Rottura del fronte anti-Donald?

NIKKI HALEY fuori, KAVANAUGH dentro - rottura del fronte anti-Donald?

NIKKI HALEY fuori, KAVANAUGH dentro – rottura del fronte anti-Donald?

Dunque Nikki Haley ha dato le dimissioni da ambasciatrice USA all’Onu. La stupida, poco istruita,  anti-putiniana fanatica,  super-israeliana e neocon Nikki Haley, creatura del Deep  State che cercava di fare le scarpe al presidente Trump già da  aprile, quando annunciò  nuove sanzioni alla Russia  con la scusa che sue aziende avevano   collaborato con  Damasco  a fabbricare le armi chimiche – …
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Perché Israele ha colpito la Siria subito dopo l’accordo di Idlib

di Fulvio Scaglione
Perché Israele ha colpito la Siria  subito dopo l’accordo di Idlib
Fonte: Gli occhi della guerra
La cronaca degli ultimi eventi in Siria, dai primi bombardamenti russi sulla provincia di Idlib alle minacce americane, dal ricognitore russo abbattuto dalla contraerea siriana per colpa delle manovre dei caccia di Israele ai missili su Latakia alle bombe al fosforo sganciate dagli americani su Deir Ezzor, è ovviamente drammatica.
Ma il sottofondo politico è più complesso di quel che sembra e, in un certo senso, anche meno preoccupante. La partita è la solita: il controllo della Siria. O meglio: il controllo della sua frammentazione. Da sette anni una coalizione potentissima, che va dall’Arabia Saudita agli Usa, dalla Francia al Regno Unito, dalla Turchia al Qatar, passando per una lunga serie di Paesi che sono stati o sono complici “di fatto”, lavora per disgregare l’unità politica e territoriale della Siria.
Non sempre questi Paesi hanno mostrato una perfetta unità d’azione o di visione politica. La Turchia, per esempio, dopo il fallito golpe del 2016, che Recep Tayyip Erdogan considera ispirato dagli Usa, ha preso una strada autonoma e ha costruito una sorta di intesa con Russia e Iran. Nondimeno l’obiettivo è sempre stato quello, all’insegna dello slogan “Assad must go”. Un obiettivo così importante che, per raggiungerlo, la strana coalizione ha puntato via via su diversi cavalli. Continua a leggere

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Salvate il soldato Mohamed

Segnalazione del Centro Studi Federici

Ecco chi sono gli ‘intoccabili’ gruppi ribelli dell’enclave di Daara
La maggior parte delle milizie ribelli presenti nel sud della Siria nel governatorato di Daara (1400 km quadrati ed 1 milione di persone),  fanno capo ad una ‘sala di regia’ chiamata “Fronte meridionale” (o Shoutern Front – SF) è stato costituito il 14 febbraio  2014 per opera degli Stati Uniti ed è sostenuta anche dai paesi europei, nonché dall’Arabia Saudita e dalla Giordania. La coalizione (che raggruppa circa 49 milizie oltre a sale operative locali ), ha una sala operativa principale ad Amman (che nient’altro è che  la filiale del ‘Centro di operazioni militari’ (MOC) degli Stati Uniti per la Siria).
Mentre l’appartenenza del Fronte Meridionale controversa – perché seppure cade sotto l’egida dell’esercito siriano libero (FSA) , si è generalmente dissociata dall’opposizione politica, la Coalizione nazionale siriana (SNC) –  ciò che è certo che è finanziata dagli Stati Uniti e dai suoi alleati. Le proprie milizie ricevono aiuto a partire dalla Giordania mentre – come sappiamo – al governo siriano in questo modo è precluso in ogni modo di far valere si propri diritti o ovviamente agire in alcun modo in Giordania.
Shoutern Front si avvale di un’attivita’ molto potente e ramificata sui media mainstream  e  da molte fonti (tra cui l’organizzazione non -governativa  ‘Carter Center’ fondata dall’ex presidente Jimmy Carter),  è giudicata come una entità che raggruppa gruppi ‘moderatamente religiosi’ e laici . Questo giudizio però confligge con la provata  correlazione di molti suoi membri  con il gruppo al Nusra e con la jihad finanziata dai sauditi.
Il Fronte Meridionale agisce nelle provincie di Daara , Kuneitra e Suwaida ed alcuni giorni fa è stato difeso dal portavoce del Dipartimento di Stato Americano che ha minacciato l’esercito siriano di serie conseguenze, in caso di continuazione su grande stile dell’offensiva su Daara e zone limitrofe.
Come avversari il Fronte Meridionale ha  nell’enclave di Daara  lo Stato Islamico tramite una fazione che si chiama “Jaysh Khalid bin al-Waleed” (anche per questo a questo gruppo è precluso l’ingresso in Giordania ed ogni tipo di aiuto tramite i canali attivati da Amman).
Sebbene molti militanti provengono dagli stessi clan e a volte dalle stesse famiglie estese, al Fronte Meridionale si contrappone il gruppo Hay’at Tahrir al-Sham. Inoltre, nella zona di Daara esiste anche la fazione denominata  Jund al-Malahem che è nata nel 2015 da una rottura con Jabbat al Nusra , affiliata ad al Qaeda. Il suo leader era un emiro di Jabhat al-Nusra a Deraa. Attualmente i militanti di questo gruppo non ricevono più stipendi  e la propria attività è molto limitata.
Attualmente sia gli USA che Southern Front ritengono che la tregua concordata nell’area di de-escalation sia a tempo indeterminato e conferisca la facoltà permanente di fondare un feudo finanziato dall’occidente sottratto alla sovranità del governo siriano. Invero le cose stavano diversamente, l’area di de-escalation doveva fungere per un allentamento della tensione per avviare negoziati in cui tutte le parti avrebbero trovato un accordo per la riunificazione , dietro specifiche ed eque garanzie.
Invece Southern Front continua a puntare gli occhi su Damasco che si trova a 100 km dall’enclave di Daara e i suoi leader non nascondono che il conflitto non avrà termine con la riconciliazione ma con la vittoria finale contro Assad.
A marzo 2018 le ostilità sono riprese fino ad arrivare all’imminente offensiva dell’esercito siriano. Ogni chance di negoziato è stato puntualmente respinta dal Fronte Meridionale.
Mentre il governo siriano ha cercato di negoziare un possibile accordo per allentare la situazione nella parte meridionale del paese, per tutta risposta i gruppi militanti locali si sono attivati lanciando una battaglia preventiva contro l’esercito siriano.
 

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Chissà perché le chiamano Organizzazioni non governative, meglio conosciute con la sigla ONG?

di Paolo Sensini
Chissà perché le chiamano Organizzazioni non governative, meglio conosciute con la sigla ONG?
Fonte: Paolo Sensini
Chissà perché le chiamano Organizzazioni non governative, meglio conosciute con la sigla ONG? La quasi totalità di esse sono infatti emanzioni dirette di Stati che, non potendo o volendo più entrare in prima persona come attori nei conflitti che scatenano ovunque, si sono inventati questa formula «umanitaria» che funziona decisamente meglio con lo storytelling giornalistico e televisivo. Prendiamo per esempio il caso dei fotogenici Caschi Bianchi, balzati agli onori della cronaca con la guerra in Siria. Cosa sappiamo di questi personaggi capeggiati da James Le Mesurier, già ufficiale dell’esercito inglese e funzionario dell’Intelligence Service di Sua Maestà? Che sono un gruppo pagato dal 2013 con circa 32 milioni di dollari dall’USAID, più altre decine ricevuti dai governi britannico, olandese, francese e delle immancabili feudo-monarchie del Golfo. Sono la capofila di una serie di cosiddette ONG, ma più proriamente OG (Organizzazioni governative), finanziate da Washington e Londra «per una transizione politica pacifica in Siria». E sottolineiamo pacifica. La stessa organizzazione, per capirci, che ha denunciato gli ultimi due «attacchi chimici contro i civili» addebitandoli al governo siriano, come quello nella periferia di Khan Sheikhoun nell’aprile del 2017 e l’ultimo del 4 aprile a Duma, alle porte di Damasco. Attacchi che, in entrambi i casi, prima ancora di stabilire la reale dinamica dei fatti sono stati oggetto di bombardamenti da parte della trimurti franco-inglese-statunitense. Quindi i Caschi bianchi, come centinaia di altre organizzazioni dello stesso tipo, non sono altro che una longa manus di governi e servizi segreti i quali non possono (o non vogliono) più arrivare direttamente con i propri militari sul terreno dello scontro. Una copertura, insomma, e neppure troppo ben riuscita, che da un po’ di anni viene usata sistematicamente negli scenari più infuocati. Ora i «volontari» coi caschetti bianchi denunciano un nuovo possibile attacco chimico contro i tagliagole jihadisti nella provincia di Idlib, a Nord-Ovest della Siria, addebitandone questa volta la responsabilità a un’incursione aerea dei russi. Vero, non vero, poco importa. Anche perché, come si è poi sempre verificato, non vi è mai stata alcuna responsabilità in attacchi chimici da parte di Bashar al-Assad, ma ormai i bombardamenti «punitivi» degli occidentali erano avvenuti e chi si è visto si è visto. Dopo l’esempio dei casi citati non ci vuole molto a immaginare quali potranno essere gli esiti del nuovo caso denunciato a Idlib, ma a forza di provocazioni potrebbe succedere che i russi decidano di rispondere pan per focaccia. E a quel punto è difficile immaginare quali saranno gli sviluppi. O forse ce l’immaginiamo benissimo. Continua a leggere

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Macron, l'europeista a parole che pensa solo agli interessi della Francia

di Alberto Negri
Macron, l'europeista a parole che pensa solo agli interessi della Francia
Fonte: Linkiesta
Ha gonfiato il petto il presidente francese Emmanuel Macron nel suo discorso all’Europarlamento, ben sapendo che con la prossima uscita della Gran Bretagna dall’Unione resterà l’unico Paese membro che siede al Consiglio di Sicurezza Onu e ha un notevole potenziale atomico. Ribadisce che il suo intervento in Siria con quello americano e britannico “ha salvato l’onore dell’Europa”. Per la verità gli occidentali hanno salvato la faccia dopo avere perso la guerra in Siria dove Russia e Iran sono riusciti a tenere in piedi il regime di Bashar Al Assad. Adesso inizierà probabilmente un nuovo capitolo con lo scontro tra Iran e Israele.
È un dato trascurabile che sin dall’inizio della rivolta sette anni fa la Francia abbia cercato in tutte le maniere di dire la sua nella ex colonia: prima ha puntato sulla caduta di Assad, appoggiando persino i jihadisti, poi nel 2013 voleva bombardare Damasco, quindi con gli attentati in Francia nel 2015 Hollande chiese al dittatore siriano di sorvolare il Paese per vendicarsi e colpire l’Isis. Memoria corta e non solo dei francesi.
Lo stesso Macron parla di “dibattito avvelenato” ma chi si è se è arrogato il diritto di mandare i poliziotti francesi in territorio italiano a Bardonecchia contro ogni regola: Parigi non ha ancora fatto le sue scuse e probabilmente non le farà mai
L’astuto Macron qualche settimana fa promise pure di proteggere i curdi siriani da Erdogan ricevendo una delegazione curda e spedendo 150 soldati dall’Iraq ma nei fatti non ha combinato nulla, come del resto Trump che ha venduto i suoi alleati contro il Califfato alla Turchia. Continua a leggere

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"Siria, non c’erano armi chimiche" La verità nascosta dietro gli attacchi

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Catastrofisti, millenaristi, apocalitticomani, complottisti ad ogni costo restano delusi anche stavolta, come avevamo previsto.  Nessuna III guerra mondiale nel breve termine perché non è interesse di nessuno. Le strategie sono altre.(n.d.r.)

“Siria, non c’erano armi chimiche” La verità nascosta dietro gli attacchi – Gli occhi della guerra

76 dei 105 missili da crociera lanciati da Usa, Gran Bretagna e Francia contro la Siria nella notte del 14 Aprile, hanno colpito il Centro di Ricerca di Barzah a Damasco. Sono stati “precisi, travolgenti ed efficaci” come ha affermato Kenneth Mc Kenzie, Direttore del Joint Chief Staff dello Stato Maggiore americano nella dettagliatissima conferenza …

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