Belgio, eutanasia a 11enne con fibrosi cistica. Scelta “libera”?

Secondo la legge la morte del paziente deve essere prevedibile entro breve tempo. Ma per la fibrosi cistica si parla di «aspettativa media di vita intorno ai 40 anni», senza considerare i progressi della medicina
 di Leone Grotti

 Tre minori sono stati uccisi in Belgio con l’eutanasia. La legge che estende la “buona morte” anche ai minori è entrata in vigore il 2 marzo 2014 e se nei primi due anni non è pervenuta (almeno ufficialmente) nessuna richiesta, tra il 2016 e il 2017 hanno ricevuto l’iniezione letale tre bambini di 9, 11 e 17 anni.

LE PATOLOGIE. La Commissione federale di valutazione e controllo dell’eutanasia non ha fornito i dettagli medici dei singoli casi. Si sa solamente che il 17enne era affetto da distrofia muscolare di Duchenne, il bambino di nove anni soffriva di tumore al cervello, mentre quello di 11 aveva la fibrosi cistica.

COSA DICE LA LEGGE. La legge non prevede limiti di età per richiedere l’eutanasia. Un bambino può ottenere la “buona morte” quando: si trova in uno stato di sofferenza fisica o psichica giudicato soggettivamente costante e insopportabile, si trova in una condizione per cui la morte è prevedibile entro breve tempo, è in grado di discernere e uno psicologo o uno psichiatra accerta che «ciò che esprime è ciò che comprende». La richiesta deve inoltre essere libera e non condizionata e ottenere il consenso di entrambi i genitori.
SCELTA LIBERA? Davanti a questi criteri, e non conoscendo i casi specifici perché la commissione non ha voluto diffondere i dettagli, ci si può porre delle domande soprattutto riguardo al bambino affetto da fibrosi cistica. È credibile che a soli 11 anni abbia compiuto liberamente la scelta di morire, senza essere influenzato da terzi, comprendendo pienamente ciò che questa scelta comportava? È credibile che, qualora sia stato fatto, il bambino abbia compreso quali erano le strade terapeutiche che poteva intraprendere per evitare l’eutanasia?
FIBROSI CISTICA. Ci si può chiedere inoltre anche se la legge sia stata rispettata laddove prevede che la morte sia prevedibile entro breve tempo. Secondo la Lega italiana fibrosi cistica, nel nostro paese si verificano 200 nuovi casi all’anno. Oggi quasi 6.000 bambini, adolescenti e adulti affetti dalla patologia vengono curati in centri specializzati. Secondo la Fondazione ricerca fibrosi cistica, «oggi ci sono più adulti che bambini con fibrosi cistica. Le statistiche suggeriscono un’aspettativa mediana di vita intorno ai 40 anni: queste previsioni sono in continuo miglioramento grazie ai progressi della ricerca». Negli Stati Uniti la speranza di vita media con questa malattia è di 43 anni. Inoltre, spiega la Lega italiana, «le terapie hanno avuto negli ultimi anni notevoli sviluppi. Infatti, accanto a una terapia dei sintomi adesso si comincia a disporre di terapie personalizzate che curano il difetto di base in alcune forme e si spera che, entro alcuni anni, tutte le mutazioni genetiche saranno curabili».
«EUTANASIA NORMALIZZATA». I casi variano molto l’uno dall’altro, ma in assenza dei dettagli clinici è comunque lecito domandarsi se l’eutanasia fosse l’unica possibilità per questo bambino. In Belgio la “buona morte” è una scelta sempre più comune e accettata: se nel 2004 hanno ricevuto l’iniezione letale 349 persone, nel 2017 ben 2.309. Come constatato da un esperto belga che lavora presso il Centro di etica biomedica, Chris Gastmans, «l’eutanasia dopo 15 anni è ormai qualcosa di normale, è considerata un nuovo modo di morire. La gente in Belgio considera ormai l’eutanasia un diritto e crede che sia un modo normale e buono di morire».
Foto Shutterstock

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Altre notizie dal mondo gay (sempre meno gaio): trans nelle quote rosa, il ritratto di Oscar Wilde che la vulgata gay nasconde, in Belgio la Chiesa (conciliare, n.d.r.) dà l’ok agli atti gay

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(LETTURA AUTOMATICA)
Dopo una serie di incontri con diverse amministrazioni comunali, è partita la macchina organizzativa dei vari gay pride, che sposteranno qualche migliaio di attivisti LGBT da una città all’altra della penisola.
Tuttavia, dopo i primi permessi, i sindaci di Genova e Trento hanno fatto opportune precisazioni: non potendo negare il permesso per l’occupazione dello spazio pubblico, la provincia di Trento ha negato il patrocinio al gay pride perché, secondo il suo presidente Ugo Rossi (autonomista, centro sinistra), «non apporta alcun contributo alla crescita e valorizzazione della società trentina».
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Pertanto, le dichiarazioni dei due sindaci citati possono fornire indicazioni sul come fermare l’annuale caravanserraglio di bestemmie, oscenità, porcherie e irrisione della religione cattolica. Continua a leggere

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