Risparmiometro. L’occhio del Fisco sui conti

Risparmiometro. L’occhio del Fisco sui conti. Troppi risparmi indicano “nero”Scritto e segnalato da Antonio Amorosi
Ecco come funziona il controllo che l’Agenzia delle entrate effettua sui conti correnti. Il Risparmiometro è il nuovo strumento che gli italiani…di Antonio Amorosi

Attenti ai conti correnti. Chi non preleva denaro dal proprio conto potrebbe ritrovarsi un accertamento del fisco tramite il Risparmiometro, il nuovo strumento adatto a capire chi fa del “nero”.

 

La nuova Super anagrafe dei conti correnti, voluta già nel decreto Salva-Italia dal governo Monti, è ormai operativa e fa vedere all’Agenzia delle entrate i conti correnti degli italiani per individuare chi evade.
Nel 2018, l’Agenzia ha inviato al Garante della privacy il provvedimento per la stesura di liste selettive in chiave anti evasione, cioè di soggetti ritenuti potenziali evasori, (l’accertamento è stato effettuato sull’anno di imposta 2013 ed oggi ha esteso le procedure anche all’anno 2014).
Il Garante della privacy ha dato il via libera ai provvedimenti così che sia l’Agenzia delle Entrate sia la Guardia di Finanza potranno sfruttare le informazioni sui risparmi degli italiani e cercare di accertare chi nasconde ricchezza o ne dichiari in modo improprio, non facendo emergere il proprio monte di affari.  Continua a leggere

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Addio a Giancarlo Cioffi, l'eroe della carica di Isbuscenskij

Si è spento a 98 anni uno dei reducit dell’ultima carica di cavalleria del Regio Esercito sulle rive del Don, nella disastrosa campagna di Russia
Sciabola al vento contro i mitragliatori sovietici: è così che Giancarlo Cioffi ha impresso sulla storia il suo nome, insieme a quelli dei commilitoni che hanno dato vita all’ultima carica di cavalleria della storia.
Quella che è passata nei libri come la carica di Isbuscenskij.
Nato a Milano nel 1921, c’era anche lui tra gli eroi che diedero vita a quella eroica e drammatica carica nella steppa russa, nel pieno della campagna di Russia. A quel tempo era sottufficiale di cavalleria: dopo, al ritorno dalla disfatta dell’Armir sul dorso del suo fedelissimo cavallo, Violetto, divenne architetto. La sciabola rimase riposta nella guaina, ma la sua figura no, diventata presto leggenda fra i reparti dell’esercito che ieri hanno accolto la notizia della sua morte, a 98 anni, con onore e rispetto, consapevoli che i simboli sono destinati a rimanere immortali.

Perché quella carica è stata veramente leggenda. Spada contro mitra, cavalli contro artiglieria, spade sguainate con il volto rivolto al sole e la consapevolezza di andare incontro a una morte praticamente certa. Eppure gli italiani dell’Armir non si fermarono: confermando il valore dei nostri uomini in una campagna disastrosa come quella di Russia. In quell’ultimo eroico assalto di cavalleria lui c’era. E c’era non solo nella carica col suono delle trombe che copriva le sventagliate dei mitra sovietici, ma anche dopo, quando il comandante fece scendere dalla sella i soldati rimasti per coprire i cavalieri ancora lanciati verso il nemico. Era una calda giornata delle afose estati sulle rive del Don. Il reggimento Savoia cavalleria, 700 uomini (fra cui oltre Cioffi, Alessandro Bettoni Cazzago, Giancarlo Conforti, Luigi Gianoli, Silvano Abba) erano fermi protetti dalla Voloire. All’alba, riprendendo la marcia, una pattuglia in avanscoperta si accorse che l’812esimo Reggimento siberiano li aveva circondati: era la fine. I russi iniziarono a sparare, poi, dopo una rapida riflessione da parte del comandante Bettoni Cazzago, appena sfiorato da un proiettile, la scelta, l’unica, quella disperata: carica. Il Secondo squadrone parte a sciabole sguainate e lanciando bombe a mano. Una scena rimasta immortale in una cartolina in bianco e nero che narra quella carica. Poi iniziano gli altri. Alle 9:40 del mattino, la battaglia era finita. Sul campo, rimasero 34 soldati italiani e cento cavalli, 150 le vittime fra i sovietici che dovettero anche ritirarsi.
Cioffi, come racconta Il Giorno, non ha mai fatto mistero di essere rimasto un sergente di cavalleria anche dopo, quando la guerra è finita. Anche nell’ultimo documentario su Isbuscenskij, il sergente amava raccontare la sua storia: “Indossai la prima uniforme da bambino nel 1928 e da allora non me la sono mai levata. Quando scoppiò la guerra pensai che anch’ io dovevo fare ciò che potevo e quindi mi arruolai nel Quarto squadrone del Reggimento del Savoia cavalleria (ora incardinato nella Brigata paracadutisti Folgore ndr) che aveva sede a Milano“. Il colonnello Ermanno Lustrino, attuale comandante del Savoia, ha ricordato così il sergente Cioffi: “Siamo tristi per averlo perso, ma felici che Dio ce lo abbia conservato così a lungo: non ho mai conosciuto nessuno che con uno sguardo soltanto riuscisse a trasmettere tanta forza“. E non poteva essere altrimenti.
fonte – http://www.ilgiornale.it/news/cronache/addio-giancarlo-cioffi-leroe-carica-isbuscenskij-1687585.html?mobile_detect=false

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Rabbini Israele: “Siamo razzisti. Crediamo nel razzismo. Gli ebrei sono la razza migliore!”

Segnalazione di Federico Prati

Rabbini Israele: “Siamo razzisti. Crediamo nel razzismo. Gli ebrei sono la razza migliore”  
Il rabbino Eliezer Kashtiel, della scuola militare di Eli (Cisgiordania): “Noi siamo razzisti. Crediamo nel razzismo. Gli ebrei sono la razza di maggiore successo”.       
di Davide Falcioni
Due rabbini israeliani che insegnano in un’accademia religiosa di preparazione al servizio militare sono stati accusati di razzismo e hanno suscitato molta indignazione nell’opinione pubblica internazionale. La scorsa notte l’emittente televisiva commerciale Canale 13 ha pubblicato spezzoni di loro lezioni in cui uno di essi si è dichiarato convinto che gli ebrei siano geneticamente superiori agli arabi mentre l’altro ha trovato razionalità in Adolf Hitler ed ha offerto un’analisi problematica della Shoah. “Siamo circondati da popoli con problemi genetici”, ha affermato il rabbino Eliezer Kashtiel, della scuola militare di Eli (Cisgiordania). “Noi siamo razzisti. Crediamo nel razzismo. Gli ebrei sono la razza di maggiore successo”, ha insistito. Secondo il rabbino Giora Redler, Hitler aveva una sua razionalità: “Era una persona corretta, ma dalla parte sbagliata”. “Il vero Olocausto non è che abbiano massacrato gli ebrei”, ha aggiunto. “La cultura laica è il vero Olocausto”.
Al di là delle dichiarazioni decisamente discutibili dei due rabbini le politiche adottate da Israele nei confronti dei palestinesi sono da anni giudicate razziste da ampi settori della comunità internazionale. Il governo di Tel Aviv, in particolare, è accusato di praticare apatheid nei confronti delle minoranze arabe: uno degli ultimi episodi che più hanno fatto discutere suscitando un animato dibattito è un documento diffuso dal comune di Gerusalemme in tutti gli asili pubblici. In una sezione intitolata “Ingresso dei visitatori”, il documento recita: “Non consentite l’ingresso di stranieri negli spazi dell’asilo – come norma l’ingresso non è permesso alle minoranze, in questi casi dovete comunicarlo al responsabile della sicurezza dell’area”.  Minoranze è un eufemismo semi-ufficiale e universalmente inteso nell’uso ebraico del termine in Israele per arabi.
fonte – https://www.fanpage.it/rabbini-israele-siamo-razzisti-crediamo-nel-razzismo-gli-ebrei-sono-la-razza-migliore/
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Fenomenologia dell'anti radical chic

di Mario Bozzi Sentieri 
Fonte: Mario Bozzi Sentieri
Del  radicalismo chic conosciamo moltissimo e non solo per il sempre verde libro che è alla base di questa efficace definizione (“Lo chic radicale” di Tom Wolfe), sintesi dell’innamoramento dei Mondani  (ricchi borghesi) per i propri Nemici (Pantere Nere, attivisti sindacali, terzomondisti, eccetera). Frutto dell’età dell’inconsistenza e della banalità – per usare l’immagine di Christopher Lasch (“La cultura del narcisismo”)  – i radical chic hanno finito per scaldarsi alla luce dei propri idoli, venendone assimilati. “L’élite c’est moi”: Bernard-Henri Lévy si incarna sulla copertina del rotocalco patinato, mentre la vulgata radical chic impazza sui mass media, nei salotti televisivi, sulle prime pagine dei quotidiani, segno di rassicurante conformismo e di quieto vivere.
Ma gli altri ? Dei no-radical chic che cosa se ne sa ? Brutti, sporchi e cattivi – secondo la vulgata corrente. Ovviamente incolti, intolleranti, timorosi delle differenze …  In realtà – a ben guardare – i no-radical chic incarnano un’idea, certamente “altra”, ma complessa del mondo, con cui la cultura dominante (ed i mezzi d’informazione ad essa assimilata) prima o poi dovranno iniziare a fare i conti.
I no-radical chic rifiutano il quieto conformismo e l’omologazione corrente. Delle vecchie ideologie non sanno che cosa farsene, usando come metro il buon senso popolare, quella  capacità di giudicare con equilibrio e ragionevolezza la realtà, comprendendone  le necessità pratiche, di cui si era – per decenni – perso traccia. I no-radical chic sono orgogliosi della propria individualità, ma ripudiano l’individualismo borghese, neo ideologia di un uomo e di una donna “liberati” dai legami tradizionali (familiari, comunitari, nazionali, religiosi) e sempre più prigionieri delle frustrazioni/depressioni contemporanee. Continua a leggere

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Cimiteri con croci coperte, l'ultima sinistra follia

Cimiteri senza croci o con croci coperte. Avete letto benissimo. Il motivo è ovviamente quello di non offendere le altre religioni. Che la follia venga da sinistra non ci sarebbe nemmeno bisogno di intuirlo, ma le spiegazioni sono ancora più comiche.
Tanto per cominciare, l’iniziativa viene dal sindaco PD di Pieve di Cento (Bologna), con un messaggio chiaro: coprire i simboli cristiani nei cimiteri per “non turbare” nessuno, nello specifico probabilmente i musulmani, minoranza ormai crescente nella provincia.
Nel corso della puntata di “Dritto e Rovescio” condotta da Paolo Del Debbio, la consigliera regionale del Veneto Alessandra Moretti (sempre PD) ha difeso la stramba proposta: “C’è la possibilità di coprire temporaneamente con delle tendini amovibili, che salgono e scendono, i simboli religiosi”, ha detto.
Non vanno turbati “i laici”, ribadisce.
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fonte – https://oltrelalinea.news/2019/04/30/cimiteri-con-croci-coperte-lultima-sinistra-follia/

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«L'apologia del comunismo è reato»: consiglio comunale spazza via Fiano

Il Comune di Soragna, un paese a 32 chilometri da Parma, ha “messo al bando” il comunismo. Il Consiglio comunale ha approvato una mozione che ricalca i contenuti della legge Fiano, il provvedimento approvato alla Camera per punire le diverse forme di manifestazione dell’apologia di fascismo, riferendoli  all’ideologia comunista. Il documento, proposto dal consigliere Maria Pia Piroli del gruppo “Soragna ci Lega”, come riporta Libero, impegna il sindaco Salvatore Iaconi Farina ad «avanzare al governo la richiesta di perseguire penalmente con pene severe chiunque propaganda le immagini o i contenuti propri del Partito Comunista».

Soragna contro l’apologia di comunismo

Nel testo si legge che l’apologia dell’ideologia marxista è punibile anche se commesso «attraverso la riproduzione, distribuzione, diffusione o vendita di beni raffiguranti, persone, immagini o simboli a essi chiaramente riferiti, ovvero ne richiama pubblicamente la simbologia o la gestualità, con pena aumentata se il reato dovesse avvenire per via informatica»
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Fonte – https://www.secoloditalia.it/2017/09/lapologia-del-comunismo-e-reato-consiglio-comunale-spazza-via-fiano/

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Vergognatevi

Stasera, a Milano e a Verona saremo presenti alle commemorazioni per Sergio Ramelli.

Vergognatevi. Il polverone alzato contro le commemorazioni della morte di Sergio Ramelli è emblematico del male che albera in questo Paese. Perché a Milano, domani, si terranno due manifestazioni, una a favore di un ragazzo innocente, l’altra contro quel giovane, ucciso non soltanto dagli “antifa” del tempo, ma anche dagli attuali e dalle stesse istituzioni, decise a non riconoscergli nemmeno gli onori di una fine tragica, per la sola colpa di avere idee diverse, quelle che “uccidere un fascista non è reato”, perché tanto era giusto così e la verità è che ne sono convinti tutti.
La fiaccolata è organizzata da Forza Nuova, Lealtà e Azione e Casapound. La “protesta” contro la memoria del povero giovane dal collettivo “Milano antifascista antirazzista meticcia e solidale”.
E non parliamo nemmeno di Repubblica, che pur di nascondere la testa sotto la sabbia dell’indifferenza verso un ragazzo morto è stata capace di affermare che Ramelli “morì negli scontri con Avanguardia Operaia”. Articolo puntualmente “corretto”, probabilmente per non andare oltre nel livello già basso di dignità raggiunto ormai da decenni.
 

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L’euro ha rovinato l’Italia, lo dice Bloomberg

Vent’anni di moneta unica non avrebbero portato nulla al nostro Paese. La nostra economia soffre però anche di problemi strutturali ben più profondi
Con l’inizio del 2019 l’euro compirà 20 anni, visto che esattamente il primo gennaio 1999 la moneta unica faceva il suo ingresso ufficiale sui mercati finanziari, per approdare tre anni dopo, il primo gennaio 2002, nelle tasche dei cittadini europei, italiani compresi.
Un periodo significativo di circolazione per poter fare un primo bilancio del suo avvento. E le somme, soprattutto per l’Italia, non sono per niente lusinghiere, anzi tutt’altro. A scorrere le cifre messe insieme in questi giorni da Bloomberg Economics, che ha fatto un resoconto del primo ventennio di euro, il nostro Paese ne esce infatti con le ossa rotte.
Quel che però bisognerebbe approfondire è se il nostro attuale malessere economico dipenda direttamente dall’euro, o quanto non piuttosto dal fatto che la moneta unica ha contribuito ad amplificare carenze strutturali del nostro sistema produttivo. Ma andiamo con ordine, e vediamo cosa ci dicono i numeri.

Venti anni di arretramento

Le prime evidenze, relative allo studio di Bloomberg, ci mostrano senza pietà, uno scenario devastante per il nostro Paese. Basti pensare ad esempio che tra il 1985 e il 2001 il prodotto interno lordo italiano era cresciuto di 482 miliardi di euro (+44%), mentre tra il 2002 e il 2017 la crescita è stata pari a 31 miliardi, ovvero uno striminzito + 2% in quasi vent’anni.
Altra nota molto dolente poi è quella delle esportazioni, da sempre cavallo di battaglia della nostra economia. Ebbene, sempre tra l’85 e il 2001, l’export era cresciuto in Italia del 136,3%, mentre, dall’avvento dell’euro, la crescita si è fermata a un modesto +40,9%, ossia meno di un terzo.
A questo già desolante panorama, potremmo poi ancora aggiungere il fatto che il Pil pro capite è allo stesso livello del 1999, che la disoccupazione da sei anni staziona sempre intorno all’11% e che la produzione industriale langue ancora del 22% al di sotto dei livelli massimi raggiunti nel 2007. Continua a leggere

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Annientare il Cristianesimo

Una riflessione ‘ forte’ su come la cultura occidentale e le élites stiano cercando di epurare la Cristianità.
In moltissimi sono rimasti sconcertati e indignati delle espressioni usate dai maggiori rappresentanti del sistema di potere a livello mondiale all’indomani dell’attacco alle chiese dello Sri-Lanka che nel giorno di Pasqua ha fatto strage di centinaia di cristiani. In realtà c’è ben poco da scandalizzarsi per le parole usate da Obama e dalla Clinton che hanno parlato di “Easter worshippers”, adoratori della Pasqua o invero per tradurre meglio, celebranti la Pasqua.
Non capire che non si è trattato di un caso, vuol dire non comprendere (o fare finta di non comprendere) la gravità della situazione né il reale obiettivo finale. Nulla viene detto e nulla accade per caso. Perché il fine ultimo, se ancora non fosse abbastanza chiaro, è l’annientamento del Cristianesimo. Sono duemila anni che va avanti così.
Però, mentre l’Islam radicale non fa mistero del suo progetto finale contro gli “infedeli” esortando alla “jihad” e rivendicando gli attentati, qui bisogna fare in fretta a comprendere che c’è un nemico più subdolo che agisce nell’ombra annidandosi nelle principali istituzioni mondiali, nascondendosi nelle pieghe delle strutture delle principali organizzazioni non governative e operando sotto le mentite spoglie di organizzazioni fintamente umanitarie.
Nel suo piano di distruzione del Cristianesimo, questo “establishment mondiale” crede di poter trarre a proprio vantaggio le azioni terroristiche a matrice islamica radicale.
Per questo ai martiri cristiani deve essere assolutamente negato lo status di cristiani uccisi “in odium fidei”.
E’ una strategia precisa che anni di opposizione alla mentalità abortista e alla propaganda della cultura della morte al suo servizio, possono aiutarci a capire più facilmente; Come ai bambini abortiti nel grembo materno la propaganda del pensiero unico nega lo status di essere umani perché l’opinione pubblica non tollererebbe l’uccisione di bambini “veri”, così ai cristiani massacrati ovunque nel mondo in odio alla loro fede, lo stesso sistema di propaganda nega l’identità e l’appartenenza al loro credo in modo che l’opinione pubblica non abbia la percezione del martirio a causa della fede in Gesù Cristo, ma li annoveri piuttosto tra le povere vittime di un generico odio terroristico senza matrice.
Sapendo bene che “il sangue dei martiri è seme di cristiani”, le vittime non devono essere in nessun caso chiamate cristiane perché non devono esistere nemmeno nelle statistiche. Per annientare il Cristianesimo i suoi nemici hanno bisogno di annullare l’identificazione delle persone con esso e azzerare l’identità cristiana.
Per questo, ciò che preoccupa maggiormente e che risulta francamente insopportabile è che espressioni edulcorate e cerchiobottiste siano state usate anche da alcuni importanti esponenti del Vaticano per timore di dispiacere qualcuno.
A breve non ci sarà più posto per i Cristiani che hanno paura di definirsi Cristiani.
Il tempo della fede a costo zero sta per finire.
fonte – https://vocecontrocorrente.it/annientare-il-cristianesimo-una-riflessione-di-giuseppe-focone/

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Bandiere di Tito a Trieste, Fedriga: "Squallidi. La sinistra umilia morti e dolore"

Bandiere di Tito a Trieste “in un luogo che dovrebbe essere di unità e di ricordo”. E il Pd che è preso da un attacco di afasia. Questo 25 aprile oltre a essere diventato una sagra paesana rivela aspetti vergognosi. Implacabile la rabbia di  Massimiliano Fedriga, governatore del Friuli Venezia Giulia. “Chi ha partecipato alla manifestazione” dell’Anpi, della Cgil e delle altre associazioni partigiane e “di organizzazioni di sinistra” oggi a Trieste, “testimonia di non volere celebrare la festa della Liberazione, di non volere celebrare i morti, le sofferenze e la disperazione che ci sono state durante e dopo il secondo conflitto mondiale, ma vogliono invece mettere una bandiera partitica. Reputo questa cosa inaccettabile”,  ha ribadito Fedriga, a margine della cerimonia alla Risiera di San Sabba.
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fonte – https://www.secoloditalia.it/2019/04/bandiere-di-tito-a-trieste-fedriga-squallore-infinito-vergonoso-che-il-pd-non-condanni/

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