«Soldati! Questa volta non è solo la libertà delle vostre terre che vi offro se vincerete questa battaglia. Alle spalle del nemico vi sono donne, case, c’è un vino tra i migliori del mondo, c’è dell’oro. Tutto ciò sarà vostro se vincerete. Dovrete uccidere i tedeschi fino all’ultimo uomo e passare ad ogni costo. Quello che vi ho detto e promesso mantengo. Per cinquanta ore sarete i padroni assoluti di ciò che troverete al di là del nemico. Nessuno vi punirà per ciò che farete, nessuno vi chiederà conto di ciò che prenderete » Cosi recitavano i volantini di guerra francesi che “ingolosivano” i goumier, i soldati marocchini assoldati tramite il cosiddetto Cef (l’esercito coloniale francese) che aveva lo scopo di aiutare i comparti alleati durante la campagna d’Italia, negli ultimi atti della seconda guerra mondiale. Le parole sono state attribuite al generale Alphonse Juin, che dopo le prime operazioni promise le “cinquanta ore di libertà” ai soldati. Dopo il 14 maggio del 1944 i goumier del Corpo di spedizione francese in Italia, che evitarono le linee tedesche nella Valle dei Liri, in provincia di Frosinone, e permisero all’esercito britannico di superare la Linea Gustav (ovvero la fortificazione che divideva l’Italia tra RSI e zona di occupazione alleata), razziarono senza troppi complimenti le aree circostanti, del basso Lazio, attuando violenze sulla popolazione – in particolare sulle donne – che oggi tutti ricordiamo e definiamo amaramente marocchinate. Nell’anno in cui perdurarono le violenze, si spinsero fino alla bassa Toscana. In realtà, gli stupri delle truppe marocchine erano cominciati già nel luglio ’43, dopo lo sbarco alleato in Sicilia. In quell’occasione oltre 800 magrebini compirono saccheggi di ogni genere, violentando donne e bambini nella zona di Troina, in provincia di Enna. Secondo lo storico Michelangelo Ingrassia, i siciliani reagirono uccidendone alcuni con doppiette e forconi. Ma quello che accadde in ciociaria e nei territori circostanti produce dei numeri ancora più drammatici. Nel 2011 Emiliano Ciotti, presidente dell’Associazione Vittime delle Marocchinate, dichiara: “Nella seduta notturna della Camera del 7 aprile 1952 la deputata del PCI Maria Maddalena Rossi denunció che solo nella provincia di Frosinone vi erano state 60.000 violenze da parte delle truppe del generale Juin. Dalle numerose documentazioni raccolte oggi possiamo affermare che ci furono 20.000 casi accertati di violenze, numero del tutto sottostimato; diversi referti medici dell’epoca riferirono che un terzo delle donne violentate, che si erano fatte medicare, sia per vergogna o per pudore, preferì non denunciare. Facendo una valutazione complessiva delle violenze commesse dal Cef, iniziate in Sicilia e terminate alle porte di Firenze, possiamo quindi affermare con certezza che ci fu un minimo di 60.000 donne stuprate, ognuna, quasi sempre da più uomini. I soldati magrebini, ad esempio, mediamente violentavano in gruppi da due o tre, ma abbiamo raccolto testimonianze di donne violentate anche da 100, 200 e 300 uomini. Continua a leggere