L'Italia e il neocolonialismo francese

di Ilaria Bifarini (economista, nostra ospite alla conferenza di giovedì 31.01.19 a Verona)
Fonte: Sputnik
L’Africa con i suoi problemi e paradossi, un territorio ricchissimo ma schiacciato dalla povertà, resta al centro del dibattito o meglio delle discordie internazionali. Non smettono i rimpalli di responsabilità tra gli Stati europei per la gestione dell’emergenza migratoria e le accuse incrociate tra il governo francese e quello italiano.

Il governo francese, che non ha esitato a definire vomitevole la gestione dei flussi migratori da parte dell’Italia, non sembra provare però il benché minimo imbarazzo per lo sfruttamento neocoloniale del continente e per le sue responsabilità nella destabilizzazione armata della Libia, con la conseguente recrudescenza del fenomeno migratorio. Si delinea un quadro a tinte scure dove gli interessi geopolitici italiani si scontrano con quelli degli “alleati” francesi.
Per approfondire il tema Sputnik Italia ha raggiunto Ilaria Bifarini, economista e scrittrice, autrice del saggio “I coloni dell’austerity” (Altaforte Edizioni), la prima ad aver sollevato il caso del neocolonialismo francese in Africa nel contesto delle immigrazioni di massa. Continua a leggere

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Lo Stato è il contrario di una famiglia

di Ilaria Bifarini (Bocconiana redenta)
Lo Stato è il contrario di una famiglia
L’esposizione ripetuta a un’immagine o a un contenuto fa sì che l’individuo modifichi la propria percezione della realtà e interiorizzi il messaggio veicolato. E’ quello che gli psicologi chiamano “effetto priming”, e che pubblicitari ed esperti della comunicazione conoscono molto bene. Quanto più un messaggio viene ripetuto ed enfatizzato, magari attraverso la forma dello spot, tanto più esso risulterà familiare.
Così può accadere che un concetto privo di veridicità, ma ripetuto con insistenza e in modo convincente, acquisisca il rango di verità. E’ quanto accaduto con la fake news economica del momento, tanto assurda quanto apparentemente efficace: il bilancio dello Stato sarebbe come quello di una famiglia. La ripetono all’unisono giornalisti, conduttori televisivi, economisti e qualunquisti. Così la gente comune, digiuna di economia e soprattutto in buona fede, ha interiorizzato un pensiero del tutto fuorviante.
Secondo questa logica, quando un Paese presenta un debito pubblico –dunque la normalità in un’economia moderna- dovrebbe assumere il comportamento di una brava e accorta casalinga: stringere la cinghia e tagliare le spese familiari. Così, come una donna morigerata risparmierà sul cibo, sul vestiario e, in condizioni di estrema ratio, alle cure sanitarie per sé, per il coniuge e per i figli, così lo Stato dovrebbe seguire il suo virtuoso esempio. Continua a leggere

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USA: il neoliberismo fa crescere l’élite

di Ilaria Bifarini (Bocconiana redenta)
Ci sono grafici che valgono più di mille spiegazioni. Ecco cosa accade alla redistribuzione della ricchezza con la fine del Keynesismo (1973) e la definitiva affermazione delle politiche neoliberiste negli Usa, inaugurate a tutti gli effetti dell’amministrazione Reagan, icona del neoliberismo insieme alla “sorella” britannica Margaret Thatcher.
Il grafico mostra come, con l’applicazione del nuovo modello economico, che sostituisce completamente il precedente,  il tasso di crescita della ricchezza del 90% del Paese vada via via diminuendo in maniera sempre più significativa, a fronte di uno speculare  arricchimento da parte  di un ristretto 0,1% della popolazione americana.
Dopo la Reaganomix, le amministrazione Bush, junior e senior, Clinton e Obama (che pure non si distaccherà dal modello elitarista del neoliberismo) non faranno altro che accentuare tale tendenza.
Il modello economico attuato negli Usa, che con la presidenza Trump sta subendo un forte contraccolpo, è lo stesso applicato in Europa e imposto su scala pressochè universale. Non è possibile occuparsi della redistribuzione del reddito e della disuguaglianza socio-economica degli Stati senza rimettere in discussione i dogmi del neoliberismo.
Fonte: http://ilariabifarini.com/usa-il-neoliberismo-fa-crescere-lelite/ Continua a leggere

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Perché alle organizzazioni internazionali piacciono tanto le migrazioni?

di Ilaria Bifarini
Perché alle organizzazioni internazionali piacciono tanto le migrazioni?
Fonte: Ereticamente
“La migrazione può essere utile per tutti nella costruzione di società più inclusive e sostenibili. Globalmente, il numero di migranti internazionali ha raggiunto circa 258 milioni nel 2017, rispetto ai 173 milioni del 2000. La migrazione contribuisce alla crescita e allo sviluppo economico inclusivo e sostenibile sia nei paesi di origine che di destinazione. Nel 2017, i flussi di rimesse verso Paesi a basso e medio reddito hanno raggiunto $ 466 miliardi, oltre tre volte l’importo di APS (Aiuti pubblici allo sviluppo) ricevuto nello stesso anno. Le rimesse costituiscono una fonte significativa del reddito familiare, migliorando la situazione delle famiglie e delle comunità attraverso investimenti in educazione, sanità, servizi igienico-sanitari, alloggi e infrastrutture. Anche i paesi di destinazione ne traggono beneficio, poiché i migranti spesso colmano le lacune del lavoro, creano posti di lavoro come imprenditori e pagano tasse e contributi di sicurezza sociale. Superando le avversità, molti migranti diventano i membri più dinamici della società, contribuendo allo sviluppo della scienza e della tecnologia e arricchendo le loro comunità di accoglienza attraverso la diversità culturale.”
E’ quanto si legge nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, a firma del cinese Liu Zhenmin, sottosegretario generale per gli affari economici e sociali ONU. Dunque, rispetto al 2000 le persone che hanno lasciato il proprio Paese di nascita e ora vivono in altre nazioni sono aumentate di circa il 50% per cento (il 49% per l’esattezza) con un trend di continua crescita. Al di là dei toni ottimistici e irrealistici usati nel documento programmatico, possiamo estrapolare il presunto modello economico di sviluppo sostenuto dai fautori delle attuali migrazioni, che, a differenza di quelle passate, hanno raggiunto livelli massivi e seguono nuove direttrici. A innescare un ipotizzato circolo virtuoso di crescita sarebbero da un lato l’offerta da parte dei migranti di forza lavoro per richieste non soddisfatte da parte dei lavoratori locali, dell’altro il flusso di denaro inviato ai Paesi di origine, che verrebbe utilizzato non solo per alleviare la povertà familiare, ma per investimenti produttivi nel tessuto economico nazionale. Un modello virtuoso e foriero di crescita, accompagnato da una convivenza felice, quasi simbiotica, tra migranti e cittadini dei Paese d’accoglienza. Continua a leggere

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Aiutarli a casa loro?

Risultati immagini per stop immigrazioneSegnalazione del Blog di Maurizio Blondet
di Ilaria Bifarini
Dove sono finiti i miliardi di dollari degli aiuti all’Africa?
Ingenti prestiti da parte delle organizzazioni finanziari internazionali, consistenti sgravi del debito statale, fondi raccolti da iniziative private, che hanno mobilitato tutti, dai singoli cittadini occidentali attraverso forme organizzate di beneficenza alle star dello spettacolo, che si sono spese per i diritti dei più deboli attraverso concerti ed esibizioni.
Fiumi di miliardi di dollari che non sembrano aver intaccato per nulla il problema del sottosviluppo e della povertà endemica del Terzo Mondo. Anzi. E’ stato riscontrato che, dalla metà degli anni Novanta, circa 60 paesi in via di sviluppo siano diventati più poveri in termini di reddito pro-capite rispetto a 15 anni prima. Entro il 2030 i due terzi dei poveri di tutto il mondo proveranno dall’Africa.
L’Africa dunque è sempre più povera, ma di una povertà nuova rispetto a quella del passato coloniale. Il continente africano annovera infatti i paesi con i più alti livelli di disuguaglianza al mondo, in cui il divario tra una ristretta élite dedita al lusso e il resto della popolazione che vive in uno stato di miseria è abissale.
Dunque, cosa non ha funzionato? Dove sono finiti i fiumi di miliardi di dollari? Continua a leggere

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ONG, finanza e migranti. Il caso Jacques Attali

di Ilaria Bifarini
ONG, finanza e migranti. Il caso Jacques Attali
Fonte: Scenari Economici
Conosciuto come l’eminenza grigia della politica francese dai tempi di Mitterand e noto per il suo ultraeuropeismo, Jacques Attali è l’uomo che ha scoperto Macron, presentandolo al presidente Hollande del quale è diventato consigliere. A lui viene attribuita la paternità di una frase molto esplicativa sul sentimento elitarista : “Ma cosa crede, la plebaglia europea: che l’euro l’abbiamo creato per la loro felicità?”. Meno nota è invece un’altra affermazione dell’illustre economista, professore, finanziere e a lungo consigliere di fiducia dell’Eliseo: “La forma di egoismo più intelligente è l’altruismo”.
La filantropia, questo vezzo umanitarista che sembra contagiare gli uomini di maggiore successo, non ha risparmiato Jacques Attali, che nel 1998 fonda l’associazione no profit Planet Finance. Certo, il nome tradisce un po’ da subito quello che dovrebbe essere il fine umanitario di questa organizzazione che opera in 60 Paesi e offre servizi e consulenze di tipo finanziario, microfinanza per l’esattezza. Finita nell’occhio del ciclone per il trattamento economico “schiavistico” riservato agli stagisti cui si richiedevano requisiti di prim’ordine, la società cambia nome e diventa Positive Planet, evocando nel nome la positività del modello economico di cui si fa portatrice. Continua a leggere

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L'Africa siamo noi

di Paolo Becchi
L’Africa siamo noi
Fonte: Paolo Becchi
Per capire qualcosa di quello che sta succedendo in Africa e dell’emigrazione di massa da quel Continente bisogna anzitutto disintossicarsi da quello che scrivono quotidianamente i giornaloni o che pubblicano le case editrici del mainstream, e magari iniziare con la lettura di libro pubblicato di recente da Amazon e Youcanprint (sia come ebook che in cartaceo).
L’autrice, Ilaria Bifarini, è una giovane studiosa, che si presenta come una «bocconiana redenta», già nota per un volume, Neoliberismo e manipolazione di massa (2017), che ha venduto on line migliaia di copie. Il suo nuovo libro, intitolato I coloni dell’austerity. Africa, neoliberismo emigrazioni di massa (2018) prosegue lo stesso percorso teorico critico nei confronti della dottrina neoliberista, affrontando in una ottica controcorrente il tema, oggi di grande attualità, delle migrazioni di massa. La tesi fondamentale è presto detta: togliamoci dalla testa la narrazione di comodo che fa risalire l’attuale sottosviluppo africano al passato coloniale. Questa tesi viene spesso oggi sostenuta per giustificare l’accoglienza incontrollata. Ma è falsa.
La disgregazione degli imperi coloniali a partire dagli anni ’50 ha prodotto la formazione di Stati nazionali indipendenti, i quali però non hanno avuto la possibilità di sviluppare le loro economie autonomamente perché sono stati impediti dal farlo: il colonialismo è stato così sostituito da qualcosa di ancora peggiore, una forma di postcolonialismo, incentrato sul controllo economico, che ha impedito alle economie locali di crescere e di svilupparsi. Continua a leggere

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Cosa c'è dietro l'immigrazione di massa

di Ilaria Bifarini
Cosa c'è dietro l'immigrazione di massa
Fonte: Interris
Negli ultimi anni l’opinione pubblica europea ha imparato a conoscere e in qualche modo a metabolizzare il fenomeno dell’immigrazione di massa. Frotte di uomini, donne e bambini assiepano scomodi barconi che salpano il mar Mediterraneo fin quando non vengono raggiunti dalle imbarcazioni delle ormai arcinote ong, le quali si assumono il compito di traghettare i migranti sulle coste settentrionali. È questo solo l’ultimo stadio di un processo che inizia nei Paesi d’origine degli immigrati, ma che affonda le radici nei meccanismi finanziari che regolano l’economia globale.
Austerity, debito, maltusianesimo
Del tema se n’è parlato giovedì scorso presso la Sala Teatro della Fondazione Cristo Re, a Roma. Relatori Enzo Pennetta, biologo, docente e scrittore, e Ilaria Bifarini, economista, autrice dei libri Neoliberismo e manipolazione di massa (2017) e I Coloni dell’austerity: Africa, Neoliberismo e migrazioni di massa (2018). È un’analisi dei fatti che parte da lontano quella offerta dalla Bifarini, che si definisce una “bocconiana redenta”, dal nome della prestigiosa università dove ha studiato, la “Bocconi” di Milano, fabbrica dei futuri manager dell’alta finanza.
L’austerity, a suo avviso, e prima ancora il debito, sarebbero le cause scatenanti dell’immigrazione di massa nonché della globalizzazione della povertà. Austerity che, nell’introduzione di Pennetta, troverebbe una correlazione con il maltusianesimo, dottrina economica ispirata all’inglese Thomas Malthus secondo cui la popolazione crescerebbe in maniera superiore alle risorse disponibili. Di qui la necessità, promossa dai seguaci di questa teoria, di ridurre l’assistenza sociale perché essa incentiva la crescita demografica. E proprio i tagli alla spesa pubblica sono il punto di contatto tra Malthus e l’austerity. Continua a leggere

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