Orbán all'Europarlamento: "Non accettiamo minacce e ricatti. Non saremo patria di immigrazione"

Il premier ungherese interviene davanti alla plenaria di Strasburgo “per difendere l’Ungheria che da mille anni è membro della famiglia europea”

STRASBURGO – Dopo aver anticipato parzialmente il suo discorso con diversi post sul proprio profilo Facebook, il premier ungherese Viktor Orbán ha parlato oggi a Strasburgo al Parlamento europeo nell’audizione sul rapporto Sargentini in cui si deciderà se sanzionare o meno Budapest sulla violazione dello stato di diritto. “Voi vi siete fatti già un’idea su questa relazione, e il mio intervento non vi farà cambiare opinione, ma sono venuto lo stesso. Non condannerete un governo, ma l’Ungheria che da mille anni è membro della famiglia europea. Sono qui per difendere la mia patria”, ha detto il primo ministro ungherese, che ha difeso il proprio operato soprattutto per il largo consenso che il suo governo riscuote in patria. E proprio confortato dal consenso interno, Orban non ha avuto problemi a schierarsi direttamente contro le istituzioni europee: “L’Ungheria sarà condannata perché ha deciso che non sarà patria di immigrazione. Ma noi non accetteremo minacce e ricatti delle forze pro-immigrazione: difenderemo le nostre frontiere, fermeremo l’immigrazione clandestina anche contro di voi, se necessario”.  Il leader di Fidesz, che a Bruxelles fa parte della famiglia del Partito popolare europeo, ha affermato come le misure sull’immigrazione siano state prese sulla base della volontà espressa dal popolo ungherese: “Siamo noi a difendere le nostre frontiere e solo noi possiamo decidere con chi vivere. Abbiamo fermato centinaia e migliaia di migranti clandestini e abbiamo difeso l’Ungheria e l’Europa. Gli ungheresi hanno deciso che la nostra patria non sarà un paese di immigrazione”. Continua a leggere

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Il fisico contro le patrie

QUINTA COLONNA
di Marcello Veneziani
Anche il fisico Carlo Rovelli ha voluto allinearsi al Tema Permanente: attaccare il patriottismo perché si tramuta in veleno nazionalista, nazista e razzista, e cantare le lodi all’umanità senza frontiere. Ha scritto ieri un lungo articolo sul Corriere della sera intitolato “L’unica nazione è l’umanità”.
Ma perché dobbiamo tradurre l’amor patrio con la sua degenerazione violenta e razzista, non è possibile amare e tutelare la propria nazione, la propria civiltà senza degradare in xenofobia e razzismo? Quando parliamo di religione, la riduciamo forse al fanatismo e alla persecuzione religiosa? Quando parliamo di famiglia, di amore paterno, filiale o materno, dobbiamo necessariamente ridurla agli abusi e ai soprusi compiuti talvolta in suo nome? E cambiando versante, perché quando parliamo di uguaglianza non l’associamo subito al ricordo del Terrore giacobino o agli orrori del comunismo in tutti i suoi regimi? O quando parliamo di libertà la riduciamo forse agli abusi di libertà che conducono alla violenza, alla droga, alla sopraffazione e all’arbitrio?
L’amor patrio, il legame naturale e culturale con la propria nazione e le sue tradizioni, è un bisogno fondamentale dell’animo umano e appartiene ad ogni epoca e a ogni civiltà. Ci sono vari modi di intendere quel legame. Oggi, il modo più coerente non è chiudersi nelle tribù l’un contro l’altra armate, ma integrare le nazioni in contesti più ampi, come l’Europa, e riconoscere reciproca legittimità e valore alle nazioni, la tua come la mia. Ma si può amare l’umanità a partire dalla propria città, dalla propria terra, dalla propria nazione. Sentire la solidarietà a partire da chi è più vicino verso chi è più lontano. Continua a leggere

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