QUINTA COLONNA
Un tempo, Montecitorio era l’anticamera del Quirinale. Saragat, Gronchi, Leone, Pertini, Napolitano prima di diventare presidenti della Repubblica furono presidenti della Camera. Poi, a un certo punto, entrammo nell’epoca della Camera Oscura. Ovvero la maledizione della presidenza di Montecitorio: chi diventava presidente poi spariva dalla scena politica o finiva ai margini. Fu così per tanti, da Violante a Bertinotti, dalla Pivetti a Casini a Fini, ora alla Boldrini. E la stessa cosa vale in fondo per Palazzo Madama.
Ma c’è una maledizione aggiuntiva che coglie ormai gli ultimi presidenti: contraggono una malattia che definirei delirio di onnipresidenza, variante istituzionale del delirio di onnipotenza. E cominciano a sclerare, a sconfinare da una presidenza della Camera a una presidenza del consiglio fino a sfiorare la presidenza della repubblica, si buttano tutti regolarmente a sinistra della sinistra, ricevendo il plauso d’incoraggiamento dei Grossi Giornali che è sempre un viatico di malaugurio. E dopo la parabola di gloria e cotillons affondano.
Per restare agli ultimi, fu così per Fini, fu così per la Boldrini, è così per Fico. Si credono investiti da chissà quale carisma speciale, si sentono al di sopra delle parti, e si mettono a fare politica in proprio e a punzecchiare chi governa, anche se è del suo stesso versante, lo ha mandato alla Camera e lo ha eletto alla Presidenza. Di Fico c’è poco da dire e non solo perché è da poco presidente, ma perché poco è l’eufemismo che ci viene di usare a suo proposito, per non dire il Nulla. Ma in quel poco-niente che ha dimostrato, si è già rivelato quel che è: la caricatura grottesca del vecchio sinistrismo; eco-pacifista, tardo-antifascista, filo-migranti, fico-permissivo. Insomma un vecchio petardo del ’68 rimasto inesploso, come le mine della guerra mondiale. Ma l’effetto della sua esplosione non è niente di drammatico, produce solo un po’ di rintontimento, come si può ben vedere. Se penso che il primo presidente della Camera quando il Parlamento era ancora a Torino e non era ancora Stato italiano, fu Vincenzo Gioberti, gran filosofo, grande spirito risorgimentale e grande cattolico, poi vedo Fico e capisco che Darwin va letto a rovescio… Nel senso dell’involuzione della specie, naturalmente, non dell’avvento delle scimmie.
Di fronte allo spettacolo di quel trittico avvilente che ci siamo ritrovati alla guida della Camera, ho coltivato una nostalgia indecente. Non l’abolizione della Camera, come a volte verrebbe di chiedere. Ma un ritorno al passato. Aridatece i comunisti. Alla presidenza della Camera, naturalmente. Ho nostalgia di Ingrao e della Jotti, di Violante e di Bertinotti, forse persino di Napolitano, almeno quando stava a Montecitorio e non alle Botteghe oscure o al Quirinale. Alla guida di Montecitorio mantennero uno stile e una dignità, non debordarono, non si ubriacarono, garantirono maggioranza e opposizione, seppero stare alle regole. Ci avrei visto bene pure Pajetta o Berlinguer, per restare nelle prime file… Non li avrei mai voluti al governo, e diocenescampi dai comunisti al potere, ora e sempre. Ma alla guida del Parlamento erano preferibili loro, avevano una cultura politica e una storia alle spalle, avevano modi civili nonostante la falce e il martello, erano intelligenti e realisti.
Ora si narra perfino di un’Alleanza Napoletana tra Fico e De Magistris, il sindaco vesuviano. Si tratterebbe di far fuori un Giggino e mettercene un altro, ma restando nel napoletano. Sarebbe un ticket vincente, nel senso di Totò e Peppino…
Però, se fossi alla guida dei servizi segreti farei un’indagine accurata su Montecitorio. Per vedere se hanno piazzato in qualche microspia qualche virus che colpisce alle meningi gli inquilini presidenziali…
MV, Il Tempo 3 dicembre 2018
FONTE: http://www.marcelloveneziani.com/articoli/la-maledizione-di-montecitorio/