Rifare il Risorgimento, non la Resistenza

QUINTA COLONNA

di Marcello Veneziani
Trent’anni fa moriva Augusto del Noce, filosofo gentile e cattolico in disparte. Aveva fatto appena in tempo a vedere la caduta del Muro di Berlino, ma non fece in tempo a vedere il passaggio dal mondo bipolare al mondo globale, dominato – come lui stesso aveva previsto – dalla tecnofinanza e dal permissivismo; e la trasformazione del comunismo in forza radicale di massa, come lui aveva prefigurato. Nell’89 c’era ancora l’Urss, non si era ancora unita l’Europa ed era in auge Papa Woytila. E da noi c’era ancora la prima repubblica coi suoi protagonisti.
In quel tempo il filosofo cattolico pensava che compito dei prossimi anni dovesse essere un nuovo Risorgimento nazionale ed europeo. La sua lettura del Risorgimento era metastorica, ideale, platonica; poco aveva a che vedere con l’effettivo processo unitario e le sue contraddizioni. Per lui il Risorgimento era una categoria religiosa, derivava da Risurrezione, evocava Gioberti. Mentre il Risorgimento storico, quello di Cavour, di Garibaldi e dei Savoia, era sì un afflato ideale ma concepito come un processo di modernizzazione rispetto alla tradizione, un movimento laico se non irreligioso che nasceva contro gli Imperi centrali del Trono e dell’Altare e rientrava nell’epoca “liberale” degli stati nazionali e delle sovranità costituzionali.
Per Del Noce il Risorgimento era una vera e propria categoria filosofica, oltre che politica; differente tanto da Rivoluzione che da Restaurazione. Il Risorgimento indica per lui che le nazioni possono risollevarsi solo nel segno della loro tradizione, “criticando l’ordine storico dal punto di vista di un ordine ideale”. Se la rivoluzione mira al futuro, diceva, il Risorgimento mira all’eterno. Peraltro, la formula adottata per la sovranità italiana sembrava corrispondere all’auspicio di Del Noce, “per grazia di Dio e volontà della nazione”.
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Il fascismo, mille anni fa

Quinta colonna. Marcello Veneziani.
Come  oggi, cent’anni fa, venne al mondo il Male Assoluto, il Fascismo Eterno. Curioso che la diabolica Eternità abbia un atto di nascita: il 23 marzo del 1919, a Piazza San Sepolcro, a Milano, nacquero i Fasci di Combattimento. Il Fascismo eterno ebbe due genitori senza i quali non sarebbe venuto al mondo: il socialismo e la guerra (o l’interventismo). Non capiremmo il fascismo senza risalire ai suoi genitori. Il fascismo è dentro la storia del socialismo, come un suo capitolo interno: il fascismo ne fu figlio e figliastro, eredità e reazione. Se è eterno il fascismo, eterno dovrebbero essere pure il socialismo da cui nacque e il conflitto da cui scaturì. In realtà i fenomeni storici sono parabole: hanno un’alba, un apice e un tramonto, di cui restano eredità, tracce e memorie. Il fascismo come il comunismo può a volte riaffiorare o riecheggiare ma non è eterno. Storicizzare il fascismo è l’unico modo per comprenderne il senso, la portata e gli effetti. Continua a leggere

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L'altra faccia di Bush e la scissione dei tradizionalisti veronesi del 2003

Ricordando, con questo splendido articolo di Marcello Veneziani, che qualche sedicente tradizionalista veronese, figlioccio prima di Alleanza Cattolica e poi della T.F.P. (rimasti in sei o sette, in verita’, ma comunque sempre troppi) riteneva questo signore una sorta di novello Carlo Magno, ponendo, cosi, le prime basi della grande scissione del 2003, di cui noi fummo i principali autori.

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Punto di non ritorno

di Marcello Veneziani

La tela di Penelope. Si tesse di giorno, si disfa di sera. O se preferite, si annuncia un altro aborto di Stato. Dopo tre mesi si profila difficile l’impresa di Cottarelli, che pure sembrava partito con tutte le benedizioni giuste, eccetto un trascurabile particolare, il popolo sovrano. Quel ciondolino fastidioso lì, chiamato Italia. E invece è ancora in alto mare, e si corre a fari spenti nella notte in una via romana piena di buche e agguati. Il Tessitore, Mattarella, ha perso il bandolo, ha fatto errori vistosi, forse mal consigliato, è riuscito a far saltare prima la padella, poi la brace e ora rischia di restare col cerino in mano mentre lo spread cresce col panico. Non sa più che pesci pigliare, avanza il baratro, si agitano spettri di elezioni al solleone.
Qualunque cosa accada sappiamo che ormai abbiamo raggiunto il punto di non ritorno. Un abisso incolmabile si è scavato tra il Blocco Unico del Potere e l’Italia intera. Il Blocco Unico comprende il Pd, la Grande Stampa, la Grande Finanza, la Casta, i Palazzi, a partire dal Quirinale… Poi c’è tutto il resto. Che non è solo la Piazza, il popolo grillino e leghista, i militanti, ma anche i tanti refrattari, gli indipendenti, i disgustati bilaterali, i tanti che vivono, pensano, lavorano fuori dal Blocco Unico.
Stava nascendo per la prima volta un governo di assoluta minoranza, emanazione del Blocco Unico, a dispetto del voto e dell’Italia. Altre volte i governi tecnici di Palazzo avevano almeno una foglia di fico in Parlamento. Stavolta non c’è manco quello, pure il Pd che era l’azionista unico di riferimento ha capito che è meglio sfilarsi, anche perché Cottarelli annuncia solo tagli, lacrime e sangue. All’inizio Mattarella aveva scartato pure l’ipotesi di un governo di centro-destra che aveva la maggioranza relativa del parlamento. E invece ha poi varato un governo oligarchico, la coalizione Pd-Potentati. Continua a leggere

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