Bambini come cavie da laboratorio
L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha autorizzato la somministrazione della Triptorelina per adolescenti confusi sulla loro identità sessuale: un medicinale usato di solito contro i tumori, che blocca il normale sviluppo ormonale e puberale.
L’idea è quella di bloccare il corpo dei ragazzi per aspettare che capiscano se vogliono essere maschi o femmine. L’Agenzia ha agito al di fuori dei suoi poteri e contro le evidenze medico-scientifiche che suggeriscono massima prudenza su interventi così invasivi. Firma subito per chiedere al Ministero della Salute di bloccare immediatamente la diffusione della Triptorelina libera: non possiamo usare i ragazzi come cavie da laboratorio per assecondare l’ideologia Gender!
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Gentili lettori,
Stavolta l’hanno fatta veramente, veramente grossa.
Lo scorso 25 febbraio l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha emesso un provvedimento, registrato in Gazzetta Ufficiale il 2 marzo, che autorizza la somministrazione della Triptorelina agli adolescenti in crisi di identità sessuale: la medicina, generalmente usata per il contrasto dei tumori, quindi con effetti pesantissimi sul corpo e sulla psiche, è in grado infatti di bloccare il naturale sviluppo della pubertà.
Firma per dire NO: http://www.citizengo.org/it/pc/169128-non-bloccate-puberta-dei-bambini-stop-alla-triptorelina-libera
In un comunicato congiunto il Centro Studi R. Livatino e l’associazione Scienza&Vita hanno ribadito preoccupazioni che CitizenGO condivide pienamente:
- il c.d. farmaco viene immesso nell’elenco del Servizio Sanitario Nazionale incarenza di studi clinici e di follow-up a lungo termine;
- è alto il rischio, adoperando la triptorelina per bloccare la pubertà fino a 4 anni circa – dai 12 ai 16 anni d’età –, di indurre farmacologicamente un disallineamento fra lo sviluppo fisico e quello cognitivo del minore;
- non esistono evidenze sull’effettivo pieno ripristino della fertilità nel caso di desistenza dal trattamento e di permanenza nel sesso di appartenenza;
- resta sospesa la questione del consenso all’uso del c.d. farmaco, vista la scarsa consapevolezza di adolescenti e preadolescenti circa le proprie potenzialità. Premesso poi che la capacità di agire viene raggiunta al compimento della maggiore età, come faranno i medici a garantire che il consenso di un pre-adolescente cui si intenda somministrare la triptorelina sia “libero e volontario”? Che cosa accadrà se i genitori vorranno accedere alla “cura” e il minore no, o il contrario, o, ancora, in caso di contrasto fra genitori? Potrà il genitore (o il tutore) esprimere l’assenso a un atto di disposizione del corpo altrui, in evidente contrasto con l’ordinamento vigente?