Se l’Europa fa il vuoto, prima o poi si convertirà. Ma non al Vangelo
di Francesco Lamendola
Fonte: Accademia nuova Italia
Che cos’hanno in comune tre personaggi così diversi fa loro come l’esoterista e filosofo francese René Guénon (1886-1951), il cantautore folk britannico (ma di origini greo-cipriote e svedesi) Cat Stevens (classe 1948, vivente) e il giornalista e scrittore siciliano Pietrangelo Buttafuoco (classe 1963, vivente)? Parrebbe una domanda strana, bizzarra; di quelle cui forse neanche Massimo Inardi o la signora Longari, ospiti dei programmi televisivi a quiz di Mike Bongiorno, avrebbero saputo rispondere. Eppure, la risposta è semplicissima: hanno in comune il fatto che il primo, dal 1912, è divenuto Shaykh ‘Abd al-Wahid Yahya; il secondo, dal 1977, è divenuto Yusuf Islam o semplicemente Yusuf; e il terzo, dal 2015, è divenuto Giafar al-Siquilli. In altre parole, tutti e tre hanno subito il fascino della religione islamica, fino a convertirsi alla fede del Corano. E tutti e tre erano esponenti di una cultura europea che, ancora pochi anni fa, pareva solida e ben cosciente di se stessa e della propria tradizione: rispettivamente nel campo filosofico ed esoterico, in quello artistico-musicale e in quello giornalistico e letterario. Il primo era nativo di Blois, sulla Loira; il secondo è nato a Londra; il terzo a Catania. Tutti e tre hanno viaggiato parecchio e sono venuti a contatto con ambienti cosmopoliti, anche se in tutti e tre è ravvisabile un forte radicamento nelle rispettive culture di origine. Il raffinato intellettuale Guénon è impensabile, o perlomeno risulta incomprensibile, fuori della cornice della Francia del primo Novecento, con il decadentismo, il simbolismo, il martinismo, le avanguardie; e se è vero che l’autore de La crisi del mondo moderno (1927) e Il regno della quantità e i segni dei tempi (1945) possono essere letti come il frutto di una ricerca spirituale di sapore universale, che attinge a tutte le tradizioni d’Oriente e d’occidente per giungere a una suprema sintesi ideale, resta innegabile che le si può leggere anche come la risposta che una certa cultura francese, fra simbolismo ed esistenzialismo, dà alla coscienza della propria crisi, interpretata come la crisi di tutta la civiltà occidentale. Continua a leggere