Perché Israele ha colpito la Siria subito dopo l’accordo di Idlib

di Fulvio Scaglione
Perché Israele ha colpito la Siria  subito dopo l’accordo di Idlib
Fonte: Gli occhi della guerra
La cronaca degli ultimi eventi in Siria, dai primi bombardamenti russi sulla provincia di Idlib alle minacce americane, dal ricognitore russo abbattuto dalla contraerea siriana per colpa delle manovre dei caccia di Israele ai missili su Latakia alle bombe al fosforo sganciate dagli americani su Deir Ezzor, è ovviamente drammatica.
Ma il sottofondo politico è più complesso di quel che sembra e, in un certo senso, anche meno preoccupante. La partita è la solita: il controllo della Siria. O meglio: il controllo della sua frammentazione. Da sette anni una coalizione potentissima, che va dall’Arabia Saudita agli Usa, dalla Francia al Regno Unito, dalla Turchia al Qatar, passando per una lunga serie di Paesi che sono stati o sono complici “di fatto”, lavora per disgregare l’unità politica e territoriale della Siria.
Non sempre questi Paesi hanno mostrato una perfetta unità d’azione o di visione politica. La Turchia, per esempio, dopo il fallito golpe del 2016, che Recep Tayyip Erdogan considera ispirato dagli Usa, ha preso una strada autonoma e ha costruito una sorta di intesa con Russia e Iran. Nondimeno l’obiettivo è sempre stato quello, all’insegna dello slogan “Assad must go”. Un obiettivo così importante che, per raggiungerlo, la strana coalizione ha puntato via via su diversi cavalli. Continua a leggere

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Libia-Siria: per chi tifano, per chi tifare

di Fulvio Grimaldi
Amici, anche stavolta siamo lunghi. Perdono. Comunque per 15 giorni sono fuori e, dunque, c’è tempo per piano piano farcela. Se credete.

Diciamocelo: che bravi governanti sono quelli di Al Qaida e Isis!
Per chi tifano in Siria quelli là (non fatemeli nominare sennò Facebook mi banna e cancella il post) non è difficile saperlo: basta leggere il “New York Times”, standard aureo del giornalismo perennemente degno  dei riconoscimenti, se non di Pulitzer, di Reporters Sans Frontières (il corrispettivo mediatico di Medicins Sans Frontières e altrettanto cari a quelli là). Se pensavamo che nella provincia nord-occidentale di Idlib si fossero concentrati, accolti, nutriti e armati dai vecchi padrini turchi, tutti i tagliagole Isis e Al Qaida generosamente fatti evacuare dai territori e dalle città da loro abbellite con croci appesantite da infedeli, o con pelli di corpi scuoiati di dissidenti, la lettura del “New York Times” ci libera dall’intossicazione di simili fake news.
L’autorevole giornale che, se non fosse stato per l’assist della CNN, dei media di obbedienza atlantista con, nel nostro piccolo, il “manifesto”, ci avrebbe con le sue sole penne liberato da Milosevic, Saddam, Gheddafi, Assad e dai Taliban, rettifica quella che finora e per troppo tempo, quasi otto anni, è stata un’informazione falsa, bugiarda, truffaldina. Assad, con quegli hackers e troll delle ingerenze urbi et orbi russe, con quegli spiritati di flagellanti sciti, iraniani e hezbollah, voleva farci credere, col supporto di chilometri di audiovisivi fabbricati, raffiguranti giustizieri cha spellavano vivi innocenti, li incendiavano, o li annegavano in gabbie o li crocifiggevano, o ne sposavano a ore le donne, che il suo paese era stato invaaso, non da oppositori democratici assistiti dalla “comunità internazionale”, bensì da un branco di ossessi islamisti attivati da una “comunità internazionale” in preda a psicopatia stragista. Come pretendeva fosse successo in Libia e, poi di nuovo, in Iraq.
No, no, il NYT e i Pulitzer nostrani ci gratificano del privilegio della verità: E’ da far rabbrividire il destino “di combattenti ribelli e dei loro sostenitori civili che, oltre sette anni fa, si sollevarono per chiedere un cambio regime”. Deplorato che il vice primo ministro siriano si sia permesso di definire “terroristi” questi bravi combattenti, il giornale, al quale dobbiamo molto della credibilità delle armi di distruzione di massa di Saddam e del viagra fornito da Gheddafi ai suoi soldati perché stuprassero le connazionali, passa alla descrizione di come gli ingiustamente diffamati ribelli abbiano ben governato la provincia dai turchi loro affidata: “Si sono comportati da legittima autorità di governo e pubblica amministrazione, facilitando, tra l’altro, il commercio transfrontaliero con la Turchia e organizzando forniture di aiuti alla popolazione”. Visto che bravi, si preoccupano di nutrire la popolazione. Altro che Assad, che per principio l’affama.

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Problemi nell’enclave spagnola: si sta avverando la profezia di Gheddafi?

Immagine correlataSegnalazione di R.G.

Giovedì più di 500 migranti africani hanno oltrepassato le barriere di separazione dell’enclave spagnola di Ceuta e si sono introdotti illegalmente in UE. Già nel 2011 quando sembrava che niente facesse presagire una crisi tanto grave, il leader libico Gheddafi quasi fu in grado di prevedere qualcosa di simile prima del suo assassinio.
Questo è riecheggiato nelle pagine dei giornali di tutto il mondo: di mattina presto la guardia civile spagnola e quella marocchina hanno tentato di impedire a centinaia di migranti con un temperamento aggressivo di oltrepassare il confine tra il Marocco e l’UE. Durante quello che sembra un attacco premeditato le forze dell’ordine sono state attaccate con lanciafiamme, escrementi e sostanze corrosive.
Le forze dell’ordine erano smarrite poiché, sebbene si fossero verificati attacchi a Ceuta anche in passato, i migranti non avevano mai avuto reazioni tanto violente. Nell’area circostante l’enclave spagnola aspettano la loro possibilità di entrare in Europa ancora decine di migliaia di poveri africani.

Sebbene il numero delle nuove richieste di asilo all’UE sia diminuito quest’anno, la crisi migratoria al momento sembra aver raggiunto il suo punto più alto. Centinaia di migranti hanno dimostrato di essere decisi ad entrare in UE e nessuno potrà fermarli.Spinti dalla disperazione e dalla fame sono pronti a mettere a repentaglio la loro stessa vita e la vita degli agenti di frontiera per entrare in Europa. Non accettano i “no”.
La violenza che impiegano contro la polizia è impressionante e dev’essere un segnale d’allarme per Bruxelles. Fino ad ora l’UE non ha risposto a questo incidente, ma, se a breve non sarà elaborato un concreto piano d’azione, vi è il rischio che la violenza e l’anarchia arrivino anche al cuore dell’Europa.
Ancor prima dell’inizio della guerra civile del 2011 il dittatore libico Gheddafi così ammoniva:

“Ascoltatemi bene. Se mi volete soffocare e destabilizzare, farete solo il gioco di Bin Laden e aiuterete i gruppi armati di rivoltosi. Succederà quanto segue. Verrete aggrediti da un’ondata migratoria proveniente dall’Africa che si riverserà in Europa dalla Libia. Qui non ci sarà più nessuno a fermarli”.

Al tempo Gheddafi probabilmente non avrebbe mai immaginato che solo 6 mesi dopo sarebbe stato ucciso dai rivoltosi per la strada dopo l’intervento della NATO. Ma col suo ammonimento Gheddafi aveva ragione sebbene questo non intende giustificare in alcun modo l’operato del despota libico.Fino al 2011 la Libia era il Paese africano più ricco e la meta agognata per le popolazioni eritree e nigeriane che facevano la fame.
Quanto alla popolazione la Libia rientrava fra i Paesi con più immigranti al mondo. Oggi la Libia è unо stato fallito nel quale vi è un doppio governo ma non vi è alcun ordine. Il fallimento di questo stato ha destabilizzato anche i Paesi vicini. Situazioni difficili si osservano praticamente dalla Nigeria alla Somalia. Durante la guerra civile la Francia e gli USA hanno attivamente rifornito di armi i ribelli libici che naturalmente dopo la fine della guerra non le hanno restituite. Le attrezzature militari degli arsenali di Gheddafi furono depredate. Così il Libia si venne a formare un vero e proprio “mercato delle armi”. L’organizzazione Humans Rights Watch ha così ammonito dopo la fine della guerra civile: “È la maggiore distribuzione di armi che abbiamo mai visto. Negli prossimi decenni sarà una minaccia per la regione”. Un simile sviluppo si poté osservare anche in seguito agli interventi americani in Iraq, Afghanistan e, prima dell’intervento russo, anche in Siria.

Oggi la maggior parte delle domande di asilo in Germania è presentata da profughi provenienti dai Paesi di cui sopra. Partono dall’Africa diretti in Europa soprattutto abitanti di Nigeria, Eritrea, Somalia e Chad. Più del 75% dei profughi che arrivano in Europa via mare partono dai porti libici.

La politica della cancelliera tedesca del “in qualche modo ce la faremo” ricorda l’impotenza dell’Impero romano poco prima della sua caduta. I romani non riuscirono a gestire la crisi migratoria quando i Goti erano alle porte e entrarono nell’Impero durante l’attacco degli Unni. Inizialmente i Goti furono accolti pacificamente, venne fornito loro del cibo, ma quando il flusso divenne troppo importante, i romani cominciarono una guerra per fermare i Goti.

Inoltre, le autorità romane corrotte tenevano per loro il cibo e, quando i Goti che abitavano a Roma si accorsero di questo trattamento ingiusto nei loro confronti, scoppiò un’insurrezione. Il celebre storico Alexandr Demandr ha elencato anche altre cause della caduta dell’Impero romano: “Decadenza, ingordigia, modo di pensare antiquato, immobilità e perdita della identità nazionale”. E oggi in Europa pare che molti cittadini dell’Unione ritengano che tutto sia a posto finché hanno un tetto sulla testa, possono andare a mangiare fuori e a farsi le vacanze. La caduta dell’Impero romano cominciò prima della crisi migratoria, dunque i parallelismi sono agghiaccianti. E la leggendaria citazione di Cicerone: “Quousque tandem abutere patientia nostra?” si rivela più attuale che mai se indirizzata alla cancelliera tedesca Angela Merkel e al ministro degli Interni Horst Seehofer.

La politica di sicurezza della Merkel nei confronti dei migranti si distacca dalla politica del suo predecessore, l’ex cancelliere Willy Brandt: “Nella nostra società lavorano circa 2,5 milioni di persone che rappresentano altre nazioni. Siamo arrivati al punto di dover attentamente valutare dove si trovi il limite ultimo al di là del quale non possiamo più accogliere altre persone e la nostra responsabilità sociale finisce”.

Helmut Schmidt dieci anni dopo ammoniva:”Più di 4 milioni di stranieri sono il numero massimo per la società tedesca se non vogliamo avere seri problemi. Non saremo in grado di integrare più di 4,5 milioni di stranieri senza che si presentino conseguenze negative”. Oggi in Germania vivono 10,6 milioni di stranieri e non si parla più da tempo di confini sicuri. Horst Seehofer ha tentato insieme al cancelliere austriaco Sebastian Kurz e ai Paesi del gruppo di Visengrad di presentare un programma alternativo per la risoluzione della crisi migratoria. “I clandestini devono essere espulsi, la difesa dei confini va rafforzata. In Paesi terzi bisogna costruire centri di raccolta dei migranti a cui è stata rifiutata la domanda di asilo e l’agenzia Frontex deve essere convertita in una polizia frontaliera”.

Il punto principale di questo programma è la possibilità di presentare domanda di asilo nel Paese di origine. Dunque, dopo le insurrezioni di Ceuta sorge la domanda: cosa dovrebbero fare questi centri e come andrebbero difesi? La popolazione africana cresce molto velocemente ed entro il 2050 raddoppierà fino a raggiungere 2,5 miliardi. Il flusso di profughi spinti dalla fame, dai problemi economici, dalla corruzione e dalla mancanza di prospettive potrebbe aumentare. È molto probabile che i profughi non accettino il rifiuto della propria domanda di asilo e partano comunque per l’Europa.

In Siria vi è un barlume di speranza perché è lì che al momento si dirige buona parte dei profughi “europei”. Grazie al sostegno russo al presidente Bashar al-Assad è stato possibile scacciare in buona parte l’ISIS dalla Siria e interrompere la guerra civile. Dopo la visita della delegazione russa il presidente siriano ha confermato che a tutti i profughi “sarà garantito un rimpatrio sicuro”. Si sta già lavorando attivamente al rimpatrio dei profughi siriani dai Paesi vicini (Turchia, Libano e Giordania) affinché possano essere parte integrante della ripresa del Paese. Probabilmente in futuro sarà possibile dialogare con Assad per concludere accordi simile per il rimpatrio dei profughi.

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La prima emergenza da affrontare

Risultati immagini per no moscheeQUINTA COLONNA
di Longino

“Vi invito a combattere i miscredenti, con le vostre spade tagliate le loro teste, con le vostre cinture esplosive fate saltare in aria le loro teste. Occorre rompere i crani dei miscredenti e bere il loro sangue per ottenere la vittoria”, diceva a bambini di età compresa fra i 4 e i 10 anni il presidente dell’associazione culturale islamica ‘Al Dawa’ di Foggia, così come risulta dalle intercettazioni disposte dagli inquirenti e pubblicate dai giornali. I magistrati spiegano che l’uomo parlava “dell’obbligo di distruggere le chiese e trasformarle in moschee, individuando  l’Italia come obiettivo dell’attività terroristica”. L’uomo è stato arrestato, gli hanno sequestrato beni per un valore di 370.000 euro e il suo centro, utilizzato anche come luogo di preghiera. A Torino, nei giorni scorsi, è stato arrestato un italo-marocchino per “partecipazione all’associazione terroristica dello Stato Islamico”. E’ considerato autore del primo testo di propaganda dell’Isis in italiano. Nell’inchiesta sono coinvolti anche alcuni italiani convertiti all’Islam, oltre a cittadini di origine straniera: l’accusa ipotizzata è di aver svolto una campagna di radicalizzazione e proselitismo sul web. L’indagine è partita alla fine del 2015, quando l’italo-marocchino ha patteggiato una condanna a due anni di reclusione, con sospensione condizionale della pena, per istigazione a delinquere con finalità di terrorismo per la pubblicazione sul web di una serie di documenti dell’Isis. Anche a Milano, Napoli, Modena, Bergamo e Reggio Emilia, sono state eseguite perquisizioni da parte della polizia nei confronti di soggetti che si ritiene legati ad ambienti dell’estremismo islamico.

In Italia, le persone di religione musulmana sono stimate in 1 milione e 700mila. In questo dato – dedotto dalla nazionalità di provenienza – non vengono conteggiati né gli italiani convertiti (circa 80mila, dicono le stime) né gli ex stranieri che hanno acquisito cittadinanza italiana. In base ai dati del Centro Studi e RicercheIDOS, vi sono 8 moschee ufficialmente riconosciute, tra cui la Grande Moschea di Roma, attiva dal 1995 nel quartiere di Monte Antenne, la più grande in Europa, edificata grazie all’investimento economico della famiglia reale saudita, che ancora oggi contribuisce alla sua esistenza. I centri di cultura, facenti funzione di luogo di culto – alcuni ampi, moltissimi ricavati da scantinati, magazzini, cantine, garage – sono stimati, perché non esiste una mappa precisa, in circa 800. Le associazioni culturali islamiche sono circa 400. Continua a leggere

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