miracolo a conferma della sua missione dal mandato divino. Maometto rispondeva che egli era mandato da Dio non a far miracoli, ma solo a predicare la verità. Con tutto ciò, l’impostore, nel suo Alcorano, vanta d’aver fatto un miracolo, ma molto ridicolo; dicendo che, «essendo caduto un pezzo della luna (…), egli aveva saputo racconciarlo: e perciò poi l’imperio dei Maomettani ha l’impresa della mezza luna». Continua a leggere
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Disponibile il numero 154 di Sursum Corda del giorno 31 marzo 2019

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– Comunicato numero 154. Guarigione di un indemoniato;
– (Con) breve riflessione sui recenti “fatti di Verona”;
– Preghiera al Beato Amedeo IX, Duca di Savoia;
– Papa Pio XII sull’uso immorale del matrimonio e sulla contraccezione;
– Orazione a San Secondo di Asti, Martire;
– Papa Pio XII sull’aborto e sul valore della vita naturale e soprannaturale;
– Preghiera a San Giovanni da Capestrano;
– Teologia morale sull’aborto e risposte alle principali obiezioni;
– Preghiera a San Giovanni Damasceno, Dottore;
– Breve storia dell’Islam raccontata dal Dottore della Chiesa Sant’Alfonso.
Preghiamo per i nostri Sacerdoti e Religiosi/e, per le vocazioni, per le famiglie, per le intenzioni della nostra Associazione e per la conversione dei modernisti affidandoci alla potente intercessione di San Giovanni di Dio .
Ossequi, Carlo Di Pietro.

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Preghiera di san Pio X a san Giuseppe patrono dei lavoratori (prima del lavoro)

Glorioso san Giuseppe, modello di tutti i lavo­ratori, ottenetemi la grazia di lavorare con spirito di penitenza per l’espiazione dei miei numerosi peccati: di lavorare con coscienza, met­tendo il culto del dovere al di sopra delle mie inclinazioni, di lavorare con riconoscenza e gioia, considerando come un onore di impiegare e far fruttare, mediante il lavoro, i doni ricevuti da Dio: di lavorare con ordine, pace, moderazio­ne e pazienza, senza mai retrocedere davanti alla stanchezza e alle difficoltà: di lavorare spe­cialmente con purezza di intenzione e distacco da me stesso, avendo sempre davanti agli occhi la morte e il conto che dovrò rendere del tempo perso, dei talenti inutilizzati, del bene omesso, del vano compiacimento nel successo, così fune­sto all’opera di Dio. Tutto per Gesù, tutto per Maria, tutto a Vostra imitazione, o Patriarca Giuseppe! Questo sarà il mio motto per tutta la vita e al momento della morte. Così sia.
Fonte: https://www.sursumcorda.cloud/preghiere/41-preghiera-di-san-pio-x-a-san-giuseppe-patrono-dei-lavoratori.html

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Papa Pio XII sul culto a Dio e sulla santificazione delle feste

• Il culto da rendersi a Dio. La prima [osservazione necessaria per restaurare la società] concerne il senso stesso del culto da rendersi a Dio, senso che negli ultimi cento anni si è venuto oscurando anche in mezzo ai fedeli. Se infatti in ogni tempo accade che nel santuario della vita religiosa personale gli uomini cerchino e si studino di far avanzare il proprio interesse, questo si vide oltre misura verificato e provato sotto l’influsso della superba e vanitosa cultura materialistica, che signoreggiò le moderne generazioni. Si vollero ridurre i rapporti tra Dio e l’uomo all’aiuto di Dio nelle occorrenze materiali e terrene; per il resto l’uomo volle fare da sé quasi che più non avesse bisogno del sostegno divino. Il culto di Dio divenne un concetto dell’utile; la religione dalla sfera dello spirito cadde in quella della materia. La pratica religiosa non usava che chiedere favori al cielo per i bisogni della terra, facendo quasi i conti con Dio; la fede vacillava, se l’aiuto non rispondeva al desiderio. Che religione e fede avanti ogni altra cosa importino adorazione e servizio di Dio; che vi siano Comandamenti di Dio, i quali obbligano sempre, in ogni luogo e in tutte le circostanze; che per il cristiano la vita futura domini e determini la terrena; questi concetti e queste verità, che reggono e guidano l’intelletto e la volontà del credente, erano divenuti estranei al pensiero e al sentimento dello spirito umano. A tale traviamento qual rimedio conviene opporre? Fa d’uopo che le grandi verità e i grandi concetti della fede ritornino, come vita e realtà, in tutte le classi del popolo, nelle superiori ancor più che in quelle diseredate e provate dall’indigenza e dalla miseria di quaggiù. Bisogno più urgente di questo nell’educazione religiosa non vi è forse al presente, che non solo lo esige, ma facilita anche il provvedervi, perché quanto adesso di mali e di sventure l’umanità sperimenta per la decadenza della morale e della giustizia, viene ad essere una correzione terribilmente aperta e dolorosa della falsa idea di Dio e della religione stravolta nella sua pratica. È stato detto che il prodigio di questi anni sono i milioni di fedeli che onorano Dio e lo servono, sottomessi ai suoi Comandamenti, sebbene siano venuti a trovarsi in condizioni di strettezze indicibili. Certamente così devoti e impavidi cristiani, vanto della Chiesa, vi sono, e voi stessi, diletti figli, ne conoscete non pochi; adoperatevi con zelo, affinché crescano sempre più in numero tra i credenti affidati alle vostre cure. Continua a leggere
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Sul delitto rituale, storia e critica (di Mons. Umberto Benigni)

Dalla conclusione della ricerca: «Ecco (qui esposte) le ragioni che ci vietano di credere assolutamente esaurita in senso negativo la questione angosciosa del delitto propriamente rituale». Mons. Umberto Benigni (Sodalitium Pianum), copia anastatica di «Storia Sociale della Chiesa» 5/7, ed. C.L.S., Verrua Savoia, 2018, volume IV, tomo 1, dalla pagina 369 alla pagina 387.

Dura da secoli la polemica intorno all’esistenza ed alla natura del cosiddetto «delitto rituale» ebraico per versare il sangue di cristiani specialmente fanciulli: ai nostri giorni [l’Autore scrive negli anni ‘20] il processo Beylis ha dato occasione ad un rinnovamento delle polemiche da una parte e dall’altra. Siccome il «delitto rituale» si afferma nel medioevo, è qui il caso di parlarne anche per i periodi susseguenti.
[Per il delitto rituale e per il suo ambiente ispiratore, cfr. Paepstliche (Die).,. Blutbesch.; M. Stern, Urk. Beitr.; H. L. Strace:, Das. Blut.; D. Chwolson, Die Blutank.; citati da P. Vernet, Ce que les papes, ecc. Cfr. anche Roccadadria, Nella tribù, ecc.; E. Picard, La synthèse, ecc.: Il processo Beylis (fine del 1913) produsse una grande fioritura di articoli prò e contro l’accusa generale, nei quali può trovarsi qualche nota storica e documentale da apprezzarsi. Notevole a favore dell’accusa, quello dei «Cahiers Romains» riprodotto da vari giornali (v. la «Croix» di Parigi 14 novembre 1913, e del «Diario de Barcellona» 7 novembre); contro l’accusa quello della «Neue Eresie Presse» di Vienna (4 novembre). Di valore storico è il sovraccennato di Vernet].
Avanti tutto bisogna fissare la natura e le caratteristiche del delitto in questione. Perchè un delitto sia «rituale», deve essere non solo prodotto da una determinante d’indole religiosa, – dall’odio contro fedeli di altra credenza —, ma deve rivestire le forme o le mentalità di un rito. E tale è precisamente il discusso «delitto rituale» cui si attribuisce di essere determinato dall’inveterato odio israelitico contro i cristiani, ed estrinsecato con certe circostanze che rilegano il crimine ad una forma od almeno ad una mentalità rituale. Continua a leggere
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Dottrina politica dei Papi: la Carità nella «Quadragesimo Anno»

Dalla Quadragesimo Anno, 15 maggio 1931, Papa Pio XI: «A quel modo cioè che l’unità della società umana non può fondarsi nella opposizione di classe, cosi il retto ordine dell’economia non può essere abbandonato alla libera concorrenza delle forze. Da questo capo anzi, come da fonte avvelenata, sono derivati tutti gli errori della scienza economica individualistica, la quale dimenticando o ignorando che l’economia ha un suo carattere sociale, non meno che morale, ritenne che l’autorità pubblica la dovesse stimare e lasciare assolutamente libera a sé, come quella che nel mercato o libera concorrenza doveva trovare il suo principio direttivo o timone proprio, secondo cui si sarebbe diretta molto più perfettamente che per qualsiasi intelligenza creata. Se non che la libera concorrenza, quantunque sia cosa equa certamente e utile se contenuta nei limiti bene determinati; non può essere in alcun modo il timone dell’economia; il che è dimostrato anche troppo dall’esperienza, quando furono applicate nella pratica le norme dello spirito individualistico. Continua a leggere

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La madre di Melantone in punto di morte

La madre di Melantone – quest’ultimo fu uno tra i più famosi discepoli del dannato Lutero – era stata trascinata dal figlio nella pretesa Riforma luterana. Giunta all’estremo dei suoi giorni, fece chiamare il preteso riformatore, e in quel momento supremo lo interrogò solennemente: «Figlio mio, da te consigliata, ho abbandonato la Chiesa cattolica per abbracciare la nuova religione. Ora, che sto per comparire al Tribunale di Dio, dimmi schiettamente in quale fede io debbo morire». Melantone abbassò il capo, dopo silenzio, e disse: «Madre mia, la dottrina protestante è più facile, ma la cattolica è più sicura».
(Audin, Vita di Lutero, III, pag. 288 – Citato da Mons. De Ségur – Un Cattolico può farsi Protestante?)
FONTE – https://www.sursumcorda.cloud/articoli/centro-studi-vincenzo-ludovico-gotti/2111-la-madre-di-melantone-in-punto-di-morte.html

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Dottrina politica dei Papi: la Carità nella «Notre charge apostolique»

Dalla Notre charge apostolique, 25 agosto 1910, Papa san Pio X: «Dunque il Sillon (la cosiddetta Democrazia cristiana francese, ndR) semina fra la vostra gioventù cattolica nozioni erronee e funeste sull’autorità, sulla libertà e sull’ubbidienza. […] Lo stesso accade per la nozione di fraternità, di cui stabiliscono la base nell’amore degli interessi comuni, oppure, al di la di tutte le filosofie e di tutte le religioni, nella semplice nozione di umanità, comprendendo così nello stesso amore ed in un’eguale tolleranza tutti gli uomini con tutte le loro miserie, tanto intellettuali e morali quanto fisiche e temporali. Orbene, la dottrina cattolica ci insegna che il primo dovere della carità non consiste nella tolleranza delle convinzioni erronee, per quanto sincere esse siano, né nella indifferenza teorica o pratica per l’errore o per il vizio in cui vediamo immersi i nostri fratelli, ma nello zelo per il loro miglioramento intellettuale e morale, non meno che per il loro benessere materiale. Questa stessa dottrina cattolica ci insegna pure che la sorgente dell’amore per il prossimo si trova nell’amore di Dio, padre comune e comune fine di tutta l’umana famiglia, e nell’amore di Gesù Cristo, di cui siamo le membra al punto che consolare un infelice equivale a far bene a Gesù Cristo stesso. Ogni altro amore è illusione o sentimento sterile e passeggero. Continua a leggere
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Dizionario di teologia dommatica. La Grazia abituale

La grazia abituale è un dono divino infuso da Dio nell’anima e per natura sua permanente. La grazia abituale, in senso ristretto, è quella infusa nell’essenza dell’anima e si chiama anche grazia santificante e giustificante, in quanto conferisce la santità e rende giusto chi era peccatore. In senso più largo la grazia abituale, oltre alla grazia santificante, comprende anche le virtù e i doni dello Spirito Santo, che sono come una ramificazione della grazia santificante e investono le facoltà dell’anima. Gli Scolastici, movendo dai dati della Rivelazione, avevano sviluppato una copiosa dottrina intorno alla grazia abituale, con l’aiuto della teoria aristotelica degli abiti. Ma (il perverso) Lutero, avversò a questa teoria per la sua mentalità nominalistica, rigettò tutta la dottrina tradizionale, riducendo la grazia santificante a un estrinseco favore divino o a una estrinseca imputazione della santità di Cristo al peccatore, che resta intrinsecamente corrotto e insanabile (v. Luteranesimo). I Protestanti battono la via del maestro fino ai nostri tempi (…). Baio (v. Baianismo) concepisce la grazia dinamicamente cioè soltanto attuale e la identifica con l’attività moralmente buona e salutare ossia con la osservanza dei precetti divini, che, secondo lui, è possibile solo con la grazia, elemento integrativo della creatura. Continua a leggere

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