Il tutto si è svolto nel silenzio più totale degli intellettuali che ogni giorno danno lezioni di democrazia, ci mettono in guardia dal ritorno del fascismo e menate varie. Di quale democrazia è rappresentante il sindaco di Orsara di Puglia, Tommaso Lecce che si apprestava a premiare uno dei leader del gruppo di lotta armata che, dall’estrema sinistra, infiammò gli anni di piombo, dicendo di volere abbattere lo Stato? Oggi Curcio fa l’editore e il conferenziere, ma nella “precedente vita” è stato a capo di un’associazione sovversiva e sanguinaria che ha ucciso, rapito, gambizzato, rivendicato assassinii. Un irriducibile che non si è mai dissociato dalla stagione della lotta armata nel corso dei 25 anni di carcere.
Curcio fece parte del primo Comitato esecutivo delle Br costituito nel 1972, insieme ad Alberto Franceschini, Mario Moretti e Piero Morlacchi. Tra le azioni rivendicate dalle BR l’omicidio di Graziano Giralucci e Giuseppe Mazzola, militanti del Movimento Sociale Italiano il 17 giugno 1974, uccisi nella sede del partito in via Zabarella a Padova. Curcio, condannato come mandante di quegli omicidi, scrisse il volantino di rivendicazione insieme agli altri dirigenti delle BR . Arrestato, evaso e riarrestato più volte, il 10 maggio 1978, il giorno dopo l’omicidio Moro, alla caserma Lamarmora a Torino, dove si celebrava il processo ad alcuni dei capi storici delle BR, Renato Curcio prese la parola e attraverso un comunicatocelebrò ci queste parole la morte del segretario della Dc: «Ecco perché noi sosteniamo che l’atto di giustizia rivoluzionaria esercitato dalle Brigate Rosse nei confronti del criminale politico Aldo Moro, (…), è il più alto atto di umanità possibile per i proletari comunisti e rivoluzionari, in questa società divisa in classi».
Ancora. Nell’agosto 1991, Francesco Cossiga, presidente della Repubblica, propose di concedere la grazia a Renato Curcio. Marco Pannella denunciò il Capo dello Stato per attentato alla Costituzione il 26 novembre 1991 dando inizio a un dibattito che vide coinvolto tutto il mondo politico. Montanelli, gambizzato dalle Br, denunciò furiosamente l’iniziativa di Cossiga. La figlia di Giralucci, Silvia, scrisse allo stesso presidente Cossiga una lettera pubblica: «La grazia è un’ingiustizia che ci offende, sia come familiari delle vittime del terrorismo, che come privati cittadini. Mia madre ed io avevamo già espresso parere negativo alla grazia […] La nostra vita è stata profondamente segnata da quell’episodio, è una vita non completa, non normale. Perché dobbiamo concedere una vita normale a chi non ha permesso che la nostra fosse tale? Hanno stroncato e segnato irreversibilmente troppe vite per avere il diritto di godersi la loro. Constatatone il fallimento, vorrebbero, e lei con loro, considerare la loro esperienza storicamente sorpassata, ma il dolore mio e della mia famiglia non è ancora storia, è vita». Ecco sono parole che oggi rigiriamo al sindaco di Lecce e all’Anpi.
Che dire di più? Non si tratta di uno che ha violato e insanguinato le istituzioni democratiche, evidentemente, per gli intellettuali col Rolex. Il sindaco Tommaso Lecce a furor di popolo ha annullato tutto e anche l’Anpi ha preso le distanze a scoppio ritardato, dichiarandosi estranea alla vicenda:«non siamo nemmeno invitati», dice Michele Galante, Presidente di Foggia dell’associazione, che se l’è presa col sindaco: «Siamo completamente estranei a questa manifestazione. Il sindaco di Orsara può consegnare un riconoscimento come istituzione ma non come Anpi perché non ha nessuna legittimità a farlo. Il comportamento del Comune è scorretto».
fonte http://www.secoloditalia.it/2018/12/se-lanpi-ha-dimenticato-chi-e-renato-curcio-glielo-ricordiamo-noi/