Genova: Ponte Morandi

Ponte Morandi
L’INCHIESTA
di Roberto Pecchioli
Non volevamo crederci. Il crollo del Ponte Morandi, che noi genovesi, con una punta di provincialismo da colonizzati chiamavamo ponte di Brooklyn, è una tragedia sconvolgente, per il suo carico di vittime, dolore, distruzione e per le conseguenze terribili che si trascineranno per anni. Non è il tempo degli sciacalli, ma dei soccorsi, del cordoglio, dell’aiuto, della collaborazione. Tuttavia, non si può tacere, tenere a freno la collera per un’altra tragedia sinistramente italiana: un’opera di quell’importanza non può crollare dopo soli 50 anni. Per chi scrive c’è un che di personale, quasi di intimo nel dolore di queste ore. Bambini, partecipammo nel 1967 all’inaugurazione del ponte con tutte le scolaresche di Genova. Muniti di bandierina tricolore, appostati di fronte al palco, seguimmo la cerimonia, vedemmo con la meraviglia dell’età il presidente della repubblica Giuseppe Saragat attorniato da uomini in alta uniforme e dall’imponente figura del grande cardinale Siri, storico arcivescovo della città.
Abbiamo percorso migliaia di volte quel ponte lunghissimo, settanta metri sopra la vallata del torrente Polcevera piena di case popolari e capannoni industriali della ex Superba, ogni giorno per decenni lo abbiamo visto e sfiorato andando al lavoro. Non c’è più ed è colpa di qualcuno. Parlano di fulmini, di un intenso nubifragio e di cedimento strutturale. Aspettiamo a tranciare giudizi, ma nel mattino della vigilia di ferragosto pioveva e basta. Nessuna alluvione, dagli anni 70 ne ricordiamo almeno sei, devastanti, nella città di Genova. Non sappiamo quanti fulmini si siano abbattuti in mezzo secolo sul manufatto dell’ingegner Morandi (pochi sapevano che a lui fosse intitolata l’opera), né quanta pioggia abbia bagnato da allora le imponenti strutture. Non accettiamo, non riconosceremo mai come valida la sbrigativa giustificazione di queste ore. Sarà qualunquismo da Bar Sport, ma ci risulta che ponti romani siano in piedi da due millenni, e non crediamo nell’incapacità dei progettisti. Però, negli ultimi decenni i crolli sono stati tantissimi, come le tragedie dovute all’incuria, all’insipienza, alla corruzione diffusa. Continua a leggere

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Aiutarli a casa loro?

Risultati immagini per stop immigrazioneSegnalazione del Blog di Maurizio Blondet
di Ilaria Bifarini
Dove sono finiti i miliardi di dollari degli aiuti all’Africa?
Ingenti prestiti da parte delle organizzazioni finanziari internazionali, consistenti sgravi del debito statale, fondi raccolti da iniziative private, che hanno mobilitato tutti, dai singoli cittadini occidentali attraverso forme organizzate di beneficenza alle star dello spettacolo, che si sono spese per i diritti dei più deboli attraverso concerti ed esibizioni.
Fiumi di miliardi di dollari che non sembrano aver intaccato per nulla il problema del sottosviluppo e della povertà endemica del Terzo Mondo. Anzi. E’ stato riscontrato che, dalla metà degli anni Novanta, circa 60 paesi in via di sviluppo siano diventati più poveri in termini di reddito pro-capite rispetto a 15 anni prima. Entro il 2030 i due terzi dei poveri di tutto il mondo proveranno dall’Africa.
L’Africa dunque è sempre più povera, ma di una povertà nuova rispetto a quella del passato coloniale. Il continente africano annovera infatti i paesi con i più alti livelli di disuguaglianza al mondo, in cui il divario tra una ristretta élite dedita al lusso e il resto della popolazione che vive in uno stato di miseria è abissale.
Dunque, cosa non ha funzionato? Dove sono finiti i fiumi di miliardi di dollari? Continua a leggere

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Come la Cina sta conquistando il mondo

Segnalazione di Redazione BastaBugie

Inoltre in campo religioso Xi Jinping promuove l’ideatore della campagna che ha portato alla rimozione di 1.500 croci e la demolizione di tante chiese cristiane
da Laogai Research Foundation

(LETTURA AUTOMATICA)
La bilancia commerciale cinese è abbondantemente in attivo con tutti i principali paesi industrializzati. Praticamente tutti si ritrovano ad importare dalla Cina molto di più di quello che riescono ad esportare.
Questo processo consente alla Cina di ottenere una crescita costante del PIL (circa del 7% anno), quindi centrare l’obiettivo fissato da Pechino. In sostanza ogni anno, un fiume di denaro si sposta da occidente verso la Cina. Con questi soldi Pechino sta acquistando aziende, tecnologia e “know how” da tutto il mondo, si sta trasformando in una formidabile potenza economica e militare in grado di influenzare gli equilibri mondiali e di ridefinirne regole e principi.
Nel 2017 il surplus commerciale complessivo della Cina è stato di $ 422,5 miliardi.
Il surplus della Cina verso gli Stati Uniti nel 2017 è stato pari a $ 275,81 miliardi (finanza.com).
Il surplus della Cina verso l’Europa nel 2017 è stato pari a € 175 miliardi (ilgiornale.it).
Il surplus della Cina verso l’Italia nel 2016 è stato pari a € 16,18 miliardi (infomercatiesteri.com).
Questi incredibili numeri spiegano le ragioni della potenza cinese e delle difficoltà, spesso disastrose, da parte occidentale. Ma visto che i cinesi non si sono dimostrati leader in nessun settore legato ad innovazione, scienza o tecnologia, allora cerchiamo di capire quali sono state le cause che hanno portato a questa nuova realtà. Continua a leggere

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