8 DICEMBRE 2016 |
di Silvia Morosi e Paolo Rastelli | @MorosiSilvia @paolo_rastelli
In una fredda mattina dell’Immacolata si risveglia l’anima nera della Repubblica. Nella notte tra il 7 e l’8 dicembre 1970 il principe Junio Valerio Borghese (ex comandante della X Mas nella Repubblica di Salò, leader dell’organizzazione neofascista Fronte Nazionale, che si è distinto come sommergibilista, tenente di Vascello e ufficiale di Marina durante la Seconda Guerra Mondiale al comando del sommergibile Scirè, per l’affondamento delle corazzate inglesi Valiant e Queen Elizabeth nel porto di Alessandria d’Egitto il 18 dicembre 1941) guida un tentativo di colpo di Stato, definito in codice operazione “Tora Tora”. Il riferimento è all’anniversario dell’attacco giapponese a Pearl Harbor.
Anch’io, in quei giorni del settembre 1943, fui chiamato ad una scelta. E decisi la mia scelta. Non me ne sono mai pentito. Anzi, quella scelta segna nella mia vita il punto culminante, del quale vado più fiero. E nel momento della scelta, ho deciso di giocare la partita più difficile, la più dura, la più ingrata. La partita che non mi avrebbe aperto nessuna strada ai valori materiali, terreni, ma che mi avrebbe dato un carattere di spiritualità e di pulizia morale al quale nessuna altra strada avrebbe potuto portarmi. In ogni guerra, la questione di fondo non è tanto di vincere o di perdere, di vivere o di morire; ma di come si vince, di come si perde, di come si vive, di come si muore. Una guerra si può perdere ma con dignità e lealtà. La resa e il tradimento bollano per secoli un popolo davanti al mondo.
Un documento “segreto”, ritrovato anni dopo nell’abitazione del giornalista piduista Carmine “Mino” Pecorelli dopo il suo omicidio (20 marzo 1979), spiega come il progetto eversivo preveda l’occupazione da parte dei congiurati di diversi luoghi “sensibili” della Capitale. Dai ministeri degli Interni, Esteri e Difesa al Comando generale dell’Arma dei Carabinieri, dalla Questura di Roma alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica, passando poi per le sedi Rai-TV di via Teulada e via del Babuino, per il Centro radio-collegamenti del ministero degli Interni con sede a Monterotondo, per il Centro radio ripetitori del ministero degli Interni con sede ad Anzio e per la Centrale Elettrica di Nazzano. L’operazione sarebbe partita a Roma dai cantieri edili di Orlandini nel quartiere Montesacro, dalla palestra dell’Associazione Paracadutisti in via Eleniana, dal quartiere universitario dove si erano riuniti i gruppi dei congiurati, affiliati ai movimenti neofascisti e membri dell’Esercito, oltre che i componenti della Guardia Forestale. Una volta conquisate e condolidate le posizioni, il “principe nero” avrebbe lanciato questo proclama dalla sede occupata della Rai:
“Italiani, l’auspicata svolta politica, il lungamente atteso colpo di stato ha avuto luogo. La formula politica che per un venticinquennio ci ha governato, ha portato l’Italia sull’orlo dello sfacelo economico e morale, ha cessato di esistere. Nelle prossime ore con successivi bollettini, vi verranno indicati i provvedimenti più immediati e idonei a fronteggiare gli attuali squilibri della Nazione. Le Forze Armate, le Forze dell’Ordine, gli uomini più competenti e rappresentativi della Nazione sono con noi; mentre, dall’altro canto, possiamo assicurarvi che gli avversari più pericolosi, quelli, per intendersi, che volevano asservire la patria allo straniero, sono stati resi inoffensivi. Italiani, lo Stato che insieme creeremo, sarà un’Italia senza aggettivi né colori politici. Essa avrà una sola bandiera: il nostro glorioso Tricolore! Soldati di Terra, di Mare e dell’Aria, Forze dell’Ordine, a voi affidiamo la difesa della Patria e il ristabilimento dell’ordine interno. Non saranno promulgate leggi speciali né verranno istituiti tribunali speciali; vi chiediamo solo di far rispettare le leggi vigenti. Da questo momento, nessuno potrà impunemente deridervi, offendervi, ferirvi nello spirito e nel corpo, uccidervi. Nel riconsegnare nelle vostre mani il glorioso Tricolore vi invitiamo a gridare il nostro prorompente inno d’amore: Italia! Italia! Viva l’Italia”
Il progetto inoltre prevedeva infine l’eliminazione fisica del capo della Polizia Angelo Vicari e il rapimento del Presidente Giuseppe Saragat. Si trattava, insomma, di scatenare il caos, colpendo lo Stato nei suoi luoghi chiave, provocando così l’intervento dei reparti militari. Gli unici che, secondo il piano, avrebbero potuto riportare calma e tranquillità. Gli unici in grado di tutelare l’ordine. Dietro il progetto si nascondeva anche la ‘ndrangheta, che procurò le armi. Il coinvolgimento di Cosa Nostra venne confermato negli anni Ottanta dai collaboratori di giustizia Tommaso Buscetta e Antonino Calderone, che rievocarono la vicenda durante il cosiddetto processo Andreotti. Anche la CIA, l’agenzia di spionaggio statunitense, era stata informata. Inoltre, c’era anche il coinvolgimento del regime dei colonnelli greci, che avevano messo a disposizione campi per l’addestramento di molti estremisti di destra.
Nel settembre 1968, mentre tutta la penisola era attraversata dalla contestazione, Borghese aveva fondato il Fronte Nazionale nel tentativo di coagulare attorno a sé quei movimenti di destra più radicali, compresa Avanguardia Nazionale di Stefano Delle Chiaie, che non si riconoscevano nella politica istituzionalizzata e parlamentare dei partiti. Dichiarando un’aperta e violenta ostilità per la sinistra italiana, insistendo sul pericolo di una “deriva rossa”. Al momento decisivo però, un inspiegabile contrordine avrebbe interrotto improvvisamente l’attuazione definitiva del piano. Borghese ne ordinò l’immediato annullamento, capendo che sarebbe stato represso dalle forze governative tramite un piano di contingenza chiamato “Esigenza Triangolo”, ideato come scusa per consentire al governo democristiano di emanare leggi speciali. Una trappola.
In ogni guerra, la questione di fondo non è tanto di vincere o di perdere, di vivere o di morire; ma di come si vince, di come si perde, di come si vive, di come si muore. Una guerra si può perdere, ma con dignità e lealtà. La resa ed il tradimento bollano per secoli un popolo davanti al mondo (Arrigo Petacco e vari, Storia del fascismo, 1981)
In quegli anni è in pieno svolgimento la cosiddetta “strategia della tensione”, la cui teorizzazione viene fatta risalire al famoso convegno sulla guerra rivoluzionaria organizzato all’albergo romano Parco dei Principi, dal 3 al 5 maggio 1965, da personaggi molto vicini ai vertici militari. Alcune forze eversive di destra sono intente a tessere le “trame nere”, che puntano al collasso della democrazia, con l’appoggio di ambienti conservatori e reazionari e di settori dei servizi segreti. Il complotto, pianificato nei minimi dettagli per l’assalto ai centri nevralgici del Paese, verrà scoperto dagli italiani soltanto il 17 marzo 1971, quando il quotidiano “Paese Sera” ne rivela l’esistenza con un articolo intitolato “Piano eversivo contro la repubblica, scoperto piano di estrema destra”.
Il 18 marzo il sostituto procuratore di Roma Claudio Vitalone emette gli ordini di cattura, per il tentativo di insurrezione armata contro lo Stato, verso gli esponenti della destra extraparlamentare Mario Rosa e Sandro Saccucci, l’affarista Giovanni De Rosa, l’imprenditore edile Remo Orlandini, e il giorno successivo è raggiunto da un mandato anche Borghese. Dopo il fallimento del piano golpista del 1970, il rampollo della casata romana trovò asilo nella Spagna franchista, dove rimase nonostante la revoca, nel 1973, dell’ordine di cattura da parte della magistratura italiana. La procura della Repubblica di Roma, costretta ad archiviare l’indagine del 1971 per mancanza di prove, riapre l’istruttoria il 15 settembre 1974, quando il ministro della Difesa Giulio Andreotti consegna uno scottante rapporto del servizio segreto militare (SID) che getta nuova luce sul piano eversivo.
La Corte d’Assise di Roma ricostruì la vicenda in modo assai riduttivo, grazie soprattutto al ruolo svolto dal pm Claudio Vitalone. Si escluse che il piano avesse carattere nazionale. Il golpe venne definito come un atto «iscritto in un disegno lucido» ma «velleitario», nonostante esponenti di Avanguardia Nazionale fossero penetrati, con il consenso dei Carabinieri, fin dentro il ministero degli Interni, impossessandosi di ben 200 mitra. Si evitò di collegare fra loro i diversi progetti eversivi e si lasciò nel buio più completo il ruolo giocato dai servizi segreti e i rapporti con le Forze Armate. Le poche condanne comminate (per cospirazione politica e associazione a delinquere) furono assai miti. La Corte d’Assise d’Appello nel novembre 1984 assolse comunque definitivamente tutti da ogni accusa. Il 24 marzo 1986 la Cassazione confermò definitivamente l’assoluzione generale. Per la giustizia, il golpe Borghese non era mai avvenuto.
fonte: http://pochestorie.corriere.it/2016/12/08/rivolta-immacolata-golpe-borghese/