di Emilio Giuliana
Non è certa mia intenzione trarre giudizi sullo “Statista di Sardagna”, ma per onor di cronaca mi preme ricordare anche aspetti che inspiegabilmente giornalisti, storici e uomini di “cultura” omettono. Alcide Degasperi e non De Gasperi (non può vantare alcuna nobile discendenza) come erroneamente viene trascritto il suo nome, in alcuni articoli pubblicati in gioventù sul quotidiano “Trentino” mostrano vicinanza alle posizioni di Karl Lueger (il borgomastro di Vienna, cristiano-sociale e anti – giudeo). Ad esempio, si legge: «Noi non siamo contro gli ebrei perché d’altra religione e d’altra razza ma dobbiamo opporci ch’essi coi loro denari mettano il giogo degli schiavi sui cristiani» (1906). Trent’anni dopo, nella rubrica sull’ “Illustrazione Vaticana”, mancano invece parole di condanna contro l’esproprio dei beni degli ebrei austriaci. Alcide Degasperi si espresse positivamente anche sul fascismo, così giustificandolo (Il Nuovo Trentino del 7 aprile 1921): <Il fascismo fu sugli inizi un impeto di reazione all’internazionalismo comunista che negava la libertà della Nazione (…). Noi non condividiamo il parere di coloro i quali intendono condannare ogni azione fascista sotto la generica condanna della violenza. Ci sono delle situazioni in cui la violenza, anche se assume l’apparenza di aggressione, è in realtà una violenza difensiva, cioè legittima>.
Oltre alle sue posizione ideologiche, un po’ di luce va fatta su altre scelte discutibili. Infatti, fu proprio Alcide Degasperi con una lettera indirizzata al colonnello americano A.D. Bonham Carter, ad esortare i bombardamenti della periferia di Roma, l’acquedotto e di altri obiettivi strategici. La decisione fu giustificata da Degasperi con queste parole: “Ci è purtroppo doloroso, ma necessario insistere nuovamente, affinché la popolazione romana si decida ad insorgere al nostro fianco, che non devono essere risparmiate azioni di bombardamento nella zona periferica della città nonché sugli obiettivi militari segnalati. Questa azione, che a cuore stretto invochiamo, è la sola che potrà infrangere l’ultima resistenza morale del popolo romano, se particolarmente verrà preso, quale obiettivo, l’acquedotto, punto nevralgico vitale. Ci urge inoltre, e nel più breve tempo possibile il già sollecitato rifornimento essendo giunti allo stremo”. Alcide scriveva queste cose consapevole che Roma era stata dichiarata “città aperta”. L’istituto della “Città Aperta” non è regolato dal Diritto Internazionale: significa semplicemente che la città non dispone di mezzi difensivi o offensivi e quindi è esente sia dai bombardamenti aerei che da attacchi terrestri. Dopo il 13 agosto 1943 Roma subì ben 51 bombardamenti fino al 4 giugno 1944 quando la V° armata del generale Mark Clark entrò a Roma. Questo documento venne pubblicato dallo scrittore Giovanni Guareschi sulla rivista settimanale “Ta – pum del cecchino” e le conseguenze non tardarono a materializzarsi, perché non ci fu solo una levata di scudi in favore di Degasperi che era capo del governo ma il povero Guareschi venne querelato e condannato per diffamazione, processato scontò 409 giorni di carcere e sei mesi di libertà vigilata. Anche dal punto di vista religioso, Degasperi era tutt’altro che ubbidiente alla Chiesa Cattolica. In prossimità delle elezioni comunali di Roma dell’anno 1952. In tale occasione, al fine di scongiurare la vittoria dei comunisti, papa Pio XII invitò la Democrazia Cristiana di “Degasperi” a formare una coalizione di centrodestra con monarchici e i neofascisti del Movimento sociale italiano, ma egli rifiutò di obbedire alla richiesta preoccupata che gli giungeva dal Vaticano. Il padre gesuita Giovanni Sale ha pubblicato un saggio (“Dalla monarchia alla repubblica”, Jaca Book, Milano, 2003) in cui si trova una perfetta descrizione delle oscillazioni degasperiane tra la fedeltà alla dottrina sociale della Chiesa e il timido ossequio alle contrarie opinioni dei progressisti. Correva l’anno “costituente” 1946, quando un insigne filosofo del diritto, Guido Gonella, presentò al congresso democristiano un eccellente schema di costituzione, affermando coraggiosamente: “noi non vogliamo una costituzione di partito…ma la costituzione del popolo italiano. Ma il popolo italiano è un popolo cristiano, e quindi nel nostro Paese i principi generali della politica e del diritto pubblico devono essere conformi all’etica cristiana”. Degasperi bocciò la proposta Gonella con un tortuoso e ipocrita ragionamento: “il discorso di Gonella è stata una magnifica esposizione della costituzione. Se dovessi fare un appunto, è proprio questo: egli è stato troppo teologo. Questo, assolutamente parlando, non è un difetto, ma sul terreno tattico della lotta con gli avversari può dar luogo a contraccolpi inaspettati”. La fedeltà alla dottrina sociale può dar luogo a contraccolpi pericolosi; conviene dunque seguire i consigli della prudenza democristiana e abdicare ai principi.
Davanti a simili dimostrazioni di fellonia, ci si chiede se aveva torto Cornelio Fabro quando scagliava la sua rovente invettiva contro “la viltà di ministri e prelati cristiani e perfino cattolici – come in Italia – di combattere e far combattere apertamente (come il Vangelo voleva) l’approvazione dell’infame legge del divorzio (1974) e di quella incomparabilmente più infame dell’aborto” (“Riflessioni sulla libertà”, Edivi, Segni, 2004).
Augusto Del Noce sosteneva che la scristianizzazione dell’Italia fu attuata con grande responsabilità dei democristiani…
Degasperi non fece nulla per gli infoibati italiani residenti al di là dell’Adriatico e l’esilio di 310.000 istriani, fiumani e dalmati. Il governo americano avrebbe voluto un referendum plebiscitario per la cessione di Fiume, Istria e Dalmazia alla Iugoslavia. Degasperi si oppose, perché se avesse concesso il plebiscito agli italiani di Pola, Zara e Ragusa, avrebbe dovuto concederlo anche all’Alto Adige. Il risultato dei plebisciti avrebbe certamente sentenziato che le terre di Istria, Fiume e Dalmazia sarebbero dovute rimanere con l’Italia, mentre l’Alto Adige sarebbe potuto passare all’Austria, con la conseguenza che non avrebbe potuto giustificare l’autonomia speciale di cui gode oggi il Trentino (“L’esodo dei 350 000 Giuliani Fiumani e Dalmati” ediz. DIFESA ADRIATICA di Padre Flaminio Rocchi).
Degasperi anche in fatto di repressione dell’omosessualità fu superato solo dal governo Moro.
Scrive Dario Petrosino su “Storia e Futuro” sulla base di documentazione conservata all’Archivio Centrale dello Stato: “Nelle relazioni al capo della polizia conservate presso l’Archivio Centrale dello Stato (ministero dell’interno, dipartimento generale della pubblica sicurezza), emerge con chiarezza la consistenza del fenomeno: la raccolta dei dati ha inizio nel novembre 1952 e già in quell’anno in soli due mesi vengono eseguiti 518 provvedimenti di polizia che salgono a 1117 nel 1953 e 1407 nel 1954. Da 1955 inizia un calo che vede scendere il numero dei provvedimenti a 671 e poco sopra i 600 negli anni successivi. Poi la curva ricomincia a salire e a metà degli anni ’60 gli omosessuali finiti sotto la lente della pubblica sicurezza sono ancora di più: 1474 nel 1964, ben 3062 nel 1965. Possiamo affermare con rapido calcolo che tra il 1952 e il 1965 furono compiuti in Italia dalla polizia più di 11 mila provvedimenti tra fermi, ammonizioni, diffide, arresti e invii al confino nei confronti degli omosessuali.
Concludo, riportando la citazione di una memoria autobiografia di Ettore Bernabei pubblicata nel 1998. Lo statista trentino sottoscrisse uno scellerato accordo con Raffaele Mattioli, accordo che assegnava il potere politico alla DC, il potere culturale e quello finanziario alla massoneria, nemica giurata della Chiesa Cattolica.
fonte – http://www.emiliogiuliana.com/2-uncategorised/48-alcide-degasperi-anti-ebreo-acattolico-modello-e-riferimento-della-sinistra-e-catto-comunisti.html
Ma come, volevano farlo santo, subito, come un altro, baciacorano… !