Orbán all'Europarlamento: "Non accettiamo minacce e ricatti. Non saremo patria di immigrazione"

Il premier ungherese interviene davanti alla plenaria di Strasburgo “per difendere l’Ungheria che da mille anni è membro della famiglia europea”

STRASBURGO – Dopo aver anticipato parzialmente il suo discorso con diversi post sul proprio profilo Facebook, il premier ungherese Viktor Orbán ha parlato oggi a Strasburgo al Parlamento europeo nell’audizione sul rapporto Sargentini in cui si deciderà se sanzionare o meno Budapest sulla violazione dello stato di diritto. “Voi vi siete fatti già un’idea su questa relazione, e il mio intervento non vi farà cambiare opinione, ma sono venuto lo stesso. Non condannerete un governo, ma l’Ungheria che da mille anni è membro della famiglia europea. Sono qui per difendere la mia patria”, ha detto il primo ministro ungherese, che ha difeso il proprio operato soprattutto per il largo consenso che il suo governo riscuote in patria. E proprio confortato dal consenso interno, Orban non ha avuto problemi a schierarsi direttamente contro le istituzioni europee: “L’Ungheria sarà condannata perché ha deciso che non sarà patria di immigrazione. Ma noi non accetteremo minacce e ricatti delle forze pro-immigrazione: difenderemo le nostre frontiere, fermeremo l’immigrazione clandestina anche contro di voi, se necessario”.  Il leader di Fidesz, che a Bruxelles fa parte della famiglia del Partito popolare europeo, ha affermato come le misure sull’immigrazione siano state prese sulla base della volontà espressa dal popolo ungherese: “Siamo noi a difendere le nostre frontiere e solo noi possiamo decidere con chi vivere. Abbiamo fermato centinaia e migliaia di migranti clandestini e abbiamo difeso l’Ungheria e l’Europa. Gli ungheresi hanno deciso che la nostra patria non sarà un paese di immigrazione”. Continua a leggere

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Migranti Diciotti spariti, Meluzzi: "Ma molti non erano malati? Se contagiano di chi è la colpa?"


LO SPECIALE
Cinquanta migranti che dalla nave Diciotti erano stati trasferiti nel centro di Rocca di Papa si sono allontanati e risultano irreperibili. Le cinquanta persone si erano limitate a “manifestare l’interesse per formalizzare la domanda d’asilo” precisa il Viminale. “Ma come, non li avevo sequestrati?” ha commentato ironico il ministro Salvini. Lo Speciale ha chiesto un commento ad Alessandro Meluzzi, noto psichiatra, scrittore e opinionista, oltre che profondo osservatore del fenomeno migratorio.
Cinquanta migranti della Nave Diciotti sono scappati. Ma non avevano bisogno di vitto, alloggio e protezione? 
“Questa fuga conferma un antico pensiero di Lenin, ossia che i fatti hanno la testa dura. I fatti possono essere manipolati, trasformati in azioni propagandistiche, in idiozie buoniste ma poi si pongono in tutta la loro chiarezza. Va detto innanzitutto che quando la nave Diciotti era ancora ancorata, su di essa si è assistito ad una continua passerella di politici, vescovi, giornalisti e tante anime belle che hanno poi spinto un magistrato a formulare delle accuse molto pesanti, come il sequestro di persona o l’arresto illegale, nei confronti del Ministro dell’Interno. Tutto questo sostenendo che a bordo c’erano delle persone che dovevano scendere, perché avevano dei gravissimi problemi di natura sanitaria e socio-politica, trattandosi di eritrei in fuga dalle persecuzioni. Poi invece scopriamo che non c’erano soltanto eritrei ma anche consistenti gruppi di persone provenienti dalle isole Comore che con l’Eritrea non hanno nulla a che fare e che sono isole per i villaggi vacanze”. Continua a leggere

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