L'islam conquista Brescia: il parcheggio è "piazza Allah". Ecco la vera laicità…
Il sindaco inaugura lo spazio ristrutturato grazie agli sceicchi e svela la targa dedicata al dio dei musulmani
di Alberto Giannoni
Quartieri ghetto, torri prigioniere di un degrado terrificante, centri religiosi abusivi che fanno da sfondo a vicende oscure, parcheggi inaugurati «nel nome di Allah».
Anche la Leonessa d’Italia ora ha paura. Seconda città della Lombardia, bella e ricca, Brescia non si sente più sicura. E se i dati ufficiali confermano immancabili il calo dei reati, 42 cittadini su cento considerano poco o per niente efficace l’operato della «Loggia» sulla sicurezza. E anche su questo si gioca la partita che aprirà la porta del municipio al nuovo sindaco. Nelle vie del piccolo centro cittadino si percepisce ancora quel decoro che è lascito della vecchie giunte dc dei tempi andati. Nelle periferie, alla stazione, nelle lunghe strade trasformate in ghetti si vedono film diversi. Nei casermoni degli alloggi popolari i rifiuti volano direttamente dalle finestre al cortile, per diventare il pasto di piccioni che razzolano indisturbati fra distese di immondizia e guano. Nel piazzale della stazione vengono denunciati bivacchi, nei parchi traffici molesti e sospetti.
Intanto più di un bresciano su due giudica inefficace la gestione e l’integrazione degli immigrati. E agli occhi del centrodestra insicurezza e immigrazione sono tutt’uno. Dati alla mano, si capisce perché. L’impatto dei nuovi flussi non ha eguali, se non nelle grandi metropoli. Per l’Orim in città vivono 36mila immigrati, il 18,5% dei residenti. Passando in rassegna via Milano, l’incidenza di veli variopinti e variamente coprenti impressiona. Spesso li indossano ragazzine o bambine. Avrà 9-10 anni quella che insieme al padre entra in via Bonardi nella sede dell’associazione «Al Noor», quella che la candidata del centrodestra Paola Vilardi vuole chiudere. Il sindaco Emilio Del Bono venti giorni fa la considerava una presunta moschea. Un video ha documentato il via-vai di centinaia di persone. Siamo a tre chilometri da piazza Della Loggia. Dietro la serranda abbassata della moschea, secondo il cartello attaccato con lo scotch, si tengono corsi di arabo, si fanno i compiti, si dà assistenza fiscale e familiare. Chissà se ne hai mai usufruito il padre di Sana, la giovane che a Brescia ha vissuto prima di essere uccisa in Pakistan: proprio dal padre secondo le autorità locali che lo hanno arrestato e ai quali ha confessato tutto. Dodici anni fa una storia molto simile, quella di Hina, 21enne uccisa dai familiari per il rifiuto delle imposizioni patriarcali. Continua a leggere