Quinte Colonne

Franco Bassanini, Legion d’Honneur, con l’ex sindaco. Adesso, Bassanini tratta un patto  con la Francia. Per conto del governo scaduto.

di Maurizio Blondet
Il 13 giugno scorso Guy Verhofstadt, ex primo ministro belga, eurodeputato, con le mani in tutte le  paste europeiste ed oligarchiche, ha usato un termine “pesante” – e di solito vietato nella polemica  politica civile –   per accusare l’opposizione democratica all’euro-oligarchia:  “Quinta Colonna”.
“Leader governativi come Orbàn, Kaczynski e Salvini hanno un solo obiettivo, distruggere l’Europa e uccidere la nostra democrazia liberale, e lo stanno facendo assieme a quelle che io chiamo le cheerleader di Putin: Nigel Farage, Marine Le Pen e Geert Wilders”.
“C’è una cerchia del male attorno al nostro continente, che comprende Putin, Erdogan e, se le cose si dovessero mettere male, anche Trump” – aggiungendo – “Politici come Le Pen, Wilders e Farage, sono capaci solo di intascare i soldi del Cremlino e di ricevere gli aiuti dei servizi segreti di Mosca. Sono la quinta colonna di Putin”.
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Nel vortice di autodistruzione dell’Occidente-Mondo

Incapaci di leadership, sempre in ritardo politico.

di Maurizio Blondet
“La Russia deve essere al G7, piaccia o no, dobbiamo avere la Russia al tavolo negoziale”, vibra Trump in una non certo improvvisata uscita, e i salotti tv  anti-governativi scoprono che il primo ministro Giuseppe Conte, quello da loro dipinto come uno sciocco re travicello di una alleanza populista velleitaria, impreparata e scema, può dire  al suo primo vertice in Canada, per nulla intimidito: “Sono d’accordo con il presidente Donald Trump, la Russia dovrebbe tornare al G8. Nell’interesse di tutti”.
Non è che ci sia  qui una qualche alleanza.  Quella cui assistiamo è la disintegrazione dell’ordine occidentale, che comporta inaspettate ricomposizioni, forse temporanee. Le centrali pensanti inglesi, nel travaglio di  un Brexit che Merkel-Juncker vogliono sempre più ostile e punitivo, ha  colto l’occasione per  appoggiare il ben fondato malcontento italiano, spiegando in diversi articoli come sia la Germania la sola che  ci ha guadagnato dall’euro, e quella che ha più da perdere facendo della UE “un nemico invece che un alleato” dell’Italia.  E in altri articoli,  hanno spiegato a fondo la crisi di Deutsche Bank. E un articolo del Financial Times ha non poco poter nel mondo  della finanza internazionale. Continua a leggere

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Soros a Trento: «L'Italia deve sapere se Salvini è a busta paga di Putin. Trump? Spero duri poco»

Il giorno dopo l’insediamento del nuovo governo arriva in Italia lo speculatore George Soros e spara a zero sul nuovo governo: lui è preoccupato per la vicinanza con la Russia. Quindi significa che possiamo stare tranquilli? (n.d.r.)

Segnalazione di Andrea Giovanazzi
«C’è una stretta relazione tra Matteo Salvini e Putin. Non so se Putin effettivamente finanzia il suo partito, questa è una questione che l’opinione pubblica italiana ha il diritto di approfondire, l’opinione pubblica italiana ha diritto di sapere se Salvini è a busta paga di Putin». Lo ha detto il finanziere George Soros ospite del Festival dell’Economia di Trento, a chi dal pubblico chiedeva se fosse preoccupato dell’influenza della Russia sul nuovo governo italiano. «Sono molto preoccupato della vicinanza del nuovo governo alla Russia. Quelli del nuovo governo hanno detto che sono a favore della cancellazione delle sanzioni contro la Russia. Putin cerca di dominare l’Europa, non vuole distruggerla ma sfruttarla perchè ha la capacità produttiva, mentre l’economia russa sotto Putin può solo sfruttare le materie prime e le persone. È una forte minaccia e sono davvero preoccupato».
CONTINUA SU: https://www.ladige.it/news/business/2018/06/03/soros-trento-litalia-deve-sapere-se-salvini-busta-paga-putin-trump-spero
LEGGI ANCHE: https://www.agi.it/politica/george_soros_trump_governo-3987057/news/2018-06-03/
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Terra Santa – Nuovi insediamenti illegali

Segnalazione del Centro Studi Federici

Nuovi insediamenti in Cisgiordania e riconoscimento del Golan: Israele sfida il diritto internazionale
 
Israele rilancerà estesi progetti edili ebraici in Cisgiordania. Lo ha anticipato su Twitter il super falco Avigdor Lieberman, ministro della Difesa del governo presieduto da Netanyahu. “La settimana prossima – ha scritto – sottoporremo al Consiglio superiore per la progettazione nella Giudea-Samaria (Cisgiordania) piani per la costruzione di 2.500 alloggi, 1.400 dei quali da realizzare subito”. “Estenderemo le costruzioni in tutta la Giudea-Samaria – ha aggiunto – da Nord a Sud, in insediamenti piccoli e grandi”.
 
Israele ha occupato militarmente Gerusalemme Est e la Cisgiordania nella guerra del 1967 e da allora ha costruito decine di insediamenti in un territorio che secondo il diritto internazionale  appartiene a quello che dovrebbe diventare lo Stato di Palestina, un’area che l’Onu riconosce appunto come “Territori occupati”.
 
Dall’inizio dell’amministrazione Trump Israele ha intensificato, secondo i rapporti presentati da alcune ONG,  la costruzione di nuove abitazioni e nuovi insediamenti nei Territori occupati, segno che la presenza di un governo amico come quello americano ha creato per Israele la condizione dal punto di vista internazionale per attuare una nuova fase di espansione edilizia.

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L'aiutino americano al governo populista

Risultati immagini per Steve Bannon e SalviniI famosi “mercati” hanno votato pro

Martedì sera, mercoledì e pure ieri. I grandi fondi americani hanno dato il via ad acquisti massicci di titoli di Stato italiani. A far scattare il «buy» sono stati inizialmente gli algoritmi che hanno letto lo sfondamento della soglia al ribasso e hanno azionato le operazioni automatiche.
Bridgewater, Aqr, Glg e Ahl sono in prima fila, ma a ingrossare il gruppo, dopo gli avanposti, di Citi Jp Morgan, si sono messi nella giornata di ieri Blackrock, Pimco, Prudential e Dodge & Cox.
Tutti fondi pronti a entrare nella fase due degli acquisti: attendere che la volatilità si stabilizzi al ribasso per fare man bassa di titoli a prezzi scontati
Per chi operino, soprattutto le banche d’ affari come Citi e Jp Morgan, non è dato sapere.
Sono infatti dealer primari che si muovono per conto di terzi. 
Certamente interessati al nostro debito deprezzato ci sono i fondi pensione americani, ma anche quelli inglesi. Il primo effetto dell’ ingresso massiccio americano è stato quello di bilanciare i rendimenti e di mitigare al ribasso l’ andamento dello spread sul bund tedesco.

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Zio Sam, l’Ipocrita dei Diritti Umani

di Paul Street
Zio Sam, l’Ipocrita dei Diritti Umani
Fonte: SakerItalia
Quest’anno ricorre il 70-esimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani [in inglese]. Firmato dagli Stati Uniti e adottato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, il documento fu un grande e luminoso passo avanti nell’articolazione del modo in cui gli esseri umani potrebbero organizzare i loro sistemi sociali e politici in accordo agli ideali di democrazia e di civiltà.
Gli Stati Uniti hanno per lungo tempo maneggiato la Dichiarazione Universale (DU) come un’arma da brandire selettivamente contro i nemici ufficialmente designati. Ma sette decenni dopo aver firmato il documento (e averlo strombazzato), la società americana si trova in situazioni, raramente notate, di palese violazione dei principi chiave della dichiarazione. Continua a leggere

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Gli Stati Uniti ci stanno facendo a pezzi, ma in Italia non se n’è accorto nessuno

di Fulvio Scaglione
Gli Stati Uniti ci stanno facendo a pezzi, ma in Italia non se n’è accorto nessuno
Fonte: linkiesta

Mentre l’Italietta bon ton se la spassa discettando di populismo e sovranismo, l’Impero colpisce ancora. Mike Pompeo, il segretario di Stato venuto dalla Cia (dove lascia, come nuovo capo, tale Gina Haspel, ai tempi neocon molto attiva nelle torture e ora infatti confermata in carica con i voti decisivi dei Democratici), annuncia contro l’Iran “le sanzioni più dure della storia”, che potrebbero essere annullate solo se gli ayatollah prendessero gli opportuni provvedimenti. Tipo sparire dalla faccia della terra o convertirsi al buddismo. Alla base del dissidio con l’Iran c’è, com’è noto, l’accordo sul nucleare iraniano firmato nel 2015 da Usa, Ue, Russia e Onu. Per quasi tutto il mondo l’accordo funziona e, come minimo, ha sbarrato all’Iran la strada verso il nucleare militare per 15-20 anni. Per tre Paesi è invece un pericoloso disastro. Tre contro tutti, ma nei tre, accanto a Israele e Arabia Saudita, c’è l’Impero, quindi il tavolo salta. Brutto ma gli imperi fanno così.
Nello stesso discorso, però, Pompeo a nome dell’amministrazione americana ha spiegato con chiarezza la sorte che attende noi: “Capiamo le difficoltà finanziarie ed economiche che ciò impone ai nostri amici, ma dovete sapere che riterremo responsabile chi farà affari proibiti con l’Iran. So che gli europei vogliono conservare l’accordo nucleare ma ora sanno qual è la nostra posizione”.
È bellissimo. Perché Pompeo, quando parla di “affari proibiti”, intende gli affari proibiti dagli Usa e dalle sanzioni da loro decise, non affari illeciti o criminali in assoluto. 5 miliardi di effettivo interscambio commerciale, altri 25 tra protocolli e intese già firmati e da implementare. Per dare un’idea: 30 miliardi era il valore della Legge di stabilità italiana del 2018.

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Israele abbocca, la Siria no

di Tony Cartalucci
Israele abbocca, la Siria no
Fonte: Aurora sito
Israele ha ripetutamente colpito la Siria con missili e razzi, lo scambio più recente ebbe luogo dopo che Israele dichiarò che “razzi iraniani” avevano colpito posizioni dell’esercito israeliano nelle alture del Golan che occupa illegalmente. Titoli, come dell’Indipendent, “Israele e Iran sull’orlo della guerra dopo il bombardamento della Siria in risposta al presunto attacco sul Golan“, tentano di ritrarre l’aggressione israeliana come autodifesa. L’Independent, tuttavia, non forniva alcuna prova a conferma delle pretese israeliane. Per facciata, con l’Iran che lancerebbe inspiegabilmente missili contro Israele, non provocato e non ottenendo alcun vantaggio tattico, strategico o politico, la credibilità della narrativa d’Israele viene ulteriormente erosa. Ma forse è la pubblica politica degli Stati Uniti che designa Israele provocatore ostile incaricato d’espandere la guerra per procura di Washington contro Damasco, a rivelare il gioco letale e ingannevole che Israele e i media occidentali giocano. Per anni, i politici statunitensi hanno ammesso sui loro giornali che gli Stati Uniti desiderano un cambio di regime in Iran cercando di provocare una guerra per ottenerlo. Continua a leggere

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La strategia di Putin sta finalmente iniziando a funzionare?

di Paul Craig Roberts
La strategia di Putin sta finalmente iniziando a funzionare?
Fonte: Comedonchisciotte
Ho già avuto modo di spiegare che l’atteggiamento, tipicamente cristiano, del Presidente Russo Vladimir Putin di offrire l’altra guancia alle provocazioni dell’Occidente è una strategia intesa a convincere l’Europa che la Russia è ragionevole mentre Washington non lo è, e che la Russia non è una minaccia per gli interessi e la sovranità dell’Europa, mentre Washington lo è. Compiacendo Israele e ritirandosi dall’accordo multinazionale iraniano per la non-proliferazione nucleare, il Presidente americano Donald Trump potrebbe aver contribuito al successo della strategia di Putin.
I tre maggiori stati europei vassalli di Washington, Gran Bretagna, Francia e Germania si sono opposti all’azione unilaterale di Trump. Trump ritiene che il trattato multinazionale dipenda solo da Washington. Se Washington dovesse rinunciare all’accordo, questo rappresenterebbe la fine dell’accordo stesso. Non importa la volontà degli altri firmatari. Di conseguenza, Trump vuole reintrodurre le preesistenti sanzioni agli scambi commerciali con l’Iran e imporre ulteriori, nuove sanzioni. Se Gran Bretagna, Francia e Germania continuassero ad onorare i contratti commerciali stipulati con l’Iran, allora Washington sanzionerebbe anche i propri stati vassalli e proibirebbe alle aziende inglesi, francesi e tedesche di operare negli Stati Uniti. Ovviamente Washington ritiene che i profitti che gli Europei hanno negli Stati Uniti superino quelli che si possono ottenere in Iran e pensa che [gli Europei] si adegueranno alle decisioni di Washington, così come, da stati vassalli, hanno già fatto in passato. Continua a leggere

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