Preferisco le Bufale agli ASINI
di Emilio Giuliana
Il signor Francesco Filippi, da qualche tempo è assurto all’onore delle cronache locali e nazionali per aver pubblicato un libro con il quale pretende di far luce sui falsi convincimenti in merito all’operato del governo monarchico fascista, il quale avrebbe prodotto “cose buone”, credenze che definisce e liquida come bufale, sbugiardate e suffragate da sue ricerche, “partendo da fonti legislative”.
Innanzitutto, a tal riguardo il signor Filippi non è per niente originale, in quanto dal 1945 ad oggi, sono stati molti, tanti storici e amici dell’alta finanza che hanno gettato discredito senza riuscirvi sul governo monarchico fascista, rimediando solo figure barbine, causa l’ignoranza e disonesta intellettuale. Nel primo caso -ignoranza- ripropongo il pensiero di Mark Twain: è più facile ingannare la gente che convincere loro che sono stati ingannati; nel secondo -disonestà intellettuale- il convincimento di Antonio Gramsci: Una menzogna in bocca a un comunista è una verità rivoluzionaria.
In entrambi i casi, emerge un approccio privo di qual si voglia virtù.
Lo “storico” di Levico, deve fare i conti con un eccelso storico del Fascismo, il comunista ebreo Renzo De Felice, distorcendo e manipolando la realtà; il nostro liquida la questione come un fraintendimento. E pure, De Felice è stato molto chiaro, lo si capisce senza possibilità di confusione nella citazione che segue: tutto quanto detto e scritto sul fascismo e resistenza è falso perché la sinistra politica ha nascosto tante verità, tanti delitti, tante vergogne partigiane.
Il signor Filippi, come può smentire gli attestati di merito nei confronti del fascismo esternate dall’ebrea comunista Margherita Hack. “Quello che ha ottenuto il fascismo in campo sociale oggi ce lo sogniamo. Non si trattava solo dei treni in orario. Assegni familiari per i figli a carico, borse di studio per dare opportunità anche ai meno abbienti, bonifiche dei territori, edilizia sociale. Questo perché solo dieci anni prima Mussolini era in realtà un Socialista marxista e massimalista che si portò con sé il senso del sociale, del popolo”. “Le dirò –prosegue la Hack– il fascismo modernizzò il paese. Resta una dittatura, ma anche espressione d’italianità. Bisognerebbe fare un’analisi meno ideologica su questo”. Marzo 2013 Barricate
Andrea Camilleri: Io, sotto il fascismo, ero più libero di quanto voi lo siete adesso – Festival di Roma 2010
Carlo Lizzani: nel fascismo la cultura non subiva tagli, anzi era valorizzata al massimo dal regime anche con risultati a volte davvero straordinari. Basti pensare alla Mostra del Cinema di Venezia e anche all’attuale Centro Sperimentale di Cinematografia. L’equazione fascismo uguale reazione è sbagliata perché fa pensare a un’impossibilità di recupero e invece i processi messi in moto dal fascismo erano anche di modernizzazione. Per noi ragazzi si aprirono le porte di pubblicazioni come Primato, con Bottai e altri gerarchi che offrivano la possibilità ai giovani di scrivere per le principali riviste. Il Centro sperimentale di cinematografia, un’invenzione fascista, proiettava i film sovietici. Ci sentivamo promossi come nessun’altra generazione prima di noi. Le parole d’ordine erano “largo ai giovani” e “la borghesia la seppelliremo”, mentre i nostri padri venivano da società gerontocratiche, bloccate. I Littoriali erano grandi gare giovanili che davano ai diciottenni l’opportunità di viaggiare, uscire di casa, sentirsi autonomi rispetto alla famiglia e ai canoni borghesi». Continua a leggere