Ha ragione Paolo Mieli a criticare, in un editoriale apparso sul Corriere della sera, i governi nazionali di Praga e di Budapest perché l’uno si appresta a mettere la sordina al cinquantenario del sacrificio di Jan Palach e l’altro perché vuol rimuovere la statua di Imre Nagy che si oppose all’invasione sovietica d’Ungheria. Il primo fu un giovane, purissimo eroe della Primavera di Praga, militava in un movimento dal nome inequivocabile, Patria e Libertà e diventò un mito per la gioventù europea anticomunista e nazional-patriottica. L’altro era un socialista al governo, già vicino a Stalin, che quando tentò un socialismo temperato in Ungheria fu sbaragliato e non a caso trovò rifugiò nell’ambasciata della Jugoslavia di Tito, dittatore socialista non allineato all’Urss.
Si tratta dunque di due casi diversi, ma è negativo in ogni caso rimuoverne la memoria e il rispetto che meritano. Tuttavia, dall’editoriale di Mieli un lettore può incorrere facilmente nell’equivoco di ritenere che i due governi di Milos Zeman a Praga e di Viktor Orban a Budapest, definiti “nazionalpopulisti” e sovranisti, siano eredi dei regimi comunisti che c’erano nei loro paesi e vogliano coprirne le malefatte. Anzi Mieli intorbida di più le acque e aggiunge che rimuovendo la memoria malfamata dei regimi comunisti, i due governi dell’est restituiranno alle loro popolazioni il ricordo dei due (brevi) governi filonazisti nei loro paesi, il protettorato di Boemia e il regime autoritario dell’ammiraglio Horty in Ungheria. Il lettore è salito su una giostra e non capisce più da che parte siano finiti i governi nazionalpopulisti: sopprimono la memoria delle vittime del comunismo, vogliono coprire le malefatte del regime sovietico e insieme vogliono ripristinare la memoria dei regimi filo-nazisti…
C’è un salto logico e dietrologico che resta francamente incomprensibile. E se fosse solo una (maldestra) carità di patria, per non riaccendere ferite interne ai due paesi, strumentalizzazioni antigovernative o dissapori internazionali (con la Russia di Putin per esempio)? Sono solo congetture, naturalmente. Capisco che Mieli si sia innamorato del suo ruolo di Richelieu retroattivo, che rielabora le trame del passato e le intreccia con quelle del presente… Ma qui l’innesto è un po’ troppo contorto, magari generato da un pregiudizio politico e ideologico contro i governi di Visegrad.
Però quello che mi sembra assurdo è che due pagine infami del comunismo vengano sottratte alla storia di quel tempo, ai regimi che si macchiarono di quei delitti, all’ideologia che giustificò quelle infamie, ai protagonisti di quel tempo e ai loro servili satelliti, anche nostrani, per caricarle sulle spalle dei governi “nazionalpopulisti” di oggi. L’editoriale di Mieli è dedicato alla “memoria che dà fastidio nell’Europa orientale”; ma vogliamo parlare del fastidio che ha dato e che ancora dà nell’Europa occidentale e da noi in particolare, la memoria del comunismo e non solo dell’est? Vogliamo parlare del silenzio infame intorno alla figura di Jan Palach, e dell’anticomunismo e dell’indipendenza nazionale di cui fu testimone e martire? Vogliamo dire della sordina posta sulle complicità dei comunisti nostrani rispetto al regime sovietico, anche rispetto alle invasioni d’Ungheria e di Cecoslovacchia? La tesi degli italocomunisti per giustificare i carri armati era quella di sempre, rigorosamente staliniana: c’è la reazione in agguato, c’è la controrivoluzione alle porte, e noi non possiamo schierarci con i reazionari contro i compagni dell’Urss. Do you remember Giorgio Napolitano e la retromarcia del Pci in ambo i casi? Vogliamo sottolineare la rimozione totale del comunismo e dei suoi orrori, la sordina a ogni anniversario infame?
Dopo aver così copiosamente ricordato l’ottantennale del 1938, (leggi razziali etc.) si ricorderanno lorsignori di commemorare convenientemente l’ottantennale del 1939, soffermandosi sullo sciagurato patto nazi-comunista tra Stalin e Hitler, il famigerato Patto Molotov-Ribbentrop, a cui si allinearono solerti i comunisti italiani ed europei?
A completare l’editoriale di Mieli, al suo fianco, c’è un commento di Gianantonio Stella che prende lo spunto da un documento di studenti cechi (militanti di sinistra?), per deplorare un concerto a Verona dedicato a Jan Palach ad opera di gruppi musicali “di estrema destra”. A parte le semplificazioni e la sommaria “reductio ad hitlerum” di un arcipelago piuttosto variegato di espressioni musicali, cosa c’è di male se rendono onore a un eroe e martire come Jan Palach? Se ricordano soldati e scrittori che furono fascisti non possono farlo, se ricordano figure che non furono fasciste nemmeno, che devono fare, suonare il silenzio e poi suicidarsi? Magari dedicassero concerti a Jan Palach anche gruppi musicali di estrema sinistra o di altra estrazione…
Passano i decenni ma siamo ancora alla logica militante e manichea dei vecchi cortei: Giù le mani da… E invece no, ragazzi, di ogni fede politica voi siate, toccate pure con mano la memoria storica dei caduti per una causa di libertà, di civiltà e di patria sovrana, onorate pure eroi e martiri come lui, o come il ragazzo che sfidò i carri armati a Piazza Tienanmen…
MV, La Verità, 8 gennaio 2019
fonte – http://www.marcelloveneziani.com/articoli/anche-il-comunismo-di-ieri-e-addebitato-ai-sovranisti-di-oggi/
Ah,ah,ah Paolo Mieli ! Nessuno che mai indaghi sulla omonimia del Mieli omosessuale che ha contagiato ed esaltato molti gruppi gay. Chissà perchè…