Segnalazione di
Redazione BastaBugie
La formazione in famiglia e a scuola non è equilibrata se non è percepita come l’unione di corpo e anima
di Teresa Mancini
Abbiamo già sottolineato come i principi ispiratori del Sistema Preventivo di Don Bosco, ampiamente ed efficacemente applicati nel tempo e nello spazio (la famiglia dei Salesiani e l’opera degli oratori sono una realtà diffusa in molti Paesi del mondo, che non smette di dare frutti), trovino completa applicazione ed utilità non solo nel campo dell’azione pastorale a favore dell’educazione dei giovani nelle parrocchie, negli oratori, nell’attività di catechesi, ma come questi “principi cardine” abbiano una indiscussa validità educativa in tutti i contesti educativi, inclusa la famiglia.
È nostra convinzione che gli indirizzi pedagogici del Santo pedagogo non solo sono trasferibili nelle dinamiche relazionali genitori-figli, ma che proprio essi possono costituire quei correttivi così indispensabili nelle nostre, spesso drammatiche, emergenze educative, nell’affrontare i problemi educativi che ci impegnano e spesso ci sconfiggono come genitori. È questa la tesi che ci sta più a cuore: Don Bosco è un faro acceso anche nelle nostre famiglie: egli guida e recupera al bene anche i nostri figli, se comprendiamo, accogliamo e applichiamo il messaggio che ci comunica.
RAGIONE, RELIGIONE, AMOREVOLEZZA
Abbiamo già argomentato “en passant” sulle tre parole chiave che ispirano il suo pensiero: ragione, religione, amorevolezza, e su come questi tre aspetti, se ben coniugati nell’approccio docente-discente, assicurino la fiducia dei nostri ragazzi verso l’educatore realizzando il tanto auspicato “successo educativo”. Mi sono chiesta in quali di questi tre elementi la nostra realtà attuale risulta più carente, più lontana dal modello proposto: nella ragione, nella religione, nell’amorevolezza? Ho cercato di ipotizzare cosa ci direbbe oggi Don Bosco osservando i nostri ragazzi, guardando dentro le nostre famiglie.
Una prima presa di coscienza: forse, nelle nostre esperienze come educatori non manca il richiamo alla “ragione” e all'”amorevolezza”, ma non è più centrale la “religione”. Capita infatti, in modo sempre più convinto e diffuso, che, in nome di un indiscusso principio di laicità del servizio scolastico pubblico, ad esempio, o in nome di una libertà di scelta del proprio credo religioso, dei valori ispiratori fondamentali della propria vita, venga trascurato, addirittura accantonato l’aspetto spirituale della formazione dei nostri bambini, demandando ogni responsabilità alla parrocchia e affidando una delega in bianco ai catechisti che operano nel territorio, o aspettando che i nostri ragazzi, una volta cresciuti, facciano “liberamente” le proprie scelte.
Don Bosco ci insegna che ciò è fallimentare, se da subito, e permeando ogni esperienza, attività e conoscenza, non si realizza un collegamento dialettico tra ciò che è immanente e ciò che è trascendente, se non diamo alle nostre azioni, scelte, progetti la direzione che Dio, nella Sua infinita bontà ci ispira, se nella nostra realtà quotidiana non ci mettiamo in dialogo con Lui. Continua a leggere