I Benetton spendevano 23mila euro annui. Lo Stato, 1,3milioni

23 mila euro annui spendevano, i Benetton. Lo Stato, 1,3 milioni.

23 mila euro annui spendevano, i Benetton. Lo Stato, 1,3 milioni.

I genovesi  che hanno subito i danni del Ponte Morandi vogliono manifestare,  dicono, davanti alla casa di Beppe Grillo. Perché non vanno a manifestare davanti alla Procura? Vedete che il procuratore ha deciso questo: Crollo ponte Morandi, incidente probatorio in tribunale a Genova „I periti avranno 60 giorni di tempo per portare a termine le operazioni di sopralluogo, repertazione e catalogazione …
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Befera? Da Equitalia a United Colors, anche lui

Ricordate Attilio Befera? Da Equitalia a United Colors, anche lui.

Attilio Befera, per un decennio e fino al 2014 capo dell’Agenzia delle Entrate ed Equitalia. E che poi, abbandonate le tasse, è diventato uno dei dirigenti più alti in grado di Atlantia, holding del gruppo Benetton da cui dipende Autostrade per l’Italia. Il fatto in questione è del 2012, riguarda proprio faccende tributarie ed è stato rivelato dall’Espresso: Benetton pagò 12 milioni di euro al fisco e rimpatriò Sintonia, …
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Perché su Genova l'ipotesi del complotto non m'appassiona

PERCHE' SU GENOVA L'IPOTESI DEL COMPLOTTO NON M'APPASSIONA (L' avete sotto gli occhi) )

PERCHE’ SU GENOVA L’IPOTESI DEL COMPLOTTO NON M’APPASSIONA (L’ avete sotto gli occhi) )

“Consob  ammonisce il governo: pericoloso turbare i mercati”. Ecco un titolo del giorno  dopo  il disastro di Genova.   La  minaccia  di Consob: Salvini e Di Maio, facendo la voce grossa contro Atlantia e i Benetton, avevano fatto perdere “miliardi” al titolo.  Dunque  secondo questa logica,   non il crollo  del ponte ha fatto cadere le azioni dei Benetton,  ma le incaute …
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Ora il Pd vuole incriminare Salvini: "Ai funerali claque pro governo"


“ROSICONI DI STATO”
GOVERNO APPLAUDITO, SINISTRE FISCHIATE. NON SI ERA MAI VISTO AD UN FUNERALE DI STATO. 
Ai funerali di Stato volano fischi per il Pd e applausi per Salvini e Di Maio. L’ira dei renziani. E Anzaldi attacca: “La polizia apra subito un’indagine”
di Andrea Indini
“A sostegno del governo ci sarebbe stata una rumorosa claque organizzata”. All’indomani del funerale delle vittime del drammatico crollo di Ponte Morandi a Genova, il piddì Michele Anzaldi è già pronto a presentare una interrogazione al ministero dell’Interno
Dopo essere stati sommersi dai fischi, i dem si sono convinti che quella che è riecheggiata ieri nel padiglione B della Fiera non fosse la rabbia delle vittime di un disastro annunciato o, più in generale, l’ira dagli italiani che accusano il Pd di aver rinnovato le concessioni ad Autostrade per l’Italia, ma una claque organizzata a sostegno del governo Conte.
“Ma come si fa a pensare certe cose?”Matteo Salvini è sbigottito nel sentire le ultime accuse mosse dal partito che ieri mattina si è beccato una selva di fischi dalle persone presenti ai funerali di Stato. Non appena Maurizio Martina e l’ex ministro della Difesa Roberta Pinotti sono arrivati in Fiera per portare il proprio omaggio alle famiglie delle vittime, sono stati sommersi dalle critiche. Questo perché è al Partito democratico che i più rinfacciano i (continui) rapporti con la famiglia Benetton che, attraverso Atlantia, controlla Autostrade per l’Italia. Dall’ex premier Enrico Letta all’ex ministro Paolo Costa, passando per Romano Prodi e Massimo D’Alema, la liaison tra le politiche democratiche e gli affari ai caselli ha radici lontane. “Per la prima volta – ha detto nei giorni scorsi lo stesso Luigi Di Maio ai microfoni di RaiNews – c’è un governo che non ha preso soldi da Benetton, e siamo qui a dirvi che revochiamo i contratti e ci saranno multe per 150 milioni di euro”. A torto o a ragione, le persone presenti ai funerali erano appunto convinte che una parte della colpa del drammatico crollo del 14 agosto sia da imputare proprio a quel partito che negli ultimi cinque anni ha governato il Paese. Continua a leggere

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Tutti i link tra i Benetton e la sinistra

Dall’ex premier Enrico Letta (e soprattutto da due suoi collaboratori), passando per l’ex ministro Paolo Costa, ecco tutti i collegamenti tra i Benetton e il mondo della sinistra italiana
di Francesco Curridori
Tra il “controllato” e il “controllore” esistono una serie di porte girevoli grazie a cui gli ex politici passano con molta nonchalance dal settore pubblico a quello privato, come dimostra il caso Atlantia-Benetton.
Il caso più celebre, spiega in un lungo articolo Claudio Antonelli de La Verità, è quello dell’ex premier Enrico Letta che, dopo essere stato azzoppato da Renzi, nel 2015 è diventato docente Scuola di affari internazionali di Parigi. Ma non solo. Sempre in quell’anno viene nominato membro del cda di Abertis, colosso spagnolo intrecciato con Atlantia che possiede la maggioranza di Autostrade per l’Italia. Ed è proprio l’azienda dei Benetton che la scorsa estate avvia una scalata per acquisire Abertis, insieme alla tedesca Acs. A tal proposito Enrico Letta, ieri, ha replicato sul giornale diretto da Maurizio Belpietro, essere entrato nel cda di Abertis “alla fine del 2016 quando questa era una società spagnola, e prima che venisse ventilata l’ipotesi di Opa da parte italiana”. “Da Abertis – precisa l’ex premier – sono uscito, dimettendomi volontariamente, e dandone pubblica notizia nel maggio scorso, esattamente quando è cambiata la proprietà con l’ingresso di Atlantia”. Una scelta intrapresa “proprio per evitare al massimo possibili conflitti di interesse con le mie precedenti funzioni”. Continua a leggere

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Benetton Maletton

QUINTA COLONNA
di Marcello Veneziani
I Benetton non hanno prodotto solo maglioni e gestito autostrade ma sono stati la prima fabbrica nostrana dell’ideologia global. Sono stati non solo sponsor ma anche precursori dell’alfabeto ideologico, simbolico e sentimentale della sinistra. Sono stati il ponte, è il caso di dirlo, tra gli interessi multinazionali del capitalismo global e dell’americanizzazione del pianeta, coi loro profitti e il loro marketing e i messaggi contro il razzismo, contro il sessismo, a favore della società senza frontiere, lgbt, trasgressiva e progressista. Le loro campagne, affidate a Oliviero Toscani, hanno cercato di unire il lato choc, che spesso sconfinava nel cattivo gusto e nel pugno allo stomaco, col messaggio progressista umanitario: società multirazziale, senza confini, senza distinzioni di sessi, di religioni, di etnie e di popoli, con speciale attenzione ai minori. Via le barriere ovunque, eccetto ai caselli, dove si tratta di prendere pedaggi. Di recente la Benetton ha fatto anche campagne umanitarie sui barconi d’immigrati e ha lanciato un video “contro tutti i razzismi risorgenti”. Misterioso il nesso tra le prediche sulla pelle dei disperati e il vendere maglioni o far pagare pedaggi alle auto. Continua a leggere

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Ma “Segreto di Stato” può voler dire “Tangenti”? (Domanda alla Procura)

di Maurizio Blondet
Poiché i Benetton non  forniscono  allo Stato missili, armamenti avanzati, radar   –  perché le concessioni autostradali sono state coperte dal segreto di Stato? E’ una domanda  che vorrei porre, da povero cittadino, a giudici, procuratori: quale altro motivo riescono a immaginare  per questo segreto – di Stato! – se non occulti scambi e benefici tra i politici che hanno concesso, e quelli che godono della concessione di un monopolio lucrosissimo?  Domando sinceramente: perché  io non riesco a immaginare altro.  Magari i giudici e procuratori, invece sì. Hanno un motivo per trovare questo segreto normalissimo.  E per questo non si sono mossi  nonostante anche l’Authority dei Trasporti abbia più volte   sottolineato la necessità di rendere  pubblici tali contratti, che riguardano un servizio pubblico e il pubblico potere. E benché in qualunque altro paese il ministero dei trasporti rendano consultabili i contratti e gli atti che disciplinano il rapporto tra lo Stato e i gestori delle reti autostradali, come – del resto  -di ogni servizio pubblico dato  in  concessione.

Si possono ipotizzare  tangenti? Pagamenti sottobanco in qualunque forma  al partito di governo concessionario? Lo si domanda ingenuamente, visti gli enormi profitti che la società in oggetto  ricava dalla gestione del monopolio:  quasi il 26  per cento sul fatturato l’utile netto, pari a 1,042 miliardi .  E un margine operativo lordo che fa dire al giornalista economico Fabio Dragoni  la seqguente battutaccia:  “Un EBITDA di quasi il 68% sul fatturato come quello di #Autostrade credo possa essere superato soltanto dal traffico di stupefacenti”.  E perché Mario Giordano li chiama “Avvoltoi”?

Ogni anno gli italiani hanno pagato pedaggi per quasi 6 miliardi di euro, il triplo di quello che pagano con il canone Rai. Di questi soldi, solo una minima parte va allo Stato: 842 milioni.

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L'ira del web contro Benetton e Toscani: "Metterete una maglietta rossa per le vittime di Genova?"

Segnalazione di G.B.
La famiglia Benetton, che attraverso Atlantia controlla Autostrade per l’Italia, nel mirino dei social. Sotto attacco anche la campagne buoniste di Toscani
di Sergio Rame
Dal dolore alla rabbia. Il passaggio è immediato. Sui social network, e in particolar modo su Twitter, si sta sfogando in queste ore l’ira contro la famiglia Benetton.
Il linciaggio mediatico è, infatti, iniziato subito dopo le prime dichiarazioni dei ministri Luigi Di Maio, Matteo Salvini e Danilo Toninelli contro la società Autostrade per l’Italia che, attraverso Atlantia, è appunto controllata dai Benetton“Adesso ti metterai una maglietta rossa per le vittime di Genova?”, scrive un utente sfidando Oliviero Toscani che lo scorso 7 luglio aveva manifestato contro le politiche del governo di chiusura dei porti ai barconi carichi di immigrati clandestini.
Svariate centinaia di tweet. Uno via l’altro. Tutti spuntati poche ore dopo il drammatico crollo del ponte Morandi sull’autostrada A10. I social network si stanno scatenando contro i Benetton postando, proprio mentre il computo delle vittime aumenta di ora in ora, diversi scatti che ritraggono una il gruppo familiare sorridente e al completo. In altri post è stato pubblicato un fotomontaggio in cui si vede Toscani che stringe nella sua mano una fotografia del ponte crollato. “Adesso ti metterai una maglietta rossa per le vittime di Genova?”, gli scrive un utente facendo riferimento alla manifestazione del 7 luglio scorso a sostegno degli immigrati clandestini che sbarcono sulle coste italiane. Continua a leggere

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Genova: Ponte Morandi

Ponte Morandi
L’INCHIESTA
di Roberto Pecchioli
Non volevamo crederci. Il crollo del Ponte Morandi, che noi genovesi, con una punta di provincialismo da colonizzati chiamavamo ponte di Brooklyn, è una tragedia sconvolgente, per il suo carico di vittime, dolore, distruzione e per le conseguenze terribili che si trascineranno per anni. Non è il tempo degli sciacalli, ma dei soccorsi, del cordoglio, dell’aiuto, della collaborazione. Tuttavia, non si può tacere, tenere a freno la collera per un’altra tragedia sinistramente italiana: un’opera di quell’importanza non può crollare dopo soli 50 anni. Per chi scrive c’è un che di personale, quasi di intimo nel dolore di queste ore. Bambini, partecipammo nel 1967 all’inaugurazione del ponte con tutte le scolaresche di Genova. Muniti di bandierina tricolore, appostati di fronte al palco, seguimmo la cerimonia, vedemmo con la meraviglia dell’età il presidente della repubblica Giuseppe Saragat attorniato da uomini in alta uniforme e dall’imponente figura del grande cardinale Siri, storico arcivescovo della città.
Abbiamo percorso migliaia di volte quel ponte lunghissimo, settanta metri sopra la vallata del torrente Polcevera piena di case popolari e capannoni industriali della ex Superba, ogni giorno per decenni lo abbiamo visto e sfiorato andando al lavoro. Non c’è più ed è colpa di qualcuno. Parlano di fulmini, di un intenso nubifragio e di cedimento strutturale. Aspettiamo a tranciare giudizi, ma nel mattino della vigilia di ferragosto pioveva e basta. Nessuna alluvione, dagli anni 70 ne ricordiamo almeno sei, devastanti, nella città di Genova. Non sappiamo quanti fulmini si siano abbattuti in mezzo secolo sul manufatto dell’ingegner Morandi (pochi sapevano che a lui fosse intitolata l’opera), né quanta pioggia abbia bagnato da allora le imponenti strutture. Non accettiamo, non riconosceremo mai come valida la sbrigativa giustificazione di queste ore. Sarà qualunquismo da Bar Sport, ma ci risulta che ponti romani siano in piedi da due millenni, e non crediamo nell’incapacità dei progettisti. Però, negli ultimi decenni i crolli sono stati tantissimi, come le tragedie dovute all’incuria, all’insipienza, alla corruzione diffusa. Continua a leggere

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