Sant'Alfonso sull'ecumenismo, sulla tolleranza e sul dialogo interreligioso

[Premesse sulla vera religione e sull’ordine sociale] Dicono di più gli increduli che la rivelazione divina sarebbe contraria alla pace delle repubbliche, poiché ella vieterebbe alla Chiesa di tollerare altra religione che non segua la rivelazione; e ciò sarebbe cagione di mille sedizioni e discordie tra i popoli. Quindi non possono soffrire il dogma evangelico, che fuori della Chiesa cattolica non vi è salute. Ecco come scrive il Rousseau (Emil. t. 3. p. 172): “A Dio non piaccia ch’io predichi giammai agli uomini i dogmi crudeli dell’intolleranza, e che li porti a detestare il loro prossimo, dicendo agli altri; voi sarete dannati”. Aggiunge nello stesso luogo: “L’intolleranza è un dogma orribile, che arma gli uni contro gli altri, e li rende nemici del genere umano”. Sicché vorrebbero i deisti che dalla nostra Chiesa cattolica si permettesse una tolleranza ecclesiastica, con cui si facesse credere ai popoli, “che ogni uomo dabbene, in qualunque religione che viva, possa salvarsi”: così parla il nominato Rousseau nella lettera alla pag. 86.
Dicono che la religione deve riguardarsi come una legge nazionale, una legge di pura politica esteriore (siccome scrive lo stesso Rousseau nella citata lettera), la quale in conseguenza non obbliga, che sino a quando si dimora nel paese ove una tale legge è in vigore. Bella regola di credere e di operare! Da questa ne seguirebbe, che un cristiano, se dimora presso i cristiani, deve credere che Gesù Cristo sia figlio di Dio, e Salvatore del mondo: se presso i turchi, deve credere che Gesù Cristo non sia che un misero precursore di Maometto: se presso i giudei, un impostore e seduttore. Ma tutta questa credenza sarebbe esterna, poiché secondo i deisti internamente ognuno può credere quel che vuole; ed ecco, col dogma della tolleranza, aperta una pubblica scuola d’ipocrisia, abominata dagli stessi gentili, i quali dopo aver costretto i cristiani per via di tormenti a rinunziare alla fede, li deridevano poi e li disprezzavano, se quelli per debolezza la rinnegavano. Oltreché, fondandosi la tolleranza secondo i deisti sulla ragione dell’interesse dello stato e della polizia del governo, ne segue che, cambiandosi col tempo le ragioni dell’interesse e della polizia, si cambierà insieme il dogma della tolleranza; onde quei che prima dovevano tollerarsi, col tempo poi non si potranno più tollerare. Sicché il dogma, dagl’increduli giudicato essenziale alla religione per il bene comune della pace, sarà col tempo una legge variabile? Dunque i dogmi essenziali della religione anche sono variabili? Continua a leggere

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Disponibile il numero 156 di Sursum Corda

Sul sito è disponibile il numero 156 (del giorno 14 aprile 2019) di Sursum Corda®. Il settimanale si può scaricare gratuitamente nella sezione download dedicata ai soli Associati e Sostenitori.
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– Comunicato numero 156. Questioni finanziarie. La suprema aspettativa;
– Con breve commento sulle recenti dichiarazioni di Giuseppe Ratzinger (Benedetto XVI);
– Preghiera di Pio XII su queste adolescenti;
– Papa Pio XII: Insegnamenti contro socialismo e precarietà del lavoro;
– Papa Pio XII: La salvezza nella presente ora apocalittica;
– Dizionario di teologia dommatica. L’immagine dei Santi;
– Dizionario di teologia dommatica. Gli iconoclasti.
fonte – https://www.sursumcorda.cloud/settimanale/indici-sursum-corda.html

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Teologia Politica 134. La vera concordia politica e sociale

La concordia – insegna Papa Pio XII nella «Orientalis Ecclesiae», 9.4.1944 – «Richiede unità di fede, unità di amore (verso Dio e verso il prossimo), unità di obbedienza». Nello stesso luogo asserisce: «Non è lecito, neppure sotto colore di rendere più agevole la concordia, dissimulare neanche un dogma solo: giacché, come ammonisce il Patriarca Alessandrino [San Cirillo d’Alessandria, ndR]: “Desiderare la pace è certamente il più grande ed il precipuo dei beni, però non si deve per siffatto motivo pretendere che ne vada di mezzo la virtù della pietà di Cristo”. Pertanto NON conduce al desideratissimo ritorno degli erranti alla sincera e giusta unità in Cristo, quella teoria che ponga a fondamento del concorde consenso dei fedeli solo quei capi di dottrina, sui quali tutte o almeno la maggior parte delle Comunità, che si gloriano del nome Cristiano, si trovino d’accordo; ma [conduce a Cristo] l’altra che, senza eccettuarne né sminuirne alcuna, integralmente accoglie qualsiasi verità da Dio rivelata [e dalla Chiesa definita, ndR]».
Questa infallibile sentenza del Pontefice è un’esplicita condanna al sistema dell’ecumenismo (cfr. «Condanne della Chiesa all’ecumenismo»).
Papa Pio IX nella «Si Divinus Magister» (15.11.1877) asserisce: «Dovete mantenere con Noi una perfetta unanimità di pensieri e di opere per ribattere gli sforzi dell’empietà e della ribellione ripudiando ogni estranea investigazione e contesa. Guidati da questa prudente determinazione, accoglierete con docilità e riverente ossequio, ed eseguirete con esattezza i Documenti ed i consigli di questa Santa Sede, e per tal modo facilmente eviterete le frequenti insidie di coloro, che sapienti agli occhi propri ed arogantisi l’arbitraria missione di consigliare e persuadere quello che essi temerariamente pensano doversi fare per condurre l’ordine e la pace, non pochi dei Nostri figli, anche fra i più devoti a Noi, allettati dallo splendore dell’ingegno e della dottrina, a poco a poco distolgono dall’usata riverenza pei Nostri ammonimenti: e rompendo con ciò l’unanimità, dividono le forze cattoliche, che dovrebbero, unite, tener testa ai nemici. Noi pertanto preghiamo Iddio che vi faccia continuare sempre a combattere per la giustizia con Noi e secondo gli avvisi di questa Cattedra di verità, e così meritare le grazie necessarie in sì difficile combattimento ed infine conseguire il premio preparato ai combattenti per una tale causa».
Insegna Papa Leone XIII nella «Immortale Dei» (1.11.1885): «Quanti vi sono degni del nome di Cattolici, è indispensabile che siano e si mostrino apertamente amorossimi figli della Chiesa: che rigettino da sé, senza punto esitare, tutto quello che è inconciliabile con tale professione: che volgano i politici ordinamenti, in quanto onestamente si può fare, a difesa della causa della verità e della giustizia: che si sforzino di ottenere che la libertà non trapassi mai i confini, assegnati dalle leggi della Natura e di Dio: che si adoperino a far ripiegare la presente società verso l’ideale della Società Cristiana». Una palese condanna alla cosiddetta laicità. Continua a leggere
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Papa Pio XII: Non moechaberis! – Il «matrimonio in film»

Dio, il nome di Dio e il culto di Dio costituiscono la «prima tavola»; il prossimo, i doveri e i diritti della vita umana appaiono nella «seconda tavola» [dei Comandamenti, ndR]‚ la quale con la prima forma il Decalogo, quasi a quel modo che l’amore di Dio e l’amore del prossimo si uniscono a fare un amore solo che da Dio si riversa sul prossimo. Più numerosi sono i precetti contenuti in questa «seconda tavola», che meriterebbero molte osservazioni; ma come potremmo Noi omettere di ricordare le parole «Non moechaberis» [Esodo, XX,14]? È dir troppo, se Ci rammarichiamo che contro tale comandamento proprio i Paesi, che si vantano più civili, presentano uno spettacolo di più profonda devastazione morale, e se aggiungiamo che le sue vestigia sono visibili fin nella eterna Città? Noi ben sappiamo – e ne parlammo ampiamente in altra occasione – quanto anche le riforme economiche e sociali convenga che efficacemente influiscano a salvare il matrimonio e la famiglia; ma tale salvezza, in fin dei conti, rimane un dovere e un ufficio religioso, il cui processo curativo ha da prendere le mosse dalla radice. L’intera concezione del campo della vita, che rientra nel sesto comandamento, è infettata da ciò che si potrebbe chiamare «il matrimonio in film»‚ il quale altro non è se non una irriverente e impudica mostra delle contaminazioni del matrimonio e delle infedeltà coniugali, che trascina a vedere le nozze svincolate da ogni legame morale, soltanto come scena e fonte di piacere sensuale, e non come opera di Dio, come santo istituto, ufficio naturale e felicità pura, in cui l’elemento spirituale sempre sovrasta e domina, come scuola e in pari tempo trionfo di un amore fedele fino alla tomba, fino alla porta dell’eternità. Far rivivere tale visione cristiana del matrimonio fra i fedeli non è forse un dovere della cura delle anime? È Continua a leggere
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Papa Pio XII: Roma centro e madre della civiltà cristiana

Per la città di Roma la santificazione delle feste prende anche e possiede una sua nota e un suo aspetto speciale. Roma è il centro della Chiesa cattolica; città santa, per la copia dei suoi monumenti cristiani e dei suoi ricordi storici, per le sue Basiliche, per le sue funzioni sacre e solenni, a cui in tempo di pace da ogni parte affluiscono i fedeli, che nel loro concetto e nel loro cuore la venerano come ispiratrice, animatrice e glorificatrice di santità. Quale penosa delusione sarebbe per tutti coloro, nella cui patria il precetto domenicale viene pienamente rispettato, osservato e mantenuto, se qui in Roma non trovassero altro che una delle tante grandi città, le quali con la loro profanazione delle feste sono corresponsabili nel disfacimento dell’ordine mondiale cristiano?
[Dal Discorso di Sua Santità Pio XII ai parroci ed ai quaresimalisti di Roma, martedì 23 febbraio 1944; cf. Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, V, Quinto anno di Pontificato, 2 marzo 1943 – 1° marzo 1944, pp. 185-207. Tipografia Poliglotta Vaticana. Documento ricco di infallibili sentenze ed attualissimo].
fonte – https://www.sursumcorda.cloud/articoli/centro-studi-vincenzo-ludovico-gotti/2138-papa-pio-xii-roma-centro-e-madre-della-civilta-cristiana.html
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Papa Pio XII: Insegnamenti sul settimo dei Comandamenti

(…) I tempi di scosse e di perturbamenti economici (…) esigono doppiamente l’esatta osservanza del settimo e del quinto comandamento concernenti i beni e la vita del prossimo, perché altrimenti troppo grande diviene il pericolo che lealtà e fedeltà di agire e di trattare vicendevolmente svaniscano a tal segno da rendere poco meno che impossibile e insopportabile il vivere civile. [È necessario contrastare] la disonestà nel maneggio degli affari, il temerario e perverso sfruttamento delle difficoltà presenti, e particolarmente l’imposizione di prezzi esorbitanti e l’illecito accaparramento delle cose necessarie alla vita (…): violazioni di giustizia che gridano verso Dio. Ognuno vede e comprende quanto sia necessario di prevenire simili tentazioni e vigilare se stessi, non solo con la coscienziosa probità nei rapporti di mio e tuo, ma altresì con imperturbato e vivo senso e generosa mano per tutto ciò a cui inclina e sospinge la carità cristiana e che la giustizia sociale domanda. Dalle opere di misericordia: dar da mangiare agli affamati, dar da bere agli assetati, vestire gli ignudi, alloggiare i pellegrini, visitare gli infermi e i carcerati, – oh, come tutti questi dolori e affanni dalla vicina realtà risuonano nell’ora presente alle nostre orecchie! – non dipendono forse, secondo la solenne assicurazione di Cristo, nell’estremo giudizio la benedizione o la maledizione, il gaudio o il dolore per tutta l’eternità?
[Dal Discorso di Sua Santità Pio XII ai parroci ed ai quaresimalisti di Roma, martedì 23 febbraio 1944; cf. Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, V, Quinto anno di Pontificato, 2 marzo 1943 – 1° marzo 1944, pp. 185-207. Tipografia Poliglotta Vaticana. Documento ricco di infallibili sentenze ed attualissimo].

fonte – https://www.sursumcorda.cloud/articoli/centro-studi-vincenzo-ludovico-gotti/2140-papa-pio-xii-insegnamenti-sul-settimo-dei-comandamenti.html

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Teologia Politica n° 83. La tassazione non può compensare il deficit causato da un’amministrazione improvvisata

Studiando i principali punti programmatici dell’estinto Centro Politico Italiano, abbiamo notato che al § 11, citato la scorsa settimana, si legge: «L’imposizione da parte dell’Autorità statale di tributi fiscali è giustificata dalla rispondenza dei suoi servizi alle esigenze del bene comune e deve incidere in misura equamente progressiva sui redditi di capitale nei confronti di quelli di lavoro. Realizzate queste premesse deve ripristinarsi nella coscienza pubblica, anche nei confronti delle leggi fiscali, il concetto che queste, quando sono giuste e giustamente applicate, obbligano in coscienza». (cf. Nuova All., Quad. VIII, p. 29).
Proviamo ad approfondire, sebbene con sintesi. L’imposta è quel tributo (o quella tassa) che lo Stato preleva dalla ricchezza privata per coprire le proprie spese e per provvedere ai servizi pubblici (che non necessariamente devono essere tutti immediati). Due sono i soggetti coinvolti: la legittima Autorità ed il suddito, pertanto duplice ne è il suo aspetto morale. È di necessità naturale l’esistenza dello Stato che deve avere come suo fine il bene comune dei cittadini, quindi deve avere i mezzi, anche economici, per poterlo concretamente conseguire. Può accadere che lo Stato non riesca ad ottenere altrimenti (p. es. vendendo energia al confinante) questi mezzi, totalmente od in parte, cosicché capiamo che ha il diritto naturale, entro certi limiti, di esigere i tributi dai propri sudditi

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fonte – https://www.sursumcorda.cloud/articoli/teologia-politica/1367-teologia-politica-n-83-la-tassazione-non-puo-compensare-il-deficit-causato-da-un-amministrazione-improvvisata.html

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Disponibile il numero 155 di Sursum Corda

Sul sito è disponibile il numero 155 (del giorno 7 aprile 2019) di Sursum Corda®. Il settimanale si può scaricare gratuitamente nella sezione download dedicata ai soli Associati e Sostenitori.

– Comunicato numero 155. Gesù va a pranzo da un Fariseo;
– Orazione a San Vincenzo Ferreri, Confessore;
– Vita e detti dei Padri del deserto: Giovanni il Persiano (parte 1);
– Papa Pio XII: Roma centro e madre della civiltà cristiana;
– Papa Pio XII: Non moechaberis! – Il «matrimonio in film»;
– Papa Pio XII: Alcuni insegnamenti sul settimo dei Comandamenti.
FONTE – https://www.sursumcorda.cloud/settimanale/indici-sursum-corda/2132-indice-del-numero-155-di-sursum-corda-7-aprile-2019.html
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Teologia morale sull’aborto e risposte alle principali obiezioni

L’aborto è diretto, quando l’espulsione del feto è voluta come mezzo per qualsiasi scopo (come, ad es., per salvare la vita della madre che sta in pericolo a causa della gravidanza) o quando è inteso come fine. Perciò c’è sempre aborto diretto, quando si espelle il feto o si interrompe la gravidanza. (…) L’aborto diretto è un peccato grave e un atto intrinsecamente cattivo. Prove: a) È un caso speciale di omicidio: dunque proibito dal quinto precetto; b) La tradizione e la dottrina della Chiesa lo condannano; c) Il feto è un uomo, creatura intellettuale, distinto dalla madre. È dunque soggetto di diritti naturali e perciò ha il diritto alla vita. Chi espelle il feto dall’utero, lo priva della condizione necessaria per la vita, come chi chiude la gola a un uomo, mettendolo in condizione di non poter respirare. È una violazione del diritto alla vita. Ne segue quindi che ogni aborto diretto non può mai essere giustificato.
Si obietta: a) L’estrema necessità rende lecite molte cose. Rispondiamo:  Molte, ma non tutte. Se, ad es., una cosa è proibita da una legge, circostanze straordinarie possono far cessare il diritto come l’estrema necessità fa cessare il diritto di proprietà privata, in quanto esso impedisce a un altro di salvarsi dalla necessità. Ma ci sono dei diritti inalienabili. Tale è il diritto alla vita (dell’innocente) che non può mai perdersi. Le vite umane non sono cose utili a tutti, come i beni materiali, ma ognuna ha la vita come parte costituente della propria persona;
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Fonte: https://www.sursumcorda.cloud/articoli/centro-studi-vincenzo-ludovico-gotti/2131-teologia-morale-sull-aborto-e-risposte-alle-principali-obiezioni.html

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Papa Pio XII sull’uso immorale del matrimonio e sulla contraccezione

• Spesso il bambino non è desiderato; peggio, è temuto; come potrebbe in tale condizione esistere ancora la prontezza al dovere? Qui il vostro apostolato [il Papa sta parlando direttamente alle ostetriche] deve esercitarsi in una maniera effettiva ed efficace: innanzi tutto, negativamente, rifiutando ogni cooperazione immorale; quindi anche positivamente, rivolgendo le vostre cure delicate a dissipare i preconcetti, le varie apprensioni o i pretesti pusillanimi, ad allontanare, per quanto vi è possibile, gli ostacoli anche esteriori, che possono rendere penosa l’accettazione della maternità. Se non si ricorre ai vostri consigli e al vostro aiuto che per facilitare la procreazione della nuova vita, per proteggerla e incamminarla verso il suo pieno sviluppo, voi potete senz’altro prestare la vostra cooperazione; ma in quanti altri casi si fa invece ricorso a voi per impedire la procreazione e la conservazione di questa vita, senza alcun riguardo ai precetti dell’ordine morale? Continua a leggere

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