Il capitalismo ci sta uccidendo?

di Paul Craig Roberts
Il capitalismo ci sta uccidendo?
Fonte: Comedonchisciotte
Alcuni economisti ad indirizzo ecologista, come Herman E. Daly, sostengono che i costi esterni correlati all’inquinamento e al depauperamento delle risorse mondiali non vengono presi in considerazione dal prodotto interno lordo, per cui  non possiamo sapere se un aumento del PIL è, in realtà, un guadagno o una perdita.
I costi esterni sono enormi ed in crescita costante. Da che mondo è mondo, le multinazionali manifatturiere e industriali, quelle del comparto agroalimentare, i sistemi fognari cittadini, ed altri colpevoli hanno fatto pagare ai terzi i costi delle loro attività nocive per l’ambiente. Recentemente ci sono state numerossime segnalazioni, molte delle quali centrate sul Roundup della Monsanto, il cui principale componente, il glifosato, è ritenuto cancerogeno.
Un’organizzazione volta alla salvaguardia della salute pubblica, l’Environmental Working Group, ha riferito di recente che i suoi test hanno evidenziato la presenza di glifosato in 43 su 45 tipi di alimenti per la prima colazione dei bambini, comprendenti muesli, fiocchi d’avena e merendine prodotte da Quake, Kellog e General Mills. LINK.
In Brasile si è scoperto che l’83% del latte materno contiene glifosato. LINK.
L’Istituto per l’Ambiente di Monaco ((Umweltinstitut München) ha riferito che 14 delle marche di birra tedesche più vendute contengono glifosato. LINK.
Il glifosato è stato trovato nelle urine dei contadini messicani e nelle falde acquifere messicane. LINK.
Secondo Scientific American, “anche i composti inerti del Roundup sono in grado di uccidere le cellule umane, in modo particolare quelle embrionali, placentari e del cordone ombelicale.” LINK.
Un tossicologo tedesco ha accusato di frode scientifica l’Istituto Federale Tedesco per la Valutazione del Rischio (Bundesinstitut für Risikobewertung) e l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (European Food Safety Authority – EFSA) per aver accettato la tesi di un gruppo di lavoro gestito dalla Monsanto sulla non-cancerogenicità del glifosato. LINK. Continua a leggere

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Tra razzismo e anti-razzismo muoiono le identità

di Alessandro Soldà Cristofari
Tra razzismo e anti-razzismo muoiono le identità
Fonte: oltre la linea
Partiamo da un caso di cronaca: una ragazza statunitense pubblica sul suo profilo social alcune foto in cui lei indossa un bell’abito da sera ad una festa (il cui dress code richiede una certa eleganza).
Accanto ai complimenti sotto alle fotografie appaiono però alcuni commenti più critici, diciamo pure che viene insultata: la sua colpa è quella di indossare un vestito tradizionale cinese, simbolo dell’emancipazione femminile, senza sapere il significato, mancando di rispetto all’intero popolo cinese.
E per non farci mancare niente, viene pure accusata di appropriazione culturale e di piegare un abito simbolico al puro edonismo simbolo dalla società capitalista e consumista americana. Alla fine, nonostante l’attacco vile e senza senso, quelle foto rimangono sul suo profilo: perché quel vestito le piace, e non sarà certo quella cattiveria gratuita sui social a costringerla a cambiare idea.
Di fronte a questa vicenda si rimane perplessi; da parte sua non c’è stata alcuna palese o quanto meno volontaria mancanza di rispetto verso la Cina, vivendo in una società in cui il consumo è la cultura prevalente a discapito del retaggio tradizionale e storico anteriore – che è quello dei singoli e rispettivi popoli-, ed è dunque normale non essere a conoscenza che certi accessori e oggetti rimandino ad un evento o ad una vicenda di fondamentale e storica importanza per una nazione, com’è il caso dell’abito della ragazza. Continua a leggere

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Il profilo geopolitico della sudditanza italiana

Il profilo geopolitico della sudditanza italiana
di Paolo Borgognone 
Fonte: Gefira

1) Quando (e come) è iniziato lo “sganciamento” della sinistra italiana dalle masse popolari?
A sinistra, in quanto partito dei ceti borghesi, illuministi e proprietari sin dalla fine del XVIII secolo non si costituisce come riferimento delle masse popolari, con cui è anzi in conflitto. La sinistra ha “esordito” sulla scena europea con il genocidio della Vandea, in cui le masse popolari considerate tradizionaliste furono sterminate dai giacobini… Nel XIX secolo la sinistra fu, in Italia, il partito di riferimento della nuova borghesia industriale e il socialismo non nacque, originariamente, come ideologia di sinistra ma comunitaria. La sinistra incontrò successivamente, diciamo all’inizio del XX secolo, le masse popolari e fu l’interprete della fase dialettica del capitalismo ma col Sessantotto, momento fondante della nuova sinistra come partito della modernizzazione radicale dei costumi e dei consumi borghesi, la convergenza tra sinistra e popolo, tra intellettuali progressisti e classi lavoratrici, era già nuovamente dileguata. Da lì in avanti, le strade degli intellettuali di sinistra europei e quelle dei ceti operai, lavoratori e subalterni si divisero irrimediabilmente, almeno dal punto di vista della precedente alleanza ideologica stabilita nelle fasi culminanti del trentennio glorioso del capitalismo fordista/keynesiano (1945-1975).
2) Perché la sinistra ha “abbandonato” gli ultimi e si è buttata sul carro del turbocapitalismo globale?
Perché la sinistra europea odierna è una forma di americanizzazione, un esempio lampante di “politica fashion” che guarda ai ceti agiati metropolitani, cosmopoliti, gay-oriented e con pretese intellettuali. Io credo che l’ideologia di riferimento della sinistra liberal e radical-chic, cioè il politically correct e la cultura della mobilità surmoderna, costituisca il versante sistemico del capitalismo globale. La democrazia liberale, cioè l’autogoverno dei ceti ricchi, è il modello politico che le classi dirigenti internazionali di “sinistra” proclamano, acriticamente, come una sorta di nuovo “paradiso in terra”. Ora, è ovvio che la democrazia liberale costituisca l’involucro politico migliore entro cui può svilupparsi il capitalismo odierno, finanziarizzato e digitalizzato. Per questa ragione, la democrazia liberale è anche il modello politico peggiore che le classi subalterne possano augurarsi perché in un contesto di liberalismo reale le istanze rivendicative, sociali, dei ceti lavoratori e subalterni non hanno alcuna possibilità di costituirsi né di trovare accoglimento presso i dominanti. La separazione tra la cultura di sinistra e le classi popolari è un fenomeno storico perfettamente in linea con il ciclo di riproduzione capitalistico odierno. Il capitalismo contemporaneo è infatti gauchiste, cioè animato da presupposti ispirati al principio della liberalizzazione dei costumi, dei consumi e dei desideri borghesi. La sinistra considera i diritti sociali dei lavoratori come un retaggio statalista e patriarcale di memoria “sovietica” e riconosce nella pseudo-cultura della mobilità la cifra degli odierni processi di “modernizzazione economica liberale” cui i partiti progressisti europei aderiscono convintamente. In Italia, il PD è il “partito liberale americano” ed è contento di esserlo. Ne prendo atto. Pace all’anima sua…
3) A chi giova / chi è dietro i tamburi dell’antifascismo in Italia (in assenza di fascismo)?
La narrativa dell’antifascismo in assenza di fascismo giova a quelle forze politiche, economiche, mediatiche e accademiche protese a cercare di puntellare i rapporti di forza e gli equilibri di classe esistenti nel regime del capitalismo liberale e della società di mercato. Nel 2018, in Italia, il mainstream ha riattivato i meccanismi politico-ideologici della strategia della tensione, questa volta in funzione antisovranista e, come del resto negli anni Sessanta/Settanta del secolo scorso, anti-russa. L’Italia è infatti un Paese sconfitto e a sovranità limitata o inesistente, una sorta di colonia della Nato. L’Alleanza atlantica non può permettere in alcun modo uno slittamento della politica estera italiana in direzione filo-russa. Non poteva permetterlo negli anni Sessanta/Settanta del XX secolo e non può consentirlo ora. I destinatari delle politiche globaliste di strategia della tensione sono quei partiti e attori sociali che si collocano fuori dal mainstream e che intendono stabilire rapporti di distensione e collaborazione con la Russia. La Russia è infatti il principale avversario geopolitico e culturale del globalismo e chi cerca l’alleanza con la Russia, a destra come a sinistra, viene demonizzato dal mainstream e finisce sulla black list della Nato e della Ue.
4) Puoi riassumere chi c’è dietro – in breve – il M5S e suoi scopi?
Il M5S è il nuovo partito della sinistra globalista camuffato da comunità mainstream “anti-corruzione”. Dietro il M5S ci sono i ceti professionali della nuova economia digitale che lo hanno fondato e l’ideologia liberale che determina la società liquido-moderna. Il M5S è un partito neoborghese a base elettorale popolare, meridionale, che chiede assistenzialismo. Il M5S parla di lotta alla casta, ma a quale élite si riferisce quando i suoi portavoce alzano i toni sull’argomento? Non certo alle caste capitalistiche internazionali, ai signori della moneta emessa a debito, ai magnaccia dello sfruttamento del lavoro flessibile e precario e ai generali arcobaleno della Nato che fanno le guerre per esportare all’estero i miti di fondazione gay-oriented e metrosexual della società occidentale. Il leader formale del M5S, Luigi Di Maio, è un politico mainstream. Parla di “lotta ai vitalizi” dei parlamentari, un argomento che fa presa sul pubblico generalista teledipendente ma che non ha alcun impatto sull’economia reale dell’Italia e, contestualmente, va alla City of London a giurare fedeltà eterna al regime del capitalismo globalizzato. Inoltre, il M5S è un partito favorevole alle politiche di apertura delle frontiere all’immigrazione e, per questo motivo, si connota come un soggetto politico ulteriormente interno al mainstream ideologico liberale. Io credo che il M5S sia stato costituito dalla upper class transnazionale che determina i processi di ingegneria antropologica postmoderna come strumento di marketing politico e gatekeeper funzionale a intercettare il voto sovranista e a canalizzare lo spirito di ribellione dei penalizzati e delusi dalla globalizzazione in direzione di un partito liberal-globalista e “sintetico”, più o meno camuffato da interlocutore “antisistema” dei ceti deprivati e oppressi.
5) Esistono – al momento – forze politiche credibili in Italia che abbiano veramente interesse a tutelare gli interessi degli ultimi, dei più poveri, di quelli che una volta erano rappresentati dalla “sinistra”
In Italia ci sono partiti che predicano un certo sovranismo elettorale tutto da verificare nella sua efficacia alla prova dei fatti. Personalmente, ho apprezzato la svolta “nazionale” della Lega e giudico Matteo Salvini un politico molto più intelligente e preparato di come il mainstream di sinistra lo va raccontando. Tuttavia, la Lega resta un partito fondamentalmente liberista in economia e filosionista in politica estera, per cui intrappolato in tutta una serie di contraddizioni politico-antropologiche che ne depotenziano il messaggio di critica alla globalizzazione che talvolta veicola con buone capacità comunicative. Reputo inoltre un passo in avanti notevole della Lega rispetto al passato mainstream di questo movimento l’aver candidato importanti economisti critici dell’euro quale strumento di governo neoliberista dei mercati privati internazionali, come Alberto Bagnai e Claudio Borghi. Inoltre, la Lega ha compiuto un salto di qualità notevole a livello culturale cominciando e approfondendo il confronto con pensatori del calibro di Alain de Benoist e Aleksandr Dugin. Auspico che la Lega prosegua, in ambito metapolitico, su questa strada intrapresa, recependo integralmente la lezione di de Benoist e Dugin. A sinistra, invece, ho stima di Marco Rizzo, leader del Partito comunista. Non condivido l’approccio ideologico marxista-leninista integrale di Rizzo, ma giudico questo esponente politico l’oppositore più lucido, coerente e combattivo del regime del capitalismo liberale e della “società aperta” tra coloro i quali, in Italia, si richiamano all’eredità del comunismo storico novecentesco.
6) Puoi spiegare all’europeo medio cos’è e a cosa serve in Italia un organismo tipo UNAR?
L’UNAR è uno degli apparati pubblici di polizia del pensiero tesi a reprimere chi osa dissociarsi dalla religione unica e obbligatoria del cosmopolitismo di sinistra. È interessante notare come i governi liberali contemporanei agiscano per promuovere la dittatura del nuovo conformismo morale politically correct tarato sul “gusto” delle “giovani classi medie globalizzate” e sedicenti trendy, in regime contestuale di precariato economico per i ceti subalterni. Il caso italiano è in questo senso paradigmatico. Il PD ha infatti varato pressoché simultaneamente l’UNAR che istituisce il regime del conformismo morale e il “Jobs Act” che inchioda le future generazioni alla schiavitù del lavoro flessibile e precario. Il regime liberale contemporaneo agisce dunque su due versanti: nella cultura, promuove la nuova morale politically correct, disponendo anche sanzioni ad hoc per chi contesta o si oppone al nuovo moralismo di maniera. In economia, vara leggi che implementano il potere di arbitrio del capitale che si autoalimenta e autolegittima nel perimetro della “società aperta” in nome della retorica mainstream della “libertà del profitto”.
7) Vedi una soluzione al fenomeno dei “migranti” a breve termine?  A cosa servono e chi c’è dietro le ONG in questo business?
È chiaro che il business dell’immigrazione è estremamente vantaggioso per le classi superiori, per l’oligarchia, per i professionisti della new economy che possono usufruire, grazie al nuovo esercito industriale di riserva costituito dai clandestini, di un corposo abbassamento dei prezzi dei servizi postmoderni di cui sono avidi fruitori. L’immigrazione di massa è utile ai padrini e ai figliocci del regime del capitalismo liberale mentre i costi sociali di tali politiche di revoca delle frontiere territoriali nazionali vengono irrimediabilmente scaricati sui ceti popolari, coloro i quali con gli immigrati devono conviverci senza poter usufruire delle loro prestazioni di manovalanza poco o punto retribuita. Il tema, comunque, mi appassiona poco perché praticamente non vi sono, in Italia, a livello della politica “che conta”, partiti e movimenti che prospettano soluzioni credibili al problema. Alcuni Paesi europei, quelli del “Gruppo di Visegrad”, si sono mossi per tempo e, grazie alla loro indipendenza monetaria, hanno potuto varare politiche efficaci di contrasto ai flussi migratori di massa. L’Italia, invece, un Paese ricattato da Bruxelles e amministrato da un governo non sovrano, ha abbattuto le proprie frontiere interne esattamente come le classi imprenditoriali multinazionali europee le avevano chiesto. Inoltre, in Italia, i partiti di destra mainstream che si dicono anti-immigrazione non hanno ancora voluto capire che non si può essere liberali e liberisti ma contrari ai flussi migratori di massa poiché le migrazioni odierne, in entrata o in uscita dal Paese, sono un epifenomeno del capitalismo. Per cui, questi partiti saranno credibili quando capiranno che la sovranità nazionale di cui si riempiono la bocca in campagna elettorale non è una categoria storica compatibile con l’apertura delle frontiere dello Stato ai cosiddetti investitori multinazionali della new economy.
8) Citando la ormai famosa frase di Warren Buffett “c’è stata una lotta di classe e l’abbiamo vinta noi”, come definire la figura di papa Francesco (nota la minuscola) in questa lotta di classe? È corretto poter dire che questo papa ha assolto / assolve un compito utile per la “classe” di cui parla Buffett?
Bergoglio ha inserito Emma Bonino e Giorgio Napolitano, cioè due esponenti politici italiani che la lotta di classe dalla parte dei ricchi la fanno tutti i giorni, nel suo personalissimo pantheon degli «italiani più grandi». La Cei (Conferenza episcopale italiana) si è schierata con il centrosinistra a guida Gentiloni-Bonino alle ultime elezioni politiche. Sì, essendo ormai una costola del partito transnazionale politically correct, e forse anche qualcosa in più che una semplice costola, penso che la gerarchia vaticana contemporanea abbia scelto da che parte stare in questo gigantesco conflitto di classe che connota le dinamiche di riproduzione globali del capitalismo “di terza fase”

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