di Fulvio Scaglione
Fonte: Fulvio Scaglione
La crisi iraniana, tanto annunciata e infine scoppiata, metterà alla prova l’Unione Europea. Non è la prima volta che la Ue deve dar mostra delle proprie virtù, e i risultati non sono stati brillanti. Questa, però, potrebbe essere l’ultima perché la disdetta del Trattato firmato nel 2015 con il governo di Hassan Rouhani potrebbe decretare la fine di qualunque tentativo di dare all’ Europa una fisionomia politica.
La questione è molto semplice. Secondo l’Unione Europea (e anche l’Onu e la Russia, peraltro), l’accordo del 2015, costruito per sbarrare all’Iran la strada verso il nucleare militare, funziona, l’Iran rispetta i patti e non vi è ragione alcuna per annullarlo dopo così poco tempo. Secondo gli Usa (e anche Israele e Arabia Saudita), al contrario, l’accordo è pieno di buchi, non offre garanzie di sicurezza e l’Iran mente, perché continua a cercare di preparare la bomba atomica.
Sarebbe difficile immaginare una divergenza di opinioni più netta di così. Che viene per di più allargata dalle questioni di interesse economico. Gli Usa vogliono privilegiare i tradizionali partner del Golfo Persico, che sono tra l’altro assai più danarosi degli iraniani. L’Europa ha con l’Iran una lunga e cordiale tradizione commerciale, di cui godono soprattutto l’Italia e la Germania. Il nostro Paese è oggi il secondo esportatore verso l’Iran (soprattutto industria meccanica e chimica) e il secondo importatore (soprattutto petrolio) dopo la Germania, prima in entrambi i settori. Nel 2011 le relazioni commerciali tra Italia e Iran raggiunsero l’apice, con un valore di 11 miliardi di euro. Nel 2012 le sanzioni, imposte anche dalla Ue, fecero crollare il valore a 1,3 miliardi, ma le proiezioni per il 2018 parlano di 3 miliardi, quindi stiamo rapidamente riconquistando le posizioni di un tempo. Continua a leggere