La “nuova guerra fredda” secondo Thierry Meyssan

 
La “nuova guerra fredda” secondo Thierry Meyssan
Il giornalista Thierry Meyssan ha analizzato, con documenti inoppugnabili, la politica estera USA partendo dai fatti (oscuri) dell’11 settembre del 2001 fino al tentativo di utilizzare l’Islam politico per far sprofondare il Medio Oriente nella guerra di civiltà (prima arabi contro ebrei ed ora arabo-israeliani contro persiani). La ricerca storico-giornalistica Sotto i nostri occhi. La grande menzogna della ‘’Primavera araba’’. Dall’11 settembre a Donald TrumpEditore La Vela, non è stata recensita e messa in discussione da nessun giornalista investigativo italiano, lasciando un vuoto negli studi degli esperti di geopolitica. Lo studio di Meyssan ruota attorno al concetto di Teopolitica; la distruzione degli Stati nazionali esterni al mondo globalizzato poggia sulla manipolazione delle religioni monoteistiche, quindi la prima parte del libro è una dettagliata e ragionata storia della Confraternita dei Fratelli Musulmani. Seguirò, passo dopo passo, l’approccio metodologico del giornalista francese traendone le dovute conclusioni. Continua a leggere

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Totem e tabù dell'occidente terminale

 
Totem e tabù dell'occidente terminaledi Roberto Pecchioli – 23/02/2019Fonte: Ereticamente
In Gran Bretagna è in corso un accanito dibattito. Non si tratta della Brexit né della monarchia, ma qualcosa di infinitamente più serio: l’opportunità o meno di abbattere le statue di Winston Churchill e Lord Nelson. Con l’ingenuità di chi abita l’estrema periferia dell’impero, pensavamo che al politico conservatore si imputassero i terrificanti bombardamenti sulle città tedesche, Dresda e Amburgo su tutte. All’ammiraglio di Trafalgar l’attiva partecipazione di brillante comandante militare al colonialismo britannico. Non è così. Churchill pare fosse un “suprematista bianco”: così lo descrive un accigliato deputato scozzese. La statua di Nelson nella piazza londinese intitolata alla sua vittoria più prestigiosa è in pericolo per l’identico motivo: lord Horatio era razzista. Non lo chiede un manipolo di squinternati, ma austere voci progressiste ospitate dal prestigioso The Guardian.
Il vento, si sa, arriva dall’Atlantico e infatti l’idea di abbattere steli e monumenti non risparmia negli Usa Cristoforo Colombo. La novità è che non si renderà omaggio neppure a due eroine del femminismo ottocentesco, le suffragette Susan B. Anthony e Elizabeth Cody Stanton. Le loro figure scolpite non orneranno New York: femministe sì, fiere lottatrici per il voto alle donne, ma, ahimè, razziste anch’esse.  Un critico si chiede: una volta stabilito il principio di farla finita con ogni personaggio del passato la cui visione del mondo non coincide con la nostra, dove andremo a finire? Saggia domanda, con una risposta assai semplice nella sua drammaticità: finiremo nel nulla, nel vuoto pneumatico di una civilizzazione pervenuta alla fase terminale. Continua a leggere

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No, dietro ai gilet gialli non ci sono i troll russi: soltanto il vuoto lasciato dalla sinistra

Il notizione del giorno, a quanto pare, è questo: una ricerca “internazionale” ha dimostrato che la protesta dei gilet gialli, in Francia, è stata infiltrata e appoggiata dalla destra, a volte estrema, che nella Rete ha contribuito ad amplificare gli effetti mediatici della contestazione al presidente Macron. È il solito minestrone di troll locali, hacker russi, suprematisti bianchi americani e altri babau senza i quali, a quanto pare, non si riesce più a far nulla.
L’enfasi che – in questo caso come in tutti i casi analoghi, dal Russiagate in giù – viene data ai pasticci, ai post, ai twitti e ritwitti della Rete dimostra quanto l’informazione tradizionale sia incline a cercare la pagliuzza nell’occhio dell’altro (Internet, ovviamente) e trascurare la trave che alloggia nel proprio.
Se così non fosse avrebbe avuto uguale o maggior risalto la ricerca pubblicata dalla Bbc, che denuncia il lavorìo di troll per creare consenso intorno al summit di Varsavia convocato dagli Usa per emarginare l’Iran dalla comunità internazionale e forse per spianare la strada a qualche intervento più deciso delle sole sanzioni econmiche. Ma soprattutto dimostra per l’ennesima volta quanto sia grande, più in generale, la voglia di parlar d’altro, di girare intorno ai problemi affrontandone solo i cascami e non la sostanza. Come un pranzo di gala fatto di carotine e spinaci ma senza arrosto.
Quello che oggi ci vorrebbe, a proposito di gilet gialli, è una bella ricerca (anche non internazionale, va bene anche comunale, purché ben fatta) sulle ragioni della loro arrabbiatura. Che cerchi di capire per esempio perché tanti francesi “normali” scendano da mesi in piazza a sfasciare vetrine, farsi menare dalla polizia e prendersi proiettili di gomma, mentre la République riesce solo ad approvare leggi vagamente repressive per restringere i margini alle proteste. Si scoprirebbe, forse, che dietro il problema delle accise sui carburanti c’è una questione molto più importante, anzi decisiva. Per decenni la complicità dei sistemi politici con quelli industriali ha riempito le nostre strade di motori diesel che adesso l’Europa non vuole più perché inquinano. Continua a leggere

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Ora l’alleanza dei populisti d’Europa

Ora l’alleanza dei populisti d’Europa
Fonte: La Verità
L’ultimo è stato l’attentatore di Strasburgo. La Francia è piena di immigrati di nuova generazione che, pur essendo legalmente cittadini, odiano il loro Paese.
«Sì, ci sono molti giovani, francesi a tutti gli effetti, che non si sentono francesi. Pensano che, quali che siano i loro sforzi per integrarsi, saranno sempre considerati cittadini di serie B».
E sparano sulla folla?
«Diciamo che, per compensazio- ne, si mettono a fantasticare sull’i- dentità culturale dei loro genitori e nonni, che però hanno a loro volta ormai perduto».
Quindi?
«Quindi vivono un profondo ma- lessere identitario, che li rende vul- nerabili alla propaganda».
Il fondamentalismo islamico sfrutta questi vuoti d’identità?
«In alcune zone, la comunità musulmana ha già cominciato a er- gersi come una sorta
di “controsocietà”».
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In Italia comandano sempre gli stessi. Serve altro

In Italia comandano sempre gli stessi. Serve altro
Fonte: La Verità
Nell’ era della globalizzazione lei parla ancora di tradizione. Come si fa a essere tradizionalisti oggi?
«Esistono potenze industriali e nucleari come l’India, la Russia, o la Cina, che, nonostante il comunismo, ha risvegliato la sua remota identità taoista, confuciana, buddista e persino un maoismo interpretato in continuità con l’ antica ideologia imperiale».
Quindi?
«Questi Paesi sono la prova che una forte identità tradizionale riesce ad affermarsi a dispetto di laicismo e dissoluzione dei valori».
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Il miracolo online di capodanno: un vecchio democristiano è diventato Obama

Il miracolo online di capodanno: un vecchio democristiano è diventato Obama
Fonte: Pietrangelo Buttafuoco
Più di dieci milioni di telespettatori.
Grandi ascolti per il discorso di fine anno del Capo dello Stato in tivù cui vanno a sommarsi altri due milioni di visualizzazioni –perfino più di Chiara Ferragni – sui social.
Il messaggio del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è celebrato dall’informazione autorevole anche con l’ausilio dell’immaginifica locuzione “virale”. E già in contemporanea col cenone, infatti, nel piluccare tra chat e post delle varie piattaforme digitali, fighettissimi troll del perbenismo, frullavano osanna al povero Mattarella per farne – e tale è, ormai – il vero capo dell’opposizione al governo gialloverde.
Piazze piene, urne vuote, si diceva un tempo.
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Euro: vent’anni di guai. Ha steso le imprese e fatto la fortuna del mondo dell’alta finanza

Euro: vent’anni di guai. Ha steso le imprese e fatto la fortuna del mondo dell’alta finanza
L’euro è stato un disastro per i Paesi del Sud Europa e in particolare per l’Italia, ma non tanto – come spesso si sente dire – perché non ha consentito di svalutare come ai tempi della Lira. In realtà l’euro è stato ed è un meccanismo per gonfiare il credito e il debito delle famiglie e delle imprese e poi anche degli Stati e delle banche. La prova è che negli anni della moneta comune l’indebitamento dell’economia nel suo complesso è esploso, al punto che il rimborso del debito e degli interessi (complessivamente, da parte di famiglie, imprese, Stato) è arrivato al 70% del PIL! Questo è il vero motivo per cui il sistema dell’euro ha provocato la stagnazione economica in gran parte d’Europa e la depressione in Italia.
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Siamo un Popolo autorazzista, perciò schiavi della Unione Europea

di Luciano Barra Caracciolo – 03/01/2019

Siamo un Popolo autorazzista, perciò schiavi della Unione Europea
Fonte: La Verità
Luciano Barra Caracciolo, giurista, magistrato, presidente di sezione del Consiglio di Stato, è sottosegretario agli Affari europei, e lavora fianco a fianco con il ministro Paolo Savona. Tra i suoi saggi, Euro e (o?) democrazia costituzionale e La Costituzione nella palude.
Costituzione e norme Ue. Perché l’Italia ha accettato di piegarsi oltre ogni ragionevolezza?
“È un problema culturale di difficile soluzione. In termini di filtro tecnico-giuridico, la Corte costituzionale, all’inizio degli anni Settanta, ha ritenuto che fosse improbabile un impatto negativo delle norme europee sui rapporti politici e sociali, separandoli meccanicamente dai rapporti economici (cioè iniziando a ritenere l’autonomia tecnica della sfora economica da quella politica). Non si percepì quanto potesse essere ragguardevole la trasformazione che sarebbe stata indotta nella società italiana, incidendo anche su occupazione, tutela del lavoro, salari…”.
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Il fascismo inesistente vi seppellirà

di Lorenzo Chialastri
Il fascismo inesistente vi seppellirà
Fonte: Bye Bye Uncle Sam
Partiamo dal convincimento che la verità sia nel tutto, come Hegel insegna, quindi anche nelle sue necessarie interne contraddizioni.
L’antifascismo, cosi come il neofascismo, prescinde da questo tutto, trasformando il fascismo in un archetipo che è quello che gli altri hanno deciso per lui. Una valutazione unica è doverosa non certo per una volontà riabilitativa, ma soltanto per avere un’arma in più per una corretta interpretazione, non del passato, ma del presente che, stando così le cose, pesa molto di più perché drogato.
Per questo è particolarmente illuminante il significato del termine fascismo così come evocato dagli antifascisti.
Il suo uso prescinde da una valutazione storica, così come da una politica o filosofica, il suo uso non è neanche quello di un semplice aggettivo denigratorio, ma è un investimento per garantirsi sempre il diritto all’ esistenza e alla ragione. Prescinde persino dallo spazio temporale, persino da una prospettiva manichea, come se il fascismo, in quanto Male Assoluto, fosse sempre esistito. Una cloaca comunque da contrapporre alla propria autoreferenzialità. Al suo cospetto, tutto sembra svanire, dal colonialismo, alla tratta degli schiavi, allo sterminio degli Indiani d’America, al genocidio degli abitanti della Tasmania, persino lo sfruttamento sembra così sopportabile dinanzi al fascismo, la “legge bronzea dei salari” di Ricardo finisce per coincidere con una piattaforma per il rinnovo contrattuale.
L’antifascismo diventa l’abito buono che da i super poteri, un mezzo per diventare dei fuoriclasse. Già dei fuori classe, l’antifascismo è così potente da far scomparire non solo Giovanni Gentile, ma anche Karl Marx e Antonio Gramsci.
La gravità di una tale liturgica investitura risiede tutta nell’inautenticità dell’antifascismo. Continua a leggere

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