E se la società liquida fosse un buco nell’acqua?

 

QUINTA COLONNA

di Marcello Veneziani
Il mondo è entrato nel terzo millennio con una sola idea chiave, fluida e ossessiva, globale e inafferrabile: la modernità liquida. Vent’anni fa, alla fine dello scorso millennio, un sociologo venuto dall’est, Zygmunt Bauman, pubblicò il suo saggio Modernità liquida, tradotto nel passaggio di millennio in mezzo mondo, e in Italia da Laterza. Cominciò un tormentone, prima intellettuale poi mediatico, sull’avvento globale della liquidità, a cui presto si aggiunsero ulteriori corollari sfornati da Bauman in altrettanti libri: società liquida, amore liquido, vita liquida, arte liquida, sorveglianza liquida, paura liquida e via liquefacendo. Un mantra insistente da cui non ci siamo liberati e che nessuno mette in discussione. Perfino l’attrice bisessuale Kristen Stewart, presenta il suo nuovo film lgbt, dicendo di “credere nel sesso fluido”. Bauman è uno dei rari autori letti e citati da Papa Bergoglio, soprattutto a proposito delle vite di scarto, liquidate dalla società egoista: la riduzione della fede cristiana a sociologia comporta come sua conseguenza la sostituzione del pensiero, della teologia e della filosofia, con la sociologia pop, magari radical, come fu quella di Bauman. Scappa qualche ironia su questo nuovo san Gennaro laico col suo miracolo della liquefazione universale.

Che vuol dire modernità liquida? Che è finito non solo il granitico mondo antico ma anche l’epoca solida del progresso; siamo entrati in una fase magmatica, inafferrabile nei suoi rapporti, postmoderna, in cui tutto scivola e il fluire divora ogni persistenza, ogni permanenza, ogni rigidità. Diluvio universale, anzi globale. I rapporti umani e i legami sociali si fanno liquidi e mutevoli, le convinzioni e le identità si fanno labili e fluenti, e via dicendo; le frontiere, i confini spariscono sommersi dalle onde liquide. La liquidità è ovunque (eccetto nell’economia, dove scarseggia). Continua a leggere

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Il ritorno di Celentano


MV, 22 gennaio 2019
QUINTA COLONNA
Da come si è presentato, Adrian è un minestrone di linguaggi, immagini e sovrapposizioni, fondato sull’attesa di un miracolo che non ci sarà: mescolando banalità, luoghi comuni, perfino ossessioni politically correct, pensano che venga fuori un prodotto sorprendente. Come se un pappone di conformismi, agitati e miscelati, possa produrre un frutto anticonformista. Ma Adriano Celentano è sempre stato così, vuol stupire dicendo banalità, crede di essere originale e ribelle restando nell’ovvietà piaciona. Continua a leggere

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Ancora tu, Benito

di Marcello Veneziani

Come oggi settantacinque anni fa Mussolini fu liberato dalla prigionia di Campo Imperatore. Oggi prova a liberarlo dalla damnatio memoriae il primo tomo di un’opera monumentale dedicata al duce da Antonio Scurati che proprio oggi va in libreria, M. il figlio del secolo (ed. Bompiani, 840 pagine, 22 euro). Sembra strano ma nel fiume di libri dedicati al fascismo e al duce non c’è un romanzo biografico tutto incentrato sulla sua figura. Mussolini vi compare mille e mille volte come demiurgo malvagio, come ombra minacciosa o come orco in singole storie, anche private. Ma una biografia romanzata su di lui, in più tomi, senza tono apologetico né denigratorio, qualcosa di equivalente narrativo della monumentale biografia storica di Renzo De Felice, non c’era ancora. Curiosi di vederla, soprattutto viste le premesse/promesse dell’autore di equidistanza e la confessione di essere stato soggiogato dal personaggio, e forse affascinato. Accadde anche a De Felice, che pure proveniva da una cultura antifascista, di sinistra. A Scurati del resto non mancano il talento narrativo e lo sguardo libero.
Vorrei obbiettare qualcosa sul titolo perché Mussolini sarà stato pure figlio del suo secolo ma ne è stato soprattutto padre perché ha generato eventi, seguaci, imitazioni, opere e maledizioni come pochi. Fu padre del fascismo e patrigno dell’antifascismo. Qualcuno ha persino ritenuto che Mussolini abbia inventato una categoria eterna, l’Urfascismo (Umberto Eco). Figlio di un secolo ma padre di un’eternità, bel paradosso, Benito.
In verità la biografia romanzata di Scurati rinuncia a una parte troppo cospicua e significativa della vita di Mussolini: quella che precede la fondazione del fascismo, il 1919, ossia la vita da anarchico, da socialista rivoluzionario, da leader della sinistra più radicale, da maestro, giornalista e letterato, esule e carcerato, e poi direttore dell’Avanti e di altre effervescenti riviste, fino alla fondazione del Popolo d’Italia. Ma anche il Mussolini combattente nella prima guerra mondiale. Il Mussolini di Scurati è già il fondatore del fascismo, gran parte della sua vita è già trascorsa. Continua a leggere

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Il maricello

di Marcello Veneziani
Mio padre era un grande costruttore di maricelli. Appena arrivava al mare, si spogliava e cominciava l’opera. Edificava con due pietre piatte più grandi un sedile in riva al mare e con i piedi nell’acqua cominciava la sua impresa edile. Radunava in cerchio i sassi più grandi, ora spostandoli, ora facendoli scivolare fino a capovolgerli, riportando alla luce il loro versante più scuro, un ventre verde intenso abitato da cozze, alghe, granchi e lumache. Poi creava un doppio strato di cinta per la sua piscina naturale. Lavorava sodo. A volte finiva l’opera quando dovevamo rientrare a casa.
Quand’ero piccolo il maricello era fatto apposta per me. Ero felice di entrare in quella conca paterna, guazzavo beato e protetto; ero convinto che il suo stesso nome, maricello, fosse derivato dal mio, o viceversa. Però quando diventai appena più grande e andai in mare aperto, mio padre continuò la sua edilizia marina, con la stessa lena, anche senza un beneficiario visibile.
Ritrovò una motivazione affettiva a costruire piscine provvisorie quando arrivarono i suoi nipoti, e poi i miei figli. Fece maricelli per loro, a volte anche a due piazze, per evitare conflitti interportuali tra i piccoli usufruttuari. E continuò nella sua arte di costruzione marittima anche quando loro erano grandi e lui aveva ormai varcato l’età più grave. Arrivava al mare e si metteva all’opera con solerzia, come se avesse un contratto da rispettare con la capitaneria di porto o chissàchi. O come se fossero degli ex voto per Nettuno, per Afrodite o per qualche ignota divinità marina. Continua a leggere

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E ora vai col ricambio

di Marcello Veneziani

Li aspettano al varco, coi fucili spianati. In Rai, nei Ministeri, nel settore pubblico, ovunque ci saranno nomine. E già cominciano a miscelare minacce e vittimismo. Riprendono, come accade almeno da 24 anni, dal primo breve governo Berlusconi, a parlare di liste di proscrizione, di teste tagliate, appena qualcuno si azzarda a parlare di cambiamento.

Prendete per esempio la Rai. Un tempo seguiva un criterio deprecabile chiamato lottizzazione, ovvero si spartivano gli incarichi tra i partiti. Poi arrivò Renzi e fece l’asso pigliatutto; e non ebbe come alibi, io però ci metto i migliori; no, mise scartine, servette, lecchini ad personam ai posti di comando. E adesso, appena qualcuno accenna dal governo alla necessità di cambiare, adottano un sistema sperimentato: alzano il tiro contro il governo, marcano di più tutto ciò che lo contrasta, perché così se li buttano fuori, diranno che è per la censurare la loro notoria indipendenza. E non perché sono inadeguati, perché il ricambio è previsto in democrazia, perché hanno fatto flop, e perché erano lì non per meriti e qualità ma solo perché erano al servizio della ditta. No, si protesteranno discriminati, vittime dei populisti, sovranisti, fascisti, razzisti, nazisti, dunque caduti per la libertà. Continua a leggere

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