[ 10 aprile 2019 ]
Il filosofo Augusto Del Noce diceva di se stesso “non sono né reazionario, né conservatore, bensì tradizionalista”.
Accettando questa tassonomia come classificare Maurizio Blondet? Forse egli è un miscuglio delle tre categorie.
Ma non è di questo che voglio parlare quanto piuttosto segnalare un suo recentissimo articolo, Governo Draghi, via all’ultimo saccheggio.
Egli prende spunto dalle indiscrezioni secondo cui Mattarella si prepara ad insignire Mario Draghi del titolo di senatore per quindi candidarlo, visto che in autunno Draghi lascerà la Bce, a Presidente del consiglio di un governo Monti-bis.
E’ plausibile che l’élite eurocratica abbia in mente questa operazione? Sì lo è. Con Blondet siamo anche d’accordo che essa non solo va denunciata ma respinta con ogni mezzo. Dove sta quindi il problema? Sta che, prendendo spunto da alcune recentissime dichiarazioni
fatte da Di Maio alla trasmissione di Fazio (tese a tranquillizzare l’oligarchia ed a presentare il M5s come forza politica europeista affidabile), dopo averne dette di tutti i colori contro il Movimento 5 stalle, Blondet ne deduce, testuale:
«Con estrema rapidità, quasi ad un segnale convenuto, tutti gli attori si riposizionano per il nuovo quadro che porterà Mario Draghi al governo con l’appoggio dei 5 Stalle, oltreché del PD, le escort berlusconiane, e forse persino della Lega».
In parole povere Blondet, non solo da per scontato che avremo un governo Draghi senza passare da elezioni anticipate, ma che questo governo sarà appoggiato, oltre che da Pd e berluscones, dai Cinque stelle… e forse persino dalla Lega.
Qui accanto, a titolo di esempio, quel che si sostiene all’estrema destra. Anche Di Stefano da per scontato che questo governo “è finito”, che dunque i “populisti” sono morti. Dal che desume che la prateria è aperta e che il popolo non aspetta altro che alla sua testa si ponga un nuovo salvatore della Patria, alias, Di Stefano medesimo
Con tutto il rispetto, dissentiamo. E dissentiamo non perché escludiamo che l’élite eurocratica farà del tutto per sbarazzarsi del governo giallo-verde e riconquistare la postazione di Palazzo Chigi — ne siamo anzi sicuri, con tanto di scatenamento di una tempesta finanziaria già in estate per gettare il Paese nel panico e mettere il governo con le spalle al muro, più o meno come si fece nell’estate 2011 col governo Berlusconi.
Quello che ci sentiamo di escludere è che un simile governo possa sorgere senza passare per delle elezioni anticipate, ovvero nella forma di un avvicendamento di maggioranza parlamentare. E perché lo escludiamo? Lo escludiamo perché non condividiamo il giudizio di Blondet sul Movimento 5 stelle, che secondo lui passerà armi e bagagli dalla parte degli euro-golpisti. Che nel clima di eventuale terrorismo finanziario una parte dei parlamentari M5s possa passare col nemico, è certo possibile. Ma questa è altra cosa dal sostenere che M5s in blocco farà una fine più miserabile di quella di Tsipras. C’è qui di mezzo l’analisi del “populismo”, della sua natura, delle spinte sociali che interpreta, quindi di un gruppo dirigente che per Blondet è gatekeeper, quindi col proprio suicidio già programmato. Una visione, quella di Blondet, semplicistica e complottistica.
Da notare che il nostro precisa che l’appoggio all’eventuale governo Draghi lo darà “forse” anche la Lega. Il “forse” è significativo perché svela da quale parte pendano le simpatie di Blondet. Anche per quanto concerne la Lega, non è un segreto che la sua componente nordista sia sensibile e si faccia interprete degli interessi della potente borghesia padana, che se ne frega del “sovranismo” e punta ad un accordo d’affari con quella tedesca. Che questa frazione possa prestarsi all’operazione Draghi non è escluso. Ma da qui ad essere sicuri che Salvini accetti di fare la figura del pagliaccio, anzi del principale gatekeeper, ce ne corre.
Che sotto le tremenda pressione dell’attacco dei “mercati” il campo populista, in entrambe le sue rappresentazioni, possa subire una disarticolazione ed addirittura uno sfaldamento, questo è probabile. Che il fenomeno “populista” si dimostri una bolla di sapone, una parentesi, che la fase apertasi col 4 marzo 2018 possa quindi… finire in cavalleria, questo è da escludere. Se l’attacco per rovesciare il governo giallo-verde verrà, com’è possibile, non un tranquillo avvicendamento parlamentare avremo ma, al contrario, un’acutizzazione del conflitto tra il campo populista e quello euro-oligarchico. Un conflitto che potrebbe debordare, uscire dai palazzi per coinvolgere la società.
In questa prospettiva tutto si deve fare, meno che alimentare lo scetticismo e il catastrofismo, dando per scontato che l’eurocrazia riuscirà ancora una volta nei suoi piani. Non si tratta di fare gli ottimisti, si tratta di vedere, assieme ai punti deboli del campo populista, anche quelli delle élite, che mai come adesso sono in difficoltà. Insomma la partita è aperta e dopo il primo round della Legge di bilancio 2019, il prossimo, il secondo, sarà quello decisivo.
Occorre dunque, non solo far sì che questo governo resista all’attacco nemico, bisogna che ognuno, invece di dare per certa la resa, dalla sua postazione, si prepari alla battaglia.