Immigrazione illegale fra disinformazione e realtà oggettiva

di Andrea Gaiani 
Immigrazione illegale fra disinformazione e realtà oggettiva
Fonte: Analisi Difesa

Sull’immigrazione si riversano quotidianamente fiumi di parole e dati, a volte contrastanti, usati più per confermare una linea politica che per informare correttamente.
La tendenza, volontaria o meno, è generalmente quella di omettere alcuni tasselli rilevanti da cui non si dovrebbe prescindere se si volesse presentare all’opinione pubblica un quadro ragionevolmente completo e comprensibile delle problematiche connesse al flusso straordinario di migranti per lo più illegali.
Questi ultimi anch’essi vittime della disinformazione oltre che dei metodi spietati di trafficanti di esseri umani e dei loro complici siano essi organici alle organizzazioni criminali o usati indirettamente dalle stesse.
Per l’Italia, da anni ormai, le preoccupazioni maggiori riguardano i flussi incontrollati provenienti via mare e le oggettive difficoltà di gestione della crisi sul territorio italiano una volta adempiuto al sacro principio del salvataggio delle vite umane in mare. Difficoltà rese ancor più gravose dal fallimento di ogni tentativo per giungere ad una pragmatica, equa politica comune europea sull’immigrazione e una condivisione degli oneri da parte degli Stati membri.
Il dato di fatto al 2018 è che Italia, in primo luogo, Grecia e Spagna sono state lasciate sole, salvo esborsi comunque insufficienti di fondi comunitari e inutili parole di apprezzamento, dalle istituzioni europee e paesi membri, a gestire una crisi ben al di sopra delle capacità ricettive e gestionali dei singoli stati.
Nel caso italiano appare evidente che una parte della stampa, degli intellettuali più portati ai dibattiti salottieri che alle conoscenze del terreno e dei politici schierati acriticamente su posizioni ormai anacronistiche, incompetenti nella materia, ignorando le ripercussioni sulla credibilità internazionale e sicurezza interna, preferiscano ancor oggi dibattere demagogicamente piuttosto che trattare costruttivamente e realisticamente come una priorità nazionale una questione complessa, ad alta intensità di rischio.
Contro ogni logica di interesse nazionale, legittima tutela dei confini siano essi marittimi o terrestri, si è arrivati ad attaccare politicamente, personalmente, ipocritamente, due ministri degli interni di opposti schieramenti e governi contrapposti che hanno fatto e fanno il loro dovere per attenuare, ridurre al minimo i rischi di tensioni sociali, ripercussioni sulla sicurezza nazionale e soprattutto di ulteriore svilimento del nostro ruolo internazionale.
Un’informazione meno di parte richiamerebbe spesso le cause che hanno oggettivamente peggiorato la crisi, quali l’incapacità delle istituzioni europee di proporre, produrre e far eseguire un piano comune condiviso dai Paesi membri anche a tutela dei Paesi più esposti. L’Italia ha aggiunto di suo, rendendo più acuta la crisi, i ritardi decisionali dei governi passati, la debolezza della nostra azione di politica estera tesa irresponsabilmente a delegare e riporre cieca, inopportuna fiducia negli organismi comunitari e internazionali e nei nostri vicini alleati.
Anni di parole vuote e prese in giro europee hanno quindi portato ad un’azione concreta accelerata e dovuta, al fine di ridurre gli sbarchi di migranti per lo più illegali, iniziata peraltro in maniera anomala dal ministro degli interni Minniti, in assenza di una strategia, pari determinazione e gioco di squadra del collega degli esteri, con copertura felpata, quasi sussurrata del precedente Presidente del Consiglio.
Attaccato dal suo stesso partito e da colleghi ministri, il precedente titolare degli interni ha dovuto minacciare le dimissioni per poter operare pragmaticamente tralasciando retorica e demagogie.
La linea tracciata è semplicemente perseguita con maggiore determinazione e rigore dall’attuale titolare degli interni il quale segue, al netto di critiche strumentali o meno, un percorso quasi obbligato dalla situazione in cui si è venuta a trovare il nostro Paese dopo anni di mancanze internazionali ed errori gravi quali consentire quasi tutti gli sbarchi in Italia con l’avallo delle operazioni UE Triton e poi Sophia.
Altro esempio di disinformazione rispetto ad una realtà ben diversa dalla retorica delle parole. Si critica virulentemente la rigida azione del nuovo ministro degli interni Matteo Salvini (ovvero del governo italiano) argomentando che poiché gli sbarchi risultano drasticamente ridotti non sarebbe necessaria, né umana una tale prova di forza. In pochi completano l’informazione ricordando che l’Italia ha già accolto sul suo territorio dal 2013 circa 700.000 migranti di cui meno del 9% risultano aventi diritto alle tutele dovute dagli accordi internazionali per le categorie previste dagli stessi accordi.
Il nostro Paese, a prescindere dalle cifre sborsate coperte in minima parte da fondi europei, dall’efficienza o meno degli operatori dell’accoglienza, non è tuttora in grado di gestire anche amministrativamente tali flussi in assenza di politiche di redistribuzione europea dei migranti illegali, di una efficace politica di rimpatri assistiti sanciti da accordi, di strategie operative internazionali per condurre una lotta vera contro i trafficanti di vite umane.
Andrebbero sempre ricordate le politiche di respingimenti espulsioni ben più rigide adottate da Francia, Germania, Austria, Spagna che non sono Paesi appartenenti al gruppo detto di Visegrad. A fronte di promesse mancate, di solidarietà espressa solo a parole, di un’azione individuale di contrasto all’immigrazione illegale determinata ma non solidare da parte dei principali Paesi europei, cosa dovrebbe fare un Paese esposto come l’Italia per evitare di pagare costi al di sopra dei suoi mezzi e il possibile insorgere di tensioni sociali?
Raramente viene menzionato un dato di fatto oggettivo. Ciascun migrante spende da un minimo di 5.000 fino a 7.000 euro per i vari passaggi che lo conducono illegalmente in Europa, rischiando anche la vita. Ebbene con la stessa cifra in tutti i Paesi dell’Africa sub sahariana, a maggior ragione in Eritrea o Somalia si può iniziare, e bene, una fruttifera attività lavorativa indipendente quale piccolo ristorante locale, bottega di artigiano, agricoltore, pescatore e altro facendo vivere la famiglia senza problemi per diversi anni.
Come e da chi ricevono i finanziamenti per intraprendere un viaggio così rischioso senza neanche tentare la via del lavoro locale che una tal cifra consentirebbe ampiamente? Prima ipotesi sono finanziati da organizzazioni criminali che poi ricatteranno per anni il migrante e la famiglia per riavere con interessi la somma impiegata. Nella migliore delle ipotesi il migrante viene finanziato da parenti e familiari i quali a loro volta pretenderanno restituzione e assistenza finanziaria per lungo tempo e per un cospicuo gruppo di familiari vicini e lontani.
Risultato: il sopravvissuto migrante illegale o richiedente asilo in attesa prolungata, per poter sdebitarsi in assenza di lavoro onesto dovrà giocoforza entrare nel giro criminale del paese di approdo. Inoltre, a voler sintetizzare, viene danneggiata la stessa struttura familiare tradizionale africana dei villaggi sradicando giovani e famiglie dal territorio e dalle loro tradizioni, ben più rilevanti e importanti per la loro vita di quanto possano essere le nostre per il nostro futuro. La perdita dell’identità tradizionale dell’Africa profonda a lungo termine produrrà danni devastanti per il tessuto economico sociale incrementando di contro l’impiantarsi innaturale delle minoranze violente e jihadiste, vedi Boko Haram o Aqmi, il cui fanatismo violento non è mai stato parte delle tradizioni di quelle popolazioni.
I porti della Libia non possono essere considerati sicuri, la Libia non ha firmato la convenzione di Ginevra sui diritti umani. Dati ribaditi più volte negli ultimi tempi per contrastare l’azione del governo italiano eppure contraddetti dai fatti e dalle stesse politiche messe in atto dall’UE e dalle Nazioni Unite.
Non si vogliono certo negare gli abusi subiti da uomini e donne nei campi libici, tuttavia proprio grazie alle pressioni politiche e ai cospicui finanziamenti della UE e dell’Italia in primo luogo, si è riusciti a far operare stabilmente in Libia l’Alto Commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (UNHCR) e la ben più efficace Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) da qualche anno associata alle Nazioni Unite, la quale si occupa primariamente dei ricollocamenti dei migranti nei Paesi d’origine attraverso assistenza e finanziamenti al migrante di rientro per iniziare un’attività lavorativa.
Le due organizzazioni hanno accesso nei famigerati campi gestiti dai libici almeno per individuare e risolvere i casi più urgenti. Fino ad un netto miglioramento della situazione ed alla firma della Convenzione di Ginevra da parte libica non si può auspicare il trasferimento tout court degli illegali nei campi libici, si possono tuttavia riconsegnare i migranti assistiti ma fermati nel Mediterraneo nella zona di competenza libica alle due Organizzazioni internazionali che provvederanno dall’aeroporto di Tripoli o da campi da loro gestiti e controllati al rimpatrio con ricollocamento.
La realtà dei fatti attesta che l’OIM ha rimpatriato dalla Libia oltre 30.000 migranti, L’UNHCR avrà registrato e verificato lo status di rifugiato per altre decine di migliaia. Diventa quindi disinformazione il fatto di non citare o minimizzare la riuscita di queste operazioni nate e sponsorizzate dalle evocate inattaccabili organizzazioni internazionali con il cospicuo sostegno politico e finanziario di paesi come l’Italia.
La fornitura di motovedette e l’assistenza tecnica alla Libia da parte italiana rientrano beninteso nel contesto.
Solo negli ultimi tempi la maggior parte dei politici di parte, dei commentatori improvvisati e di una certa stampa, evocano in negativo, cercando di omettere sostanza e realtà dei fatti, l’operazione anti sbarchi di illegali dell’Australia denominata No Way (in sintesi nessuna possibilità di sbarco illegale sul suolo australiano). Prima della formazione del nuovo governo e delle dichiarazioni sul successo di tale iniziativa da parte del ministro Salvini, tenuto comunque conto di contesti diversi, non si erano registrate particolari evocazioni critiche sulla civile, democratica Australia e sulla operazione No Way lanciata nel lontano 2013.
La disinformazione si discosta dalla realtà anche per quanto riguarda l’analisi e l’impatto sui paesi di accoglienza del potenziale tasso di criminalità dei flussi migratori incontrollati.
Assodato che la stragrande maggioranza risultano migranti economici e non profughi e rifugiati da tutelare, diviene quasi una costante omettere, nel caso italiano, tutto ciò che può incidere sulla sicurezza interna e quindi giustificare pienamente una normale azione di risposta adeguata da parte dello Stato.
Alcuni esempi potranno forse chiarire meglio il concetto. Fra le tante nazionalità accolte risulta difficilmente comprensibile perché in Italia affluiscano tanti nigeriani (Nigeria, non Niger) paese detentore di uno dei più alti tassi di criminalità fra i Paesi africani. Ricordo nei miei quasi 15 anni trascorsi in Africa sub sahariana come gli stessi africani raccontassero di temere in particolar modo i nigeriani capaci di impiantare ovunque potenti e violente mafie locali dedite al traffico di droga, allo sfruttamento violento della prostituzione, di esseri umani.
Dalle recenti statistiche italiane negli ultimi anni la mafia nigeriana è proliferata tanto da divenire anche da noi una delle più violente e potenti nei settori criminali di competenza. Anche non volendo fare nessi è indubbio che una minoranza violenta. o costretta alla violenza, dei migranti nigeriani illegali sbarcati in Italia sia andata a rinvigorire le fila della criminalità organizzata.
Chi se non il governo ha la responsabilità di prevenire e di conseguenza adottare risposte adeguate inclusi respingimenti, espulsioni e azioni repressive al fine di arginare e combattere il fenomeno criminale?
Altro caso di specie anche se non di diretto impatto criminale. Perché il nostro paese dovrebbe accoglier tanti irregolari provenienti da Pakistan, Sri Lanka e Bangla Desh, magari parte di quelli respinti dall’Australia, chiaramente non vittime di guerra né tantomeno provenienti da paesi o aree vicine e depresse?
In mancanza di politiche comunitarie, di ripartizioni concordate e di massicci ri-accompagnamenti nei paesi di origine a livello europeo, non credo si possa oggettivamente negare a un paese la legittima tutela dei propri interessi primari e controllo e difesa dei propri confini da entrate illegali.

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Perché alle organizzazioni internazionali piacciono tanto le migrazioni?

di Ilaria Bifarini
Perché alle organizzazioni internazionali piacciono tanto le migrazioni?
Fonte: Ereticamente
“La migrazione può essere utile per tutti nella costruzione di società più inclusive e sostenibili. Globalmente, il numero di migranti internazionali ha raggiunto circa 258 milioni nel 2017, rispetto ai 173 milioni del 2000. La migrazione contribuisce alla crescita e allo sviluppo economico inclusivo e sostenibile sia nei paesi di origine che di destinazione. Nel 2017, i flussi di rimesse verso Paesi a basso e medio reddito hanno raggiunto $ 466 miliardi, oltre tre volte l’importo di APS (Aiuti pubblici allo sviluppo) ricevuto nello stesso anno. Le rimesse costituiscono una fonte significativa del reddito familiare, migliorando la situazione delle famiglie e delle comunità attraverso investimenti in educazione, sanità, servizi igienico-sanitari, alloggi e infrastrutture. Anche i paesi di destinazione ne traggono beneficio, poiché i migranti spesso colmano le lacune del lavoro, creano posti di lavoro come imprenditori e pagano tasse e contributi di sicurezza sociale. Superando le avversità, molti migranti diventano i membri più dinamici della società, contribuendo allo sviluppo della scienza e della tecnologia e arricchendo le loro comunità di accoglienza attraverso la diversità culturale.”
E’ quanto si legge nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, a firma del cinese Liu Zhenmin, sottosegretario generale per gli affari economici e sociali ONU. Dunque, rispetto al 2000 le persone che hanno lasciato il proprio Paese di nascita e ora vivono in altre nazioni sono aumentate di circa il 50% per cento (il 49% per l’esattezza) con un trend di continua crescita. Al di là dei toni ottimistici e irrealistici usati nel documento programmatico, possiamo estrapolare il presunto modello economico di sviluppo sostenuto dai fautori delle attuali migrazioni, che, a differenza di quelle passate, hanno raggiunto livelli massivi e seguono nuove direttrici. A innescare un ipotizzato circolo virtuoso di crescita sarebbero da un lato l’offerta da parte dei migranti di forza lavoro per richieste non soddisfatte da parte dei lavoratori locali, dell’altro il flusso di denaro inviato ai Paesi di origine, che verrebbe utilizzato non solo per alleviare la povertà familiare, ma per investimenti produttivi nel tessuto economico nazionale. Un modello virtuoso e foriero di crescita, accompagnato da una convivenza felice, quasi simbiotica, tra migranti e cittadini dei Paese d’accoglienza. Continua a leggere

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L’autunno caldo, lo spread e l’obiettivo di far cadere il Governo

Esistono naturalmente una serie di pressioni perché i cinquestelle rompano con la Lega, maggiormente temuta – almeno oggi – dalle élite euriste, sia per le sue posizioni dure sull’immigrazione e sia per il suo evidente euroscetticismo. Del resto, fu proprio la Lega a insistere perché Paolo Savona andasse al MES. E non è un caso che, a capo delle commissioni bilancio di Camera e Senato, ci siano due euroscettici di eccezione: Claudio Borghi e Alberto Bagnai. Insomma, questo Governo è quanto di più distante esista dal religioso eurismo che ci ha governato in questi ultimi venti anni (il peggiore dei quali sicuramente è quello subito nell’ultimo scorcio dell’ultima legislatura berlusconiana e nella passata legislatura).

Proprio per questa ragione, in tanti tifano per la rottura tra M5S e Lega, sognando il ribaltone, con un M5S rimaneggiato e più accondiscendente verso le politiche euriste. Le ragioni – si ribadisce – sono l’atteggiamento di totale chiusura nei confronti dei flussi migratori di massa dal continente africano e l’euroscetticismo. Entrambi mettono i bastoni fra le ruote al progetto di deflazione salariale e alla dissoluzione degli Stati nazione, in favore della sovrastruttura europeista. Eccoli dunque che agitano lo spauracchio razzista e nazionalista, per cercare di indurre l’opinione pubblica a credere che la strada intrapresa dall’attuale Governo di scontro con l’Unione Europea sia la peggiore e la più pericolosa per i destini del popolo italiano. Continua a leggere

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Orban: "Salvini è il mio eroe, il mio compagno di destino"

Il ministro dell'Interno e vicepremier Matteo Salvini (S) ed il il primo ministro ungherese Viktor Orban © ANSAIl vicepremier e ministro dell’Interno: la sinistra esiste solo per insultarmi, per difendere Ue dei banchieri e immigrazione senza limiti

Con il ministro dell’Interno Matteo Salvini “vorrei fare una conoscenza personale. Lui è il mio eroe”. Lo ha detto il primo ministro ungherese, Viktor Orbàn, uscendo dal ristorante in cui ha pranzato a Milano. “È un mio compagno di destino – ha aggiunto – sono molto curioso di conoscere la sua personalità. Sono un grande estimatore e ho alcune esperienze che forse potrei condividere con lui. Ho questa sensazione”, ha concluso Orbàn.
“Ormai – scrive il vicepremier e ministro dell’Interno – la sinistra esiste solo per insultarmi, per difendere Ue dei banchieri e immigrazione senza limiti. P.S. In Ungheria disoccupazione è sotto il 5%, Flat Tax per le imprese è al 9% e per le persone al 15%, immigrazione è sotto controllo e economia cresce del 4%”. Lo scrive il vicepremier e ministro dell’Interno, Matteo Salvini, in vista del suo incontro nel pomeriggio con il presidente ungherese Viktor Orban.
E’ un “incontro importante” quello di oggi a Milano fra il vicepremier Matteo Salvini e il primo ministro ungherese Viktor Orban. L’ex ministro dell’Interno Roberto Maroni lo ha scritto su Twitter spiegando che “può essere davvero l’inizio della svolta verso un’Europa che si fa finalmente carico del problema immigrazione”. La conclusione dello storico esponente leghista è un augurio di “buon lavoro”.
CONTINUA SU: http://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2018/08/28/migranti-oggi-a-milano-incontro-salvini-orban_e64f1a6e-1aac-48ec-8d8d-f8a3a6431c35.html Continua a leggere

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Immigrazione: dall’Irlanda a Malta, gli accordi segreti di Renzi che hanno svenduto l’Italia

di Francesca Totolo
Il Governo è cambiato, così come le politiche relative al flusso migratorio. I nuovi ministri, forti dell’ampio consenso dei cittadini, cercano di porre rimedio agli accordi licenziosi e contro gli interessi degli stessi italiani degli esecutivi Renzi-Gentiloni, che hanno previsto l’apertura indiscriminata dei porti alle navi delle Ong e a quelle delle missioni europee. Il risultato è chiaro a tutti: più di 600 mila immigrati irregolari arrivati in Italia e il Mediterraneo ridotto ad un cimitero a cielo aperto. Forse un giorno qualcuno dovrà rispondere di queste 14 mila morti (dati UNHCR 2015-2018).
Quello che pochi conoscono sono però gli accordi segreti sottoscritti bilateralmente dai Premier Renzi e Gentiloni e dagli omologhi di altri Paesi, per assicurarsi che tutti gli immigrati raccolti in mare fossero portati solo ed esclusivamente in Italia. Era il luglio scorso quando la sottoscritta e Luca Donadel abbiamo notato una nave della Marina Militare Irlandese che faceva la spola tra la zona SAR libica e i porti siciliani con una frequenza alquanto sospetta. Dublino non era allora inclusa nella missione europea di Frontex, EUNAVFOR MED Operazione Sophia, che prevedeva come attività collaterale il soccorso delle imbarcazioni dei migranti in pericolo sotto il coordinamento di MRCC di Roma.
Abbiamo così scoperto Operazione Pontus, un patto bilaterale stilato nel 2015 che ha coinvolto il Governo italiano di Renzi (poi riconfermato da Gentiloni) e quello irlandese, indipendente dai dispositivi europei. L’accordo, taciuto ai cittadini italiani e senza nessuna menzione sui siti istituzionali del Governo, prevedeva che gli immigrati trasbordati sulle navi della Marina Militare irlandesi in zona SAR libica venissero sbarcati nei porti italiani. Nessun organo della stampa nazionale ha mai documentato gli sbarchi delle navi irlandesi seppur avvenissero tutti regolarmente a Catania, e, allo stesso tempo, nessuno ha mai accennato ad Operazione Pontus. Continua a leggere

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Nigeriane, dai barconi ai marciapiedi della tratta

Segnalazione FB di Matteo Salvini
Luigi De Ficchy, procuratore capo di Perugia: “Così avviene il traffico delle giovani dalla Nigeria all’Italia”
di Giacomo De Sena

Prostitute nigeriane

Prostitute nigeriane
Otto persone arrestate, sei donne e due uomini, tutti nigeriani. È questo il risultato nei giorni scorsi di un’operazione della Squadra mobile della Polizia di Perugia, con il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia della Procura di Perugia, che ha smantellato un’organizzazione criminale dedita allo sfruttamento della prostituzione nel capoluogo umbro. Il gruppo di uomini e donne – a partire dal 2015 – faceva arrivare ragazze dalla Nigeria all’Italia, attraverso la Libia, per farle prostituire. Le giovani salivano su camion gremiti, poi sugli ormai arcinoti gommoni che navigano nel Mediterraneo per finire sui marciapiedi italiani. L’indagine toglie il velo su una piaga diffusa e complessa, sulla quale In Terris ha provato a far luce intervistando Luigi De Ficchy, procuratore capo di Perugia.
Da quest’ultima operazione emergono i profondi interessi commerciali che trasformano queste donne in merce da piazzare sui vari mercati della criminalità: quanto è diffuso questo fenomeno in Italia e cosa si può fare per stroncarlo?
“Anzitutto il pubblico deve prendere consapevolezza del fatto che siamo di fronte non ad un’emergenza, ma ad una permanenza. Ci sono elementi, studi, analisi, investigazioni su questo fenomeno da almeno venticinque anni. Personalmente, stando alla procura nazionale, ne scrivevo al riguardo già vent’anni fa. Certo, sono cambiate le modalità del traffico, magari un tempo si arrivava in Italia in modo diverso, i flussi migratori seguivano altre strade, ma la tratta di persone proveniente da Nigeria e Paesi limitrofi è un fenomeno antico”.
Il fenomeno è stato sottovalutato?
“Ritengo che in troppi che dovevano fronteggiare questa piaga, purtroppo hanno messo la testa sotto la sabbia. La magistratura fa quello che può, con investigazioni che non sono facili, perché in gran parte sono transnazionali e internazionali, che riguardano organizzazioni criminali di diversi Paesi”.
In genere quante organizzazioni criminali sono coinvolte in questi traffici?
“Se parliamo dei traffici della Nigeria, esistono organizzazioni che agiscono già in Nigeria. Poi, dello spostamento delle persone dal subsahara alla Libia se ne occupano già altre organizzazioni. E ancora, in Libia, queste persone vengono prese in consegna da gruppi libici che si occupano del viaggio fino in Italia. Una volta qui, tante cellule si attivano per lo smistamento di queste donne sui vari mercati”.
C’è anche un forte legame tra traffico di stupefacenti e sfruttamento della prostituzione…
“Certo, c’è un legame, spesso queste stesse donne vengono utilizzate per il trasporto della droga. La Nigeria, del resto, è un crocevia di sostanze stupefacenti: passano di lì la cocaina che viene dal Brasile e dalla Colombia e l’eroina proveniente dal Sud-Est asiatico e dal Pakistan, queste sostanze vengono poi stoccate e portate verso i Paesi consumatori. Negli anni ’80 i nigeriani operavano come corrieri per altre organizzazioni, oggi stanno gestendo questo traffico in proprio perché hanno acquisito una capacità criminale maggiore. In Nigeria questa attività viene organizzata liberamente perché c’è una notevole corruzione e poi perché la povertà è dilagante”.
Quanto è forte l’aspetto pseudo-religioso sul traffico di prostituzione?
“Nel caso della Nigeria è fortissimo. Nelle ragazze nigeriane c’è una forza costrittiva legata ai riti voodoo. In molte occasioni, queste giovani sanno che vengono qui a prostituirsi, mentre in tante altre non lo sanno. In ogni caso, tuttavia, sono consapevoli che devono pagare un prezzo molto alto, quello del viaggio, che si aggira tra i 10 e i 20mila euro. Soldi che devono corrispondere sotto minaccia nei confronti loro e dei loro familiari. E poi prima che partano, spesso vengono loro sottratti degli effetti personali con riti voodoo, magari un ciuffo di capelli o una parte di un abito, facendo loro credere che ciò serva per controllarle a distanza. Non va poi trascurata la figura della maman, la donna che va a prendere queste ragazze direttamente nei campi di prima accoglienza per prendersene carico e costringerle alla prostituzione”.
Ci sono zone a Perugia, ma anche in tanti altri territori d’Italia, in cui la prostituzione è radicata, quasi da sembrare impossibile da smantellare. Come è possibile che ciò avvenga?
“Perché c’è grande disattenzione sul fenomeno della prostituzione. Il retroterra criminale che vi sta dietro viene spesso ignorato, così lo sfruttamento viene visto come un reato minore, con pene relativamente basse, difficilmente repressive dell’ampio fenomeno in questione. E poi c’è una domanda continua e numerosa: sarebbe necessaria maggiore consapevolezza da parte di chi utilizza queste donne sul fatto che così si rende responsabile di queste storie tristi e cariche di sofferenza. Ritengo dunque necessario stroncare la domanda, ma non con mezzi sanzionatori, bensì con la cultura”.
Qual è la percentuale, tra le donne che arrivano in Italia sui barconi, di quelle che finiscono sui marciapiedi? È possibile fare una stima?
“Non è possibile. Tenga però presente che, se parliamo della Nigeria in particolare, è quasi normale che le donne vengano avviate alla prostituzione, anche se spesso viene promesso loro, al termine del viaggio, un lavoro diverso, dignitoso. Per quanto riguarda gli uomini, gran parte di essi, giunti in Italia, sanno già che non avendo altre opportunità lavorative, dovranno unirsi a gruppi criminali oppure dedicarsi all’accattonaggio”.
Dalle intercettazioni utilizzate nell’inchiesta emerge la preoccupazione da parte degli organizzatori che questi traffici possano essere arginati dalla linea del nuovo governo?
“L’indagine non riguarda solo gli ultimi due mesi scarsi in cui è in carica il nuovo governo, riguarda un periodo pregresso, dunque al momento non è possibile fare queste valutazioni. Vedremo in futuro se, in qualche modo, la nuova linea influirà sul fenomeno”.

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Se ha fatto il patto sui migranti Renzi va processato

di Paolo Becchi e Giuseppe Palma su Libero, 12/07/2017

Secondo l’ex ministro degli Esteri del governo Letta, Emma Bonino, dal 2014 al 2016 il governo Renzi si sarebbe impegnato per conto dell’Italia, d’accordo con altri governi europei, ad accogliere tutti i migranti che giungevano in Europa. E fin qui nulla di nuovo, visto che ciò è scritto nero su bianco sugli accordi relativi all’operazione Triton. Il problema sorge se, come ha lasciato velatamente intendere l’ex ministro della Difesa del governo Letta, Mario Mauro, ciò fosse avvenuto in cambio di una maggiore flessibilità da parte dell’Ue sui nostri conti pubblici, circostanza non scritta evidentemente da nessuna parte, ma tutto di un eventuale accordo segreto tra il governo Renzi e l’Ue. In cambio di una flessibilità, che gli serviva a scopi politici, è possibile che Renzi abbia tradito il Paese, consentendo l’invasione migratoria, indirizzata unicamente sul nostro territorio? Le dichiarazioni della Bonino e di Mauro, se lette insieme, a tanto porterebbero. Molti ne hanno parlato, avanzando critiche anche dure, ma nessuno ha sottolineato un punto decisivo: se un accordo di quel tipo vi è stato, come l’accordo segreto di scambio tra petrolio e migranti a Malta (di cui su Libero si è già data notizia), la cosa avrebbe persino riflessi penali.
Vi sarebbero infatti responsabilità penali, oltre che politiche, in capo all’ex presidente del Consiglio ed eventuali ministri in concorso con lui. L’art. 243 del codice penale recita: «Chiunque tiene intelligenze con lo straniero affinché uno Stato estero muova guerra o compia atti di ostilità contro lo Stato italiano, ovvero commette altri fatti diretti allo stesso scopo, è punito con la reclusione non inferiore a dieci ami. Se la guerra segue o se le ostilità si verificano, si applica l’ergastolo». Continua a leggere

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Sbarco dal Diciotti: tutti ci stanno prendendo in giro

Segnalazione del Blog di Maurizio Blondet

Lo sbarco dal Diciotti: tutti ci stanno prendendo in giro

Nel caos della vicenda dei 67 clandestini sbarcati a Trapani dal pattugliatore Diciotti dopo un braccio di ferro tra il ministro degli Interni Matteo Salvini e il resto del governo emerge in tutta evidenza un unico elemento: ci stanno prendendo in giro. Tutti: clandestini, istituzioni, equipaggio della Vos Thalassa. E i trafficanti, soprattutto, che son quelli che traggono maggior profitto. Ecco …
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