La legge anti-caporalato? La fece il fascismo nel 1926. E la abolì Badoglio

La legge anti-caporalato? La fece il fascismo nel 1926. E la abolì Badogliodi Antonio Pannullo

Il “caporale” è la figura di intermediatore illegale tra latifondista e manodopera non specializzata. È una piaga presente da sempre, e in Italia si è saldata con la criminalità organizzata, soprattutto nel centrosud. La parola “caporalato” è tornata in questi giorni sotto i riflettori a causa degli incidenti che hanno visto coinvolti lavoratori stagionali stranieri in Puglia, ma è un male antico, un male “liberale”. Nel 2016 la Camera approvò la cosiddetta legge anti-caporalato, che però evidentemente non ha avuto effetto sul fenomeno, probabilmente a causa degli scarsi controlli da parte delle autorità. La rivista e blog Italia coloniale però, diretta da Alberto Alpozzi, ci ricorda che il caporalato fu combattuto e sconfitto, come la mafia del resto, dal fascismo, che nel 1926 varò la legge 563, detta “legge sindacale”, perfezionata e modificata fino al 1938 con altre norme tese a “contemperare secondo equità gli interessi dei datori di lavoro con quelli dei lavoratori tutelando, in ogni caso, gli interessi superiori della produzione”. Italia coloniale, nel pezzo a firma Maria Giovanna Depalma, ricorda anche che queste rivoluzionarie normative, inserite nel Codice corporativo e del lavoro fascista, valevano oltre che in Italia anche nelle colonie, cosa che contribuì ad abolire nell’Africa italiana la schiavitù e la servitù della gleba, fiorenti fino alla conquista da parte dell’Italia dell’Africa orientale.

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